Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11090 del 10/06/2020

Cassazione civile sez. III, 10/06/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 10/06/2020), n.11090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 406/2018 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO AMBA ARADAM

11, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO SALADINO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3165/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15/5/2017 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dal sig. B.R. in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 4169 del 2016, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla sig. R.F. di rimborso della quota delle spese sostenute per il mantenimento della figlia A., nonchè di risarcimento dei danni subiti per la privazione del sostegno e della condivisione della cura genitoriale, del dolore e del turbamento cagionato dal suo disinteresse per la figlia.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 153,294 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 99,112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1299,1310,2935 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 motivo denunzia “eccessiva abnormità della quota di mantenimento, presuntivamente stabilita a carico del B., con riferimento a dati statistici”.

Con il 5 motivo denunzia “insussistenza di un danno immateriale a carico della sig.ra R.F.”.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene dalla ricorrente operato il riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione notificato in data 13/12/2013″, alla “causa incardinata dinanzi alla 1 Sezione del Tribunale di Roma” che “si svolgeva nella contumacia del sig. B.R.” di cui “veniva a conoscenza soltanto dopo a notifica della sentenza”, alla sentenza del giudice di prime cure, all'”atto di precetto”, all'”appello”, alla “documentazione prodotta”, all'”aver subito una grave forma di ictus cerebrale”, al non aver potuto il “legale dell’istante… esercitare i proprio mandato difensivo a causa di un evento impeditivo, non imputabile alla sua volontà, in quanto ristretto nella sua libertà personale”, alla “domanda in primo grado” della controparte, alla “domanda di risarcimento non patrimoniale richiesta dalla R. e provata sulla base di fatti inconsistenti e inidonei a dimostrare le sofferenze patite a causa della sottrazione del padre ai suoi doveri genitoriale verso la figlia”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono invero dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati.

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Va per altro verso posto in rilievo (con particolare riferimento al 3 e al 5 motivo) come, al di là della formale intestazione dei motivi, il ricorrente deduca in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312)

Non può d’altro canto sottacersi, con particolare riferimento al 1, al 4 e al 5 motivo, che non risultano dal ricorrente sviluppati invero argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essendosi il ricorrente limitato a muovere apodittiche doglianze, sicchè i motivi sono nulli per inidoneità al raggiungimento dello scopo, e quanto dedotto dal ricorrente si risolve nella proposizione in realtà di “non motivi” (cfr. Cass., 8/1/2010, n. 120; Cass., 11/10/2018, n. 25149; Cass., 27/11/2018, n. 30594; Cass., 8/3/2018, n. 5541; Cass., 8/7/2016, n. 1274; Cass., 31/8/2015, n. 17330; Cass., 8/7/2014, n. 15475; Cass., 1/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).

Con particolare riferimento al 5 motivo non può del pari sottacersi che l’odierno ricorrente ha inammissibilmente rivolto la propria censura addirittura avverso la pronunzia del giudice di 1 grado.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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