Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11080 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/05/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 07/05/2010), n.11080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.P., M.E., F.P., B.L., R.

R., elettivamente domiciliati in ROMA, via ZANDONAI n. 41,

presso lo studio dell’avvocato AMICI GIANCARLO, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GRAZIANO GIANFRANCO e FONTANOT LIVIO

per procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ENEL s.p.a., elettivamente domiciliato in ROMA, via PO 25/B, presso

lo studio dell’avvocato GENTILE GIOVANNI GIUSEPPE, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato OBIZZI ERANCO per procura speciale

per notaio Silvestro 14.7.06 rep. 80531;

nonchè

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in proprio e

quale gestore del FONDO ELETTRICI, elettivamente domiciliato in ROMA,

via DELLA FREZZA 17, presso lo studio dell’avvocato RICCIO

ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO per procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

nonchè

ENDESA ITALIA s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 21/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

pubblicata il 12/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito l’Avvocato GENTILE;

udito il P.M, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 27.6.96 R.R., R.P., Q.L., S.A., M.E., F. P., B.L. e M.G., tutti dipendenti della centrale ENEL di (OMISSIS), si rivolsero al Pretore del lavoro di Udine per ottenere la rivalutazione (secondo il moltiplicatore 1,5) dell’anzianità contributiva prevista dalla L. 28 aprile 1992, n. 257, art. 13, comma 8, in ragione dell’esposizione decennale al rischio amianto. Si costituivano in giudizio tutti i convenuti (INPS, INAIL, ENEL) salvo il Fondo previdenza dei dipendenti Enel, rimasto contumace. Rigettata la domanda, detti dipendenti proponevano appello principale, mentre l’INAIL proponeva appello incidentale per sentir dichiarare la sua carenza di legittimazione passiva.

Rigettati dal Tribunale di Udine entrambi gli appelli (sentenza 28.5- 5.8.99), proponevano ricorso per cassazione in via principale l’INAIL a proposito della sua carenza di legittimazione passiva e in via incidentale i già detti dipendenti. La Corte di cassazione con la sentenza 11.7.02 n. 10114 accoglieva il ricorso principale e, per quanto di ragione, quello incidentale, rinviando alla Corte di appello di Trieste perchè – in applicazione del principio di diritto per il quale la L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, va interpretato nel senso che il beneficio previdenziale ivi previsto può essere attribuito ai lavoratori che siano stati esposti per un periodo ultradecennale alla inalazione di polveri di amianto, purchè queste ultime presentino una concentrazione di fibre in misura superiore alla soglia minima individuata dal D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 – accertasse, “nel rispetto dei criteri di ripartizione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. (sempre che non voglia avvalersi, sussistendone i presupposti, dei poteri di ufficio ad esso riconosciuti nel rito del lavoro), se i lavoratori, ricorrenti incidentali, nel periodo ultradecennale indicato nel ricorso introduttivo, siano stati esposti (in relazione alla specifica lavorazione praticata e/o all’ambiente di lavoro dove hanno svolto la loro attività) alla inalazione di polveri di amianto, e se le stesse erano presenti in una concentrazione di fibre superiore alla soglia minima indicata dal legislatore nel D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31”.

I predetti lavoratori riassumevano la causa dinanzi alla Corte di Trieste e, in contraddittorio con l’INPS, l’ENEL e Endesa Italia s.p.a., società cessionaria del ramo d’azienda costituito dalla centrale di (OMISSIS), reiteravano le conclusioni di merito ed in via istruttoria chiedevano: 1) ordine di esibizione di varia documentazione alle società datrici di lavoro, 2) acquisizione di documenti ex art. 213 c.p.c., presso l’INAIL ed il locale servizio di medicina del lavoro; 3) espletamento di consulenza tecnica di ufficio; 4) prova testimoniale.

La Corte di appello di Trieste, accolta parzialmente la richiesta istruttoria sub 2) e dichiarata tardiva la produzione di ulteriore documentazione in sede di discussione finale, con sentenza 24.2- 12.7.05 rigettava l’appello. Pur rilevando che il più vasto tema del decidere proposto con il ricorso introduttivo conteneva anche il tema dell’esposizione qualificata ai sensi del D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31, la Corte, infatti, riteneva inammissibili e irrilevanti le prove dedotte dalla parte attrice, esaminandone il tenore e motivando per ognuna di esse le ragioni della non ammissione e rigettava la domanda perchè non fondata.

Proponevano nuovamente ricorso per cassazione solo cinque degli originari attori deducendo quattro motivi: a) violazione degli artt. 244 e 245 c.p.c. e carenza di motivazione per la non ammissione della prova testimoniale; b) carenza di motivazione e violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115-116 c.p.c., per l’incongrua valutazione delle risultanze documentali esistenti agli atti di causa; c) carenza di motivazione, nonchè violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 210 c.p.c., per il rigetto dell’istanza di esibizione di documenti esistenti presso l’ENEL e la società acquisitrice del ramo d’azienda; d) carenza di motivazione e violazione degli artt. 61 e 191 c.p.c., per la mancata ammissione della consulenza tecnica di ufficio.

Richiesta dal Procuratore generale la trattazione del ricorso ex art. 375 c.p.c., per l’accoglimento del ricorso, la causa è stata chiamata all’odierna adunanza della camera di consiglio.

ENEL s.p.a. ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

I primi tre motivi sono inammissibili in quanto sotto le apparenze della denunzia della carenza di motivazione tendono a contestare il merito della scelta del giudice a proposito dell’inammissibilità dei mezzi istruttori (motivi 1 e 3) e dell’apprezzamento dato alla documentazione prodotta in atti (motivo 2), per le quali lo stesso giudice ha offerto esauriente motivazione.

Il quarto motivo è, invece, fondato.

La consulenza tecnica (v. epigrafe della sentenza impugnata) veniva chiesta “al fine di accertare le condizioni ambientali ed il rischio di esposizione dei ricorrenti ad amianto nel periodo di dipendenza ENEL ed Elettrogen, nonchè di valutare le risultanze documentali in atti”, di modo che è incongrua la motivazione di rigetto offerta (che fa riferimento solo allo scopo meramente esplorativo dell’accertamento).

Considerato che la sentenza della Corte di cassazione aveva adombrato la possibilità di un intervento officioso del giudice (v. lo stralcio di motivazione sopra riportato), tendente all’accertamento del superamento o meno dei valori limite, la motivazione del rigetto dell’istanza di ammissione della consulenza adottata dal giudice del rinvio si rivela insufficiente. La Corte di merito, infatti, pur precisando correttamente che la consulenza tecnica non può avere intento esplorativo e deve rimanere nei limiti del materiale probatorio acquisito in atti, non tiene conto che la sentenza rescindente ritiene che sia corretto – all’esito ovviamente di congrua valutazione del giudice – il ricorso ad accertamenti officiosi proprio per lo scopo indicato dai ricorrenti nella loro istanza di ammissione, e cioè per accertare lo stato delle condizioni ambientali in relazione al periodo di lavoro dei dipendenti.

Di conseguenza, per la fondatezza del motivo in esame, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al contenuto del motivo, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che, sulla base di quanto risultante in atti e tenendo conto dell’obiettivo cui l’accertamento tecnico è destinato, dovrà valutare nuovamente se esistano o meno le condizioni per ammettere il richiesto mezzo istruttorio.

Al giudice del rinvio vanno rimesse anche le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trento.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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