Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11079 del 27/04/2021
Cassazione civile sez. III, 27/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 27/04/2021), n.11079
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27711/2019 proposto da:
M.A., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria
della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato
FEDERICO CECHET;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 22/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
09/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
Fatto
RILEVATO
che:
1. M.A., cittadino del (OMISSIS), ricorre per la cassazione del decreto del Tribunale di Bari n. 3776/2019, pubblicato il 22/07/2019, che ha rigettato il riconoscimento della protezione internazionale in quanto:
a) infondata la domanda di riconoscimento di status di rifugiato, mancandone i presupposti necessari;
b) infondata la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, non sussistendo un pericolo di danno grave alla persona nel caso di rientro in patria;
c) infondata la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, non trovandosi il richiedente in una condizione di particolare vulnerabilità e non avendo egli dimostrato un effettivo percorso di integrazione in Italia;
2. Il Ministero dell’Interno non presenta difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
3.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la nullità del decreto del procedimento per la mancata audizione dell’interessato nonostante la mancanza della videoregistrazione dell’audizione.
3.2. Con il secondo motivo censura il decreto impugnato nella parte in cui ha rigettato la domanda proposta in via principale sul riconoscimento dello status di rifugiato, in via subordinata il riconoscimento dello status di beneficiario della protezione sussidiaria ed, in estremo subordine, il riconoscimento della protezione umanitaria.
3.3. Infine, con il terzo motivo denuncia, in relazione al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, le inconsistenti motivazioni del giudice del merito in relazione alle torture subite dal ricorrente in Libia.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, mancando completamente l’esposizione del fatto.
Così come è stato osservato, la prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente si limiti a una brevissima e insufficiente narrativa della vicenda processuale, integrandone il contenuto mediante “spillatura” al ricorso di copia della sentenza impugnata, in quanto lo scopo della disposizione consiste nel permettere l’immediata percezione delle censure sollevate, senza necessità di ricorrere ad altri atti del processo, sia pure allegati al ricorso, dal che consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione redatto in tali forme (Cass. n. 15180 del 23/6/2010). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti mancando completamente l’esposizione dei fatti di causa da cui desumere la storia del ricorrente, le torture subite in Libia ai fini della valutazione della protezione umanitaria.
4. Pertanto la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
4.1. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021