Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11079 del 19/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 19/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 19/05/2011), n.11079
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
S.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato
TAVERNA SALVATORE, che 1 lo rappresenta e difende, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
e contro
AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE DELLO STATO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 55/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di ROMA del 18/03/08, depositata il 03/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA
SAMBITO;
è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. Con sentenza n. 55/21/08, depositata il 3 giugno 2008, la CTR del Lazio, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha rigettato il ricorso, proposto da S.S., avverso la cartella di pagamento con la quale era stata disconosciuta la detrazione, ai fini IRPEF dell’anno 2000, del contributo previdenziale versato alla Cassa Autonoma dei Dottori Commercialisti, per il riscatto degli anni di laurea, sul presupposto che tale versamento non rientrava tra le poste deducibili, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 10.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorre il contribuente.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
2. Con un unico motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, comma 1, lett. e), nonchè vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 “, sottoponendo, conclusivamente, alla Corte t il seguente quesito “se nel caso di specie, il contributo per il riscatto degli anni di laurea, ancorchè versato dal contribuente in data anteriore alle modifiche disposte dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 13 sia da considerarsi obbligatorio in quanto corrisposto in ottemperanza a disposizioni di legge e, dunque, integralmente deducibile dal reddito complessivo IRPEF”.
3. Il motivo appare manifestamente infondato in relazione alla denunciata violazione di legge, ed inammissibile in relazione al vizio di motivazione. Sotto il primo profilo, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte ha, più volte, affermato che l’esclusione dall’imponibile IRPEF delle contribuzioni per il ricongiungimento di posizioni previdenziali, previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10 nel testo originario, è limitato ai casi in cui l’obbligo della contribuzione deriva direttamente ed esclusivamente da disposizioni di legge, e non si estende alle ipotesi, in cui, come nella specie, il versamento dei contributi si riconnetta ad una scelta volontaria dell’interessato, pur disciplinata dalla legge, atteso che il beneficio della deducibilità dell’onere è stato esteso alle contribuzioni facoltative solo con il D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, a decorrere dall’anno 2001 (cfr.
Cass. n. 14003/1999; n. 1006/2000; n. 5719/2001; n. 7491/2002, 17020/2004 n. 18518/2005). In relazione al difetto di motivazione, va rilevato che con tale censura -che non è stata esplicata nel ricorso, nè corredata dal momento di sintesi in ordine ai fatti controversi, ex art. 366 bis c.p.c. – sembra esser prospettato un vizio motivazionale in diritto, che è irrilevante.
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio”.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto il ricorso deve essere rigettato;
che si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso, e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011