Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11076 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. III, 27/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 27/04/2021), n.11076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29052/2019 proposto da:

E.T.S., rappresentato e difeso dall’avv.to ENNIO

CERIO, con studio in Campobasso, via Mazzini 112

(avvenniocerio.cnfpec.it) giusta procura speciale in atti ed

elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte

di Cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO N. 1987/2019,

depositato il 30/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. E.T.S. cittadino del (OMISSIS), ricorre affidandosi ad un unico motivo per la cassazione del decreto del Tribunale di Campobasso che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale

2. La parte intimata non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 bis, 53 e 54 c.p.c., in riferimento al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e comma 4, convertito in L. n. 46 del 2017, con conseguente nullità del decreto impugnato.

1.2. Premesso che la controversia aveva per oggetto soltanto la domanda di protezione umanitaria, assume che il Tribunale aveva errato nel trattarla in composizione collegiale in quanto, non rientrando fra quelle che, ai sensi del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 e 35 bis, dovevano essere decise con rito camerale, ed essendo stata introdotta con rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c., doveva seguire la normativa processuale applicabile prima dell’entrata in vigore della L. n. 46 del 2017, ed essere pertanto trattata dal giudice monocratico.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1 La censura non si confronta con la ratio decidendi del decreto impugnato.

2.2. Infatti, il Collegio osserva che è certamente consolidato il condivisibile principio, richiamato dal ricorrente ed affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “nella vigenza del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e comma 4, convertito nella L. n. 46 del 2017, qualora sia stata proposta esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, la competenza per materia appartiene alla sezione specializzata del Tribunale in composizione monocratica, che giudica secondo il rito ordinario ex art. 281 bis c.p.c. e segg., o, ricorrendone i presupposti, secondo il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702 bis c.p.c. e segg. e pronuncia sentenza o ordinanza impugnabile in appello, atteso che il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, con le peculiarità che lo connotano (composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto), ha un ambito di applicazione espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino” (cfr. Cass. 16458/2019; Cass. 16459/2019; Cass. 3668/2020; Cass. 20888/2020).

2.3. Tuttavia, si osserva che il caso in esame ricade nella vigenza del D.L. n. 113 del 2018, conv. nella L. n. 132 del 2018 (entrata in vigore il 4.12.2018), in ragione del fatto che, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, il ricorso è stato depositato in data 11.6.2019, e cioè ben dopo l’entrata in vigore della normativa testè richiamata che ha modificato parzialmente quella che era stato oggetto degli arresti sopra richiamati.

2.4. La L. n. 132 del 2018, art. 1, comma 2, lett. b), infatti, ha previsto che anche per il mancato riconoscimento della “protezione speciale”, fattispecie subentrata alla “protezione umanitaria”, debba applicarsi l’art. 737 c.p.c., in precedenza previsto, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, soltanto per le controversie aventi per oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria: tale prescrizione, deve ritenersi applicabile ai giudizi, come quello in esame, proposti dopo la sua entrata in vigore, non potendo ritenersi recessivo il principio generale secondo cui “tempus regit actum”, di natura strettamente processuale: e vale la pena di precisare, al riguardo, che tale soluzione non si pone in contrasto con quanto affermato da questa Corte in punto di irretroattività della normativa sostanziale sopravvenuta riguardante il paradigma legale degli effetti sostanziali (cfr. Cass. SU 29459/2019, in motivazione, secondo cui “il diritto del cittadino straniero di ottenere un titolo di soggiorno fondato su “seri motivi umanitari” desumibili dal quadro degli obblighi costituzionali e internazionali assunti dallo Stato è già sorto antecedentemente all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, per effetto del verificarsi delle condizioni di vulnerabilità e la proposizione della domanda ne ha cristallizzato il paradigma legale, che non può essere modificato per effetto della successione delle leggi nel tempo”).

La doglianza proposta, pertanto, non coglie nel segno delle ragioni prospettate dal Tribunale nel provvedimento impugnato.

2.2 Ma ricorre anche un secondo profilo di inammissibilità.

Infatti, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, per effetto del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c., al successivo art. 161 c.p.c., comma 1, un’autonoma causa di nullità della decisione, che si converte in motivo di impugnazione: trattandosi di nullità processuale deve applicarsi il principio, ormai consolidato, secondo cui “è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito” (cfr. al riguardo, Cass. 6330/2014; Cass. 26831/2014; Cass. 23638/2016): nel caso in esame, il ricorrente nulla ha dedotto in ordine al pregiudizio subito a causa della decisione del Tribunale in composizione collegiale, ragione per cui la censura risulta priva della necessaria decisività.

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

4. La mancata difesa della parte intimata esime la Corte dalla decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

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