Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11074 del 10/06/2020

Cassazione civile sez. I, 10/06/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 10/06/2020), n.11074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26676/2015 proposto da:

Seconda Università degli Studi di Napoli, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, al

v.le Bruno Buozzi 99, presso lo studio dell’avvocato Criscuolo

Fabrizio, rappresentata e difesa dall’avvocato Ruggiero Domenico

Giovanni, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Azienda Ospedaliera dei (OMISSIS), già Azienda ospedaliera

“(OMISSIS)”, in persona del legale rappres. p.t., elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Acciaioli 7, presso lo studio

Associato Tamietti-Bellachioma, rappresentata e difesa dall’avvocato

Campobasso Guido, con procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3708/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 2009 il Tribunale di Napoli rigettò la domanda proposta dalla Seconda Università di Napoli nei confronti della Azienda Ospedaliera “(OMISSIS)” con la quale era stato chiesto: l’accertamento dell’inadempimento della convenuta in ordine agli obblighi di rendicontazione annuale per l’attività esterna convenzionata svolta dalle unità operative dislocate presso l’azienda ospedaliera (in virtù della convenzione del 29.1.03 in forza della quale l’Università aveva messo a disposizione dell’Azienda Ospedaliera “(OMISSIS)” una parte del proprio personale universitario, medico e non, per lo svolgimento di attività didattica, di ricerca e di assistenza nelle strutture dell’azienda ospedaliera), e la condanna della convenuta al pagamento del saldo, nella misura del 50%, dei proventi derivanti dall’attività esterna convenzionata, e al risarcimento dei danni ex artt. 1218 e 1453 c.c..

In particolare, il Tribunale ritenne non provato l’avveramento della condizione sospensiva cui era sottoposta l’efficacia della convenzione del 29.1.03, come pattuito nella clausola dell’art. 13, mancando l’atto di approvazione espressa da parte della Regione Campania, e non potendo supplire a tale mancanza la missiva in atti firmata dall’assessore regionale della Sanità.

Avverso tale sentenza propose appello la Seconda Università di Napoli; si costituì la A.O. (OMISSIS) (cui subentrò la A.O. dei (OMISSIS)), assumendo che era stata provato l’avveramento della condizione sospensiva consistito nella comunicazione dell’assessore (che presupponeva l’approvazione regionale).

Con sentenza del 17.9.14, la Corte d’Appello di Napoli rigettò l’appello, osservando che: dalla comunicazione dell’assessore dell’ente Regione Campania non era dato desumere l’avveramento della sospensione sospensiva inserita nella suddetta convenzione; l’avvenuta esecuzione di fatto del programma contenuto nella convenzione non consentiva di ipotizzare l’approvazione predetta per fatti concludenti, fattispecie inammissibile nei contratti in cui era parte la Pubblica Amministrazione; incombeva sulla parte attrice l’onere di dimostrare l’atto formale di approvazione della Regione Campania.

La Seconda Università di Napoli ricorre in cassazione con tre motivi. Resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliera dei (OMISSIS) (succeduta alla A.O. (OMISSIS)), illustrata con memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325,1326,1353,1363,1372, 1418 e 2697 c.c., avendo la Corte d’appello fatto un erroneo riferimento alla forma dei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, non essendo stata la Regione Campania parte della convenzione in questione, e non avendo essa invece ritenuta raggiunta la prova del verificarsi della condizione sospensiva, consistita nella completa attuazione del piano sanitario previsto dalla convenzione, attraverso un’erronea applicazione dei canoni ermeneutici.

Con il secondo motivo è dedotta l’omessa o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto che l’avverarsi della condizione sospensiva costituisse oggetto di un’eccezione impeditiva sollevata dalla A.O. “(OMISSIS)” su cui gravava l’onere della prova.

Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., ovvero omessa o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in quanto la Corte d’appello non aveva considerato che l’attuazione della convenzione era da interpretare quale rinunzia implicita alla condizione sospensiva, costituendo altresì indice dell’approvazione regionale per fatti concludenti, pur essendo tale argomento stato introdotto nel giudizio d’appello.

La ricorrente lamenta altresì che il giudice di merito non abbia ordinato la rendicontazione, che sarebbe stata essenziale per comprendere se la convenzione avesse avuto concreta attuazione.

Il primo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono rispettivamente, il primo infondato e il terzo inammissibile. La Corte d’appello ha escluso che si fosse verificata la condizione rappresentata dall’atto d’approvazione regionale, cui era subordinata l’efficacia della convenzione stipulata tra le parti, richiamando i principi generali sugli atti della Pubblica Amministrazione sulla necessaria forma scritta.

La ricorrente si duole, da un lato, che il giudice di secondo grado abbia ritenuto che l’ente regionale non abbia documentato l’accordo negoziale tra la Seconda Università di Napoli e l’Azienda Ospedaliera “(OMISSIS)”, attesa la sua posizione di terzietà, poichè l’approvazione regionale costituiva un evento relativo ad una condizione sospensiva del suddetto accordo e, dall’altro, che la Corte territoriale non abbia ritenuto che l’esecuzione della stessa convenzione fosse avvenuta per fatti concludenti attraverso l’attuazione del relativo programma, come sarebbe stato confermato dalla nota redatta dall’assessore regionale del 22.7.03 il cui contenuto presupponeva, appunto, l’avvenuta esecuzione della convenzione per cui è causa.

Va premesso che la Corte d’appello ha respinto l’impugnazione della Regione Campania per la mancata prova dell’avvenuta approvazione della convenzione tra la Seconda Università di Napoli e l’Azienda Ospedaliera “(OMISSIS)”, escludendo, in particolare, che tale prova potesse essere raggiunta per fatti concludenti desumibili all’esecuzione del contenuto dell’accordo. Pertanto, contrariamente a quanto esposto dalla parte ricorrente, il richiamo della Corte di merito alle norme imperative che disciplinano il regime della forma ascritta per gli atti aventi natura negoziale di cui siano parte gli enti pubblici territoriali non può che riguardare il solo atto d’approvazione che la Regione Campania avrebbe dovuto emettere, quale condizione cui era subordinata l’efficacia della convenzione.

Nè può revocarsi in dubbio che l’atto d’approvazione regionale avrebbe dovuto essere adottato in forma scritta, conformemente alla regola generale afferente agli atti degli enti pubblici territoriali, non emergendo alcuna ipotesi di deroga a tale principio.

D’altra parte, l’approvazione regionale costituisce un tipico atto di controllo in materia di organizzazione dei servizi sanitari, in ordine al profilo di legittimità dei criteri di spesa e della relativa copertura finanziaria, insuscettibile per il suo contenuto di essere emesso in forma tacita, anche per le sue implicazione in tema di contabilizzazione.

Ne consegue l’inammissibilità della doglianza relativa alla violazione dei canoni ermeneutici legali sull’attuazione della convenzione in esame quale atto implicito attraverso cui si sarebbe estrinsecata l’approvazione regionale. Al riguardo, anzitutto, viene in rilievo una censura tendente al riesame del merito dell’interpretazione compiuta dalla Corte territoriale in ordine all’irrilevanza del documento dell’assessore regionale quale documento espressivo di una tacita approvazione della convenzione, come tale inammissibile poichè diretta a conseguire una diversa interpretazione e ricostruzione dei fatti (Cass., n. 25332/14; n. 6519/19).

Inoltre, la critica in questione adombra un’inconfigurabile forma tacita di un provvedimento amministrativo tipicamente emesso in forma scritta e suscettibile d’impugnazione innanzi al giudice amministrativo.

Va altresì osservato che il richiamo della parte ricorrente alla sentenza di questa Corte, n. 13099/2011, non è pertinente in quanto tale pronuncia riguardava ben diversa fattispecie, in cui le parti private avevano condizionato un contratto preliminare di vendita immobiliare all’autorizzazione comunale di due opere insistenti sul medesimo bene; nel caso concreto, invece, si dibatte della forma di un atto amministrativo obbligatorio attribuito alla competenza della Regione relativo ad una convenzione tra due enti pubblici di cui un’azienda sanitaria sottoposta al controllo dell’ente locale.

Giova rilevare, in proposito, che è irrilevante la difesa adottata dall’Università nei gradi di merito, come richiamata dall’ente ricorrente e fatta propria nel ricorso in esame circa l’interpretazione dell’attuazione del contenuto della convenzione quale atto di rinuncia implicita all’avveramento della condizione sospensiva rappresentata dall’atto d’approvazione regionale. Invero, pur prescindendo dall’inammissibilità della doglianza afferente al merito dell’interpretazione della condotta delle parti in ordine all’esecuzione della convenzione, va evidenziato che non sarebbe configurabile nell’ordinamento giuridico un atto di rinunzia, peraltro tacita, da parte di enti pubblici riguardo ad un atto tipico di controllo, presidiato da norme inderogabili imperative.

Il secondo motivo è infondato, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto che l’approvazione regionale costituisse fatto costitutivo del diritto fatto valere dalla ricorrente e non eccezione impeditiva del medesimo diritto, in conformità del consolidato orientamento di questa Corte (v. Cass., SU, n. 9679/19; n. 23417/19). Invero, parte ricorrente ha rilevato che la questione dell’avveramento della condizione aveva costituito oggetto dell’eccezione sollevata dalla difesa dell’A.O. “(OMISSIS)”, per inferirne de facto che la Corte di merito avrebbe violato la regola sulla distribuzione dell’onere della prova. A sostegno di tale difesa, la ricorrente ha invocato precedenti giurisprudenziali non pertinenti al caso concreto, in ordine all’imputabilità del mancato avveramento della condizione apposta al contratto, la cui prova graverebbe su chi appunto abbia eccepito tale condotta della controparte.

Nel caso concreto, invece, la questione dibattuta riguarda l’avveramento della suddetta condizione, dipendente dalla condotta di un terzo – la Regione Campania – cui era subordinata l’efficacia della convenzione tra i due enti pubblici, e non anche il comportamento di una parte che abbia dolosamente impedito il verificarsi dell’evento dedotto quale condizione negoziale.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 5200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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