Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11073 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 27/04/2021), n.11073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30019-2019 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA

VITTORIA 10/B, presso lo studio dell’avvocato DE NICOLO ANNAMARIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MALDARIZZI GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA – SOCIETA’ CON SOCIO UNICO, (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato MARESCA ARTURO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 120/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 03/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la legittimità del termine apposto al contratto intercorso tra Poste Italiane s.p.a. e P.M., ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, per il periodo dal 5 al 17 maggio 2006;

rilevava la Corte che dai prospetti prodotti da Poste Italiane s.p.a. si evinceva che per l’anno 2006 risultava rispettato il limite di contingentamento e tanto era sufficiente a giustificare il ricorso al contratto a termine;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione P.M. con unico motivo;

resiste Poste Italiane s.p.a con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con unico motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, del decreto legislativo 26/2/2001 n. 100 e dell’art. 115 c.p.c., poichè la Corte aveva ritenuto rispettato il limite di contingentamento sulla base di un calcolo effettuato “per teste” ancorchè la normativa vigente imponesse il computo della forza lavoro in base al criterio del “full time equivalent” ed erroneamente aveva ritenuto non contestati i dati prodotti da Poste Italiane s.p.a. in relazione al rispetto della clausola di contingentamento;

il ricorso è inammissibile con riguardo al profilo attinente alla ritenuta mancata contestazione dei prospetti prodotti da Poste Italiane s.p.a. poichè, a fronte di affermazione in sentenza riguardo alla mancata contestazione delle allegazioni di controparte, il ricorrente non allega, mediante produzione e trascrizione del relativo contenuto, gli atti di parte che dimostrino l’avvenuta specifica contestazione, come sarebbe stato necessario in adempimento degli oneri di autosufficienza del ricorso;

quanto all’ulteriore profilo, lo stesso è infondato alla luce dell’enunciato della giurisprudenza di legittimità, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, secondo la quale “In tema di contratto di lavoro a tempo determinato, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, nel prevedere che il numero dei lavoratori assunti a termine dalle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste non può superare il limite percentuale del quindici per cento dell’organico aziendale, si riferisce al numero complessivo dei lavoratori assunti, in base ad un criterio quantitativo “per teste”, dovendosi escludere il computo dei contratti a tempo determinato “part-time” fino alla concorrenza dell’orario pieno, ossia secondo il criterio cd. “full time equivalent”, previsto dal D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 6, comma 1, al fine di facilitare il calcolo dell’organico in sede di recepimento della direttiva 1997/81/CE e in vista della prevedibile estensione del lavoro a tempo parziale, ma non anche ai fini della disciplina dei limiti di utilizzo del contratto a tempo determinato, che ha una specifica “ratio”, riconducibile alla finalità antiabusiva della direttiva 1999/70/CE.” n. 753 del 15/01/2018;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza;

in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

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