Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1107 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. I, 20/01/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 20/01/2020), n.1107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – rel. Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23475/2018 proposto da:

G.J., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Don Giovanni

Minzoni, 9 presso lo studio dell’avvocato Riccardo Luponio che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato per legge in Roma Via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 24/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 dal cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Ancona, con decreto pubblicato il 24 luglio 2018, respinge il ricorso proposto da G.J., cittadino della Nigeria, proveniente dallo Stato di (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il ricorrente ha dichiarato di essere originario dello Stato di (OMISSIS) della Nigeria e, in ordine alle motivazioni della propria scelta di lasciare il Paese di origine, ha fatto riferimento ad una vicenda di vita privata e di giustizia comune che, anche se credibile, comunque non può rilevare ai fini della protezione internazionale;

b) il richiedente non ha allegato di essere affiliato politicamente o di aver preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, nè di appartenere ad una minoranza etnica e/o religiosa oggetto di persecuzione come richiesto per la protezione internazionale nè lo stesso risulta compreso nelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano;

c) d’altra parte, le notizie raccolte da aggiornate fonti internazionali affidabili evidenziano che lo Stato di (OMISSIS) della Nigeria, da cui proviene il ricorrente, è compreso fra gli Stati nigeriani più sicuri, quindi è da escludere la presenza di situazioni di violenza indiscriminata o di conflitto armato – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – che possano coinvolgere il ricorrente;

d) inoltre, poichè entrare a far parte della Società (OMISSIS) è considerato quasi un privilegio e gli affiliati sono tutti appartenenti ad un ceto sociale elevato non si rinvengono riscontri rispetto alle minacce che l’interessato ha detto di aver subito per entrare a farvi parte visto che egli ha riferito di svolgere il lavoro di muratore;

e) pertanto, la domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato non può essere accolta e neppure sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria;

f) neanche può essere concessa la protezione umanitaria perchè la situazione del Paese di provenienza esclude la sussistenza di una condizione di elevata vulnerabilità all’esito del rimpatrio, le condizioni individuali di vulnerabilità rappresentate dal ricorrente, anche se credibili e giustificate, non consentono da sole il rilascio del permesso per motivi umanitari e neppure l’interessato ha fornito prova di elementi sufficienti per assumere come seriamente intrapreso un percorso di integrazione in Italia;

3. il ricorso di G.J. domanda la cassazione del suddetto decreto per quattro motivi; il Ministero dell’Interno, resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso è formalmente articolato in quattro motivi;

1.1. con il primo motivo si denunciano: 1) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riguardo all’asserito mancato rispetto, da parte del Tribunale, dell’onere di riesaminare integralmente la domanda di protezione inoltrata alla Commissione territoriale; 2) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c.

1.2. con il secondo motivo si denuncia, con riguardo alla corretta ricostruzione della situazione dell'(OMISSIS) State, violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonchè mancata considerazione della circolare n. 346 del 29 gennaio 2014 con la quale la Commissione Nazionale per il diritto d’asilo, sulla base delle indicazioni dell’UNHCR, ha imposto di sospendere i rimpatri forzati verso la zona della Nigeria da cui proviene il richiedente;

1.3. con il terzo motivo si denuncia violazione ed errata applicazione della disciplina in materia di protezione sussidiaria, anche per quanto riguarda l’omessa considerazione delle tensioni religiose esistenti in Nigeria;

1.4. con il quarto motivo si denuncia violazione ed errata applicazione della disciplina in materia di protezione umanitaria, sottolineandosi che il ricorrente, in caso di rimpatrio si troverebbe privo di prospettive in un contesto caratterizzato da instabilità e insicurezza;

2. l’esame dei motivi di censura porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

3. i quattro motivi – da trattare insieme per intimamente connessi risultano del tutto generici e quindi formulati senza il dovuto rispetto del fondamentale principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione;

3.1. essi, nel loro complesso, finiscono con l’esprimere un mero – e, di per sè, inammissibile – dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze processuali effettuate dal Tribunale a proposito della condizione personale del ricorrente sulla base anche dei dati tratti da fonti accreditate, che hanno portato al rigetto delle domande di protezione internazionale e di protezione umanitaria;

3.2. nè va omesso di rilevare che oltretutto le censure sono formulate muovendo dalla denuncia di omissione, insufficienza e contraddittorietà motivazionale mentre il vizio della motivazione così dedotto non costituisce più ragione cassatoria, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134;

3.3. in base a tale riformulazione l’apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (tra le tante: Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

4. ma ciò che è assorbente è che tutti i profili di censura sono formulati senza l’osservanza del fondamentale principio sec(OMISSIS) cui i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di identificare la critica mossa ad una parte ben specificata della decisione espressa (vedi, di recente: Cass. 22 gennaio 2018, n. 1479);

4.1. pertanto, se nel ricorso per cassazione si denuncia l’esistenza di una violazione di legge, si deve chiarire a pena di inammissibilità l’errore di diritto imputato al riguardo alla sentenza impugnata, in relazione alla concreta controversia (Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21672);

4.2. in caso contrario, la censura – pur formalmente formulata come vizio di violazione di norme legge – nella sostanza si traduce in una inammissibile denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, effettuata nell’esercizio di un sindacato non censurabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione, peraltro nei ristretti limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, di cui si è detto;

5. ciò è quanto si verifica nella specie, visto che con le diverse censure il ricorrente non denuncia vizi propri del decreto impugnato per violazioni di norme di diritto, ma principalmente prospetta carenze ed errori del decreto stesso e sostanzialmente si limita a contestare, in modo peraltro generico, la valutazione delle risultanze processuali fatta dal Tribunale;

6. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

7. le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

8. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate Euro 2100,00 (duemilacento/00) per compensi professionali,oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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