Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11067 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/05/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 07/05/2010), n.11067

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 49,

presso lo studio dell’avvocato BERNARDINI SVEVA, rappresentato e

difeso dagli avvocati CALCE PASQUALE, CESCHINI VITO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE LA TENDA ONLUS in persona del Presidente e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI

UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MOBILIO GIANFRANCO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

21.1.09, depositata il 29/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LA TERZA Maura;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza in epigrafe indicata del 29 gennaio 2009 con cui la Corte d’appello di Salerno confermava la statuizione di primo grado di rigetto della domanda del Dott. M.A. nei confronti della Associazione ” La Tenda Onlus”, per far valere l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, dal gennaio 1987 al dicembre 1998;

la Corte territoriale – premesso che l’onere della esistenza della subordinazione spetta al lavoratore e che dalle prove testimoniali non puo’ emergere l’esistenza di tale vincolo, trattandosi di giudizio giuridico e non di scienza – rilevava che nella specie non era emersa la prova neppure degli elementi secondari e sussidiari della subordinazione, come l’osservanza di un orario predeterminato e il coordinamento dell’attivita’ svolta nell’assetto organizzativo aziendale, avendo il dr. M. svolto attivita’ di “aiuto per le famiglie, assistenza ai ragazzi detenuti e di operatore nella comunita’ terapeutica”senza ottemperanza a direttive precise e senza prefissione di orario, restando irrilevante la predisposizione di turni di lavoro; il dr. M., peraltro, in sede di libero interrogatorio, aveva riferito di avere lavorato, negli ultimi tre anni, anche per la Asl di Mercato Sanseverino, il che rendeva ancor piu’ arduo ricondurre le prestazioni al paradigma della subordinazione;

Letto il ricorso del dr. M. con tre motivi (i primi due per violazione di legge ed il terzo per difetto di motivazione); il controricorso della Associazione “La tenda Onlus”, la relazione resa ex art. 380 bis c.p.c. e la memoria depositata dal controricorrente;

Rilevato che i rilievi di inammissibilita’ del ricorso di cui alla relazione sono condivisibili, perche’ il quesito relativo al primo motivo e’ il seguente: “Se la sentenza impugnata, nell’indagine diretta ad accertare il rapporto di lavoro, abbia correttamente applicato i criteri elaborati al riguardo dalla giurisprudenza di codesta Corte; se sia conforme a diritto l’assunto secondo cui il vincolo della subordinazione non puo’ direttamente risultare da una prova testimoniale”.

Ritenuto che detto quesito e’ inammissibile alla stregua di quanto piu’ volte affermato da questa Corte (tra le tante Cass. Ordinanza n. 19769 del 17/07/2008) per cui “Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge. “Nella specie il quesito e’ formulato in termini che prescindono dal caso concreto, essendo astrattamente riferibile ad una pluralita’ di fattispecie, di talche’ e’ precluso alla Corte di apprezzare immediatamente il vizio ascritto alla particolare sentenza impugnata, cosi’ frustrando la funzione dei quesiti, che e’ quello di sgombrare il campo da censure imprecise e fumose, e di pervenire, attraverso una sorta di collaborazione tra difensori e giudici, ad una piu’ puntuale, immediata e quindi piu’ facilmente percepibile, indicazione della questione che si sottopone alla Corte, la quale, da parte sua, deve rispondere formulando espressamente (nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3) il principio di diritto;

Ritenuto che ragionamento del tutto analogo sulla genericita’ dei quesiti si puo’ svolgere per il secondo motivo che e’ cosi’ formulato” Se ai fini dell’accertamento del rapporto di subordinazione, l’assenza di un preciso orario di lavoro sia o no compatibile con il vincolo della subordinazione e se l’etero determinazione e cioe’ la soggezione al potere direttivo del datore di lavoro, possa o non possa ravvisarsi quando, per la natura ed il carattere ripetitivo delle mansioni espletate, tali direttive non debbano essere reiterate e siano insite, invece, nell’inserimento del dipendente nell’organizzazione dell’impresa”.

Rilevato che con il vizio di difetto di motivazione si deduce “l’omesso esame degli elementi fattuali sub n. 2.2. e 2.3. e 2.4, nonche’ l’insufficiente valutazione dell’intero materiale probatorio quanto all’inserimento del M. nell’organizzazione aziendale”.

Anche a ritenere ammissibile questo tipo di quesito (che non riassume ma rimanda al ricorso la indicazione delle circostanze non valutate), nessuna di esse assume carattere decisivo a ribaltare la decisione presa dai Giudici di merito, perche’ ne’ il fatto che l’attivita’ svolta fosse essenziale per l’Associazione e che quindi il M. fosse inserito nella sua struttura (2.2.), ne’ il fatto di avere prestato la propria opera in luoghi diversi (2.3.) varrebbero a dimostrare con certezza la esistenza della subordinazione, essendo compatibili con il ravvisato rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, che e’ caratterizzata proprio dall’essenziale inserimento del prestatore nella struttura produttiva. Inammissibile e’ il quesito sul punto sub 2.4., giacche’ la circostanza che sarebbe stata omessa non e’, nel corrispondente motivo di ricorso, cosi’ puntualmente indicata come per i punti sub 2.3. e 2.4., ma richiede di estrapolare gli elementi asseritamente non valutati, da una parte motiva complessa e articolata, cosi’ frustrando lo schematismo imposto dall’art. 366 bis c.p.c.;

Ritenuto che quindi il ricorso va dichiarato inammissibile e che le spese, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 30,00 oltre duemila/00 Euro per onorari, Iva e CPA. E spese generiche.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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