Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11063 del 19/04/2019
Cassazione civile sez. trib., 19/04/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 19/04/2019), n.11063
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5851/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
Contro
DB APPAREL ITALIA S.r.l. unipersonale, rapp.ta e difesa dall’Avv.to
Giuseppe Maria Cipolla del Foro di Roma, elett.te dom.ta presso lo
studio del medesimo in Roma, V.le G. Mazzini n. 134, giusta procura
a margine della memoria illustrativa;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 4145/07/14, depositata il 25 luglio 2014.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2019
dal Cons. Nocella Luigi.
Fatto
FATTI DI CAUSA
In esito a verifica eseguita dall’Ufficio Doganale
di Bergamo conclusa con p.v. del 21.02.2012, l’Agenzia delle Dogane,
Ufficio di Milano-Malpensa, presso il quale era stata effettuata la
dichiarazione d’importazione, in data 29.04.2012, emetteva nei confronti
della DBAPPAREL ITALIA s.r.l. diversi avvisi di rettifica con i quali
veniva contestata la mancata inclusione nel valore delle merci,
provenienti da paesi extra UE, dell’importo delle royalties dovute dalla
società alle imprese licenzianti titolari dei rispettivi marchi (Fila,
Playtex, Lovable, Wonderbra e Unno) con conseguente applicazione delle
sanzioni.
Su specifica eccezione proposta nei distinti
ricorsi della società, successivamente riuniti in fase di appello, la
CTP di Varese annullava gli avvisi rilevando l’incompetenza territoriale
dell’Ufficio doganale emittente. La decisione veniva poi confermata
dalla CTR della Lombardia con la sentenza oggetto del presente giudizio,
nella quale, superate alcune eccezioni preliminari proposte dalla
Società appellata, affermava che, in ossequio al principio per il quale
le regole che individuano la competenza per l’emissione di un atto
amministrativo si determinano in base al momento di emanazione dell’atto
medesimo, che andava individuato negli avvisi di rettifica, la
competenza ad emetterli non poteva che appartenere all’Ufficio che aveva
effettuato le verifiche, essendo stati gli avvisi emessi tutti
successivamente all’entrata in vigore (29 aprile 2012) del D.L.2 marzo 2012, n. 16, convertito in L. 26 aprile 2012, n. 44, il cui art. 9, comma 3 decies, aveva modificato il D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, comma 9.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricorre per
cassazione sulla base di unico motivo, al quale resiste la s.r.l.
unipersonale DB Apparel Italia con controricorso.
In data febbraio 2019 la controricorrente ha
depositato memoria per segnalare giurisprudenza in tema di rapporti tra
jus superveniens e procedimenti complessi, contenente a margine delega a
nuovo difensore.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo l’Agenzia ricorrente deduce violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 9, comma 3 decies, convertito in L. 26 aprile 2012, n. 44,
poichè, incontroversa la natura non interpretativa ma innovativa della
norma medesima (cfr. Cass. Sez. V 16.12.2016, n. 26045), la CTR, in
virtù del principio tempus regit actum, aveva applicato al caso in esame
la nuova formulazione della L. n. 374 del 1990, art. 11, comma 9,
nonostante questa (da interpretarsi primariamente in base al suo
significato letterale), intendesse, con l’uso del verbo al tempo
presente, escludere espressamente dal suo ambito di applicazione tutti
gli atti scaturenti da verifiche già avvenute prima del 29 aprile 2012.
La Società controricorrente contrasta la lettura offerta dell’Agenzia
ricorrente e, rilevato che i principi in tema di applicabilità della
legge sopravvenuta ai rapporti giuridici non esauriti non sono
risolutivi, sostiene che il discrimen vada individuato in base ai
principi di diritto transitorio applicabili alle sequenze coordinate di
atti, e quindi in tema di procedimenti amministrativi o giudiziari;
invoca la conforme giurisprudenza di questa Corte e del Consiglio di
Stato secondo la quale il momento di emanazione dell’atto conclusivo è
quello che determina l’individuazione delle norme che ne definiscono la
legittimità; evidenzia che l’interpretazione ex adverso postulata non
tiene conto della portata innovativa della norma, non contenente
disposizioni transitorie speciali, e pertanto applicabile ai soli futuri
atti finali di procedimenti interamente svoltisi nella sua vigenza;
evidenzia infine come lo spostamento riguarda gli atti di revisione
delle dichiarazioni doganali, radicando con efficacia ex nunc la
competenza presso l’Ufficio che effettua le verifiche presso l’operatore
anche se la prima fase dell’accertamento si è svolta davanti ad altro
Ufficio doganale. Ha concluso pertanto per il rigetto del ricorso con
vittoria delle spese.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Va subito rilevato che l’uso del tempo presente del verbo
“effettuare” non ha alcuna valenza discriminante al fine
dell’individuazione della competenza alla definizione dei procedimenti
tributari di revisione delle denunce doganali: infatti, contrariamente a
quanto ritenuto dall’Agenzia ricorrente, anche se nella frase
introdotta dal menzionato art. 9, comma 3 decies, si sostituisse al
presente il passato prossimo o persino il passato remoto, la valenza
semantica dell’enunciato (o la sua eventuale ambiguità) non varierebbe, a
dimostrazione della perfetta irrilevanza della scelta del tempo del
verbo a definire la questione di individuazione della norma applicabile
nei procedimenti in corso.
Tale rilievo, assorbendo l’unico argomento dedotto dall’Agenzia
ricorrente a sostegno della censura di violazione di legge, sarebbe
sufficiente a sostenerne il rigetto. Appare tuttavia opportuno segnalare
che già Cass. Sez. V, 10.04.2013, n. 8699,
ebbe a rilevare, sia pure in un’ipotesi nella quale gli atti impugnati
erano tutti precedenti all’entrata in vigore della novella e nella quale
si sosteneva la natura retroattiva della norma in esame,
l’applicabilità della nuova normativa ai soli atti di revisione emessi
successivamente all’entrata in vigore della legge in esame,
condivisibilmente valorizzando uno dei principali argomenti oggi addotti
dalla controricorrente, e cioè l’assenza di una norma transitoria, che
si rende necessaria ogni qualvolta il legislatore intenda limitare gli
effetti futuri della nuova normativa in relazione a situazioni o status
collegati a fatti generatori già verificatisi prima dell’entrata in
vigore. Tale interpretazione della norma nel senso che essa disponga
soltanto per l’avvenire è stata del resto recepita nella più recente Cass. Sez. V, 16.12.2016, n. 26045, sicchè, in difetto di nuovi argomenti in contrario, l’orientamento appare meritevole di conferma.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente conferma dell’impugnata sentenza.
5. Le spese del presente grado debbono essere compensate, essendo
il giudizio iniziato in epoca immediatamente successiva all’entrata in
vigore della norma oggetto della censura.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma l quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019