Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11061 del 27/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 11061 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 13278-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, societa’ con socio unico, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e Legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
LUIGI G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO
MARESCA, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del
ricorso;

ricorrente

nonché contro

GIURO GIORGIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 718/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 31/01/2012, depositata il 17/05/2012;

Data pubblicazione: 27/05/2016

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA NIANCINO.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

di relazione a norma dell’art. 380 bis c.p.c., condivisa dal Collegio, non

intim-rata dalla memoria depositata dalla parte ricorrente.
2. Con sentenza del 17.5.2012, la Corte di appello di Roma rigettava il
gravame proposto dalla s.p.a. Poste Italiane avverso la decisione del
Tribunale dello stesso circondario che aveva dichiarato l’illegittimità del
contratto per prestazioni di lavoro temporaneo sottoscritto dall’attuale
intimata con Obiettivo Lavoro s.p.a. per il periodo da 24.1.2003 al
31.3.2003 (prorogato al 30.6.2003 e poi al 30.9.2003) per soddisfare
“esigenze di carattere temporaneo di: A- casi previsti dal

più

intensa attività” e, per l’effetto, la sussistenza tra lavoratrice e società
utilizzatrice Poste Italiane di un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato.
3. Rilevava la Corte del merito che, se pure nel contratto di fornitura tra
le imprese le ragioni di ricorso allo stesso sottese potessero essere
molteplici, rispetto alla singola utilizzazione il contratto di lavoro tra
l’impresa che forniva la manodopera ed il lavoratore doveva
esattamente esplicitare e specificare cluali delle ragioni indicate nel
contratto giustificassero l’assunzione del dipendente e la sua
destinazione presso l’utilizzatore, onde consentire il controllo
successivo sulla congruenza tra le ragioni richiamate e quelle per le
quali il dipendente era stato assunto dall’impresa di fornitura ed inviato
P° l’utilizzatrice. Nel caso in esame erano mancate queste
specificazioni e la causale era indicata in modo del tutto generico, in
Ric. 2013 n. 13278 sez. ML
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ud. 20-04-2016

L La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito

quanto nel contratto per prestazione di lavoro temporaneo la stessa era
descritta con riferimento alla necessità temporanea di prestatori di
lavoro da adibire a mansioni di portalettere e il riferimento, come
causale, ai “casi previsti dal C.,C1N1,” rendeva evanescente la possibilità
di “verifica di effettività” della causale indicata e la sua temporaneità.

ritenuta indimostrata la sussistenza delle condizioni legittimanti il
ricorso al contratto interinale e che, quanto alle conseguenze di tali
illegittimità, doveva ritenersi la novazione soggettiva del contratto, con
la sostituzione quale datore di lavoro dell’impresa utilizzatrice
all’impresa fornitrice. Veniva poi ritenuto inapplicabile, ai rapporti di
somministrazione, l’art.32, comma 5 L.n.183/2010.
4. Per la cassazione di tale decisione ricorre la società Poste Italiane,

affidando l’impugnazione a plurimi motivi con i quali deduce:
violazione di legge (L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 2, lett. c), e art. 3,
comma 3, letta) sul rilievo che il contratto di fornitura non deve
contenere l’indicazione dei motivi di ricorso alla fornitura di lavoro
temporaneo, per essere nel caso specifico il ricorso al lavoro
temporaneo consentito dalla legge o dal contratto collettivo e che, in
ogni caso la mancata, erronea o generica indicazione dei motivi di
ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo può produrre solo ed
esclusivamente la costituzione del rapporto alle dipendenze della
società fornitrice (primo motivo); violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c., in relazione alla valutazione da. parte della Corte di
(inestioni non rilevanti ai fini della decisione, pretendendosi
l’assolvimento di un onere della prova non richiedibile a fronte di una
previsione dell’Accordo del 4.12.2002, che consente il ricorso al lavoro
temporaneo a fronte di tutte le esigenze sostitutive richiamate quale
fenomeno collettivo (secondo motivo); si censura la decisione per
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Doveva, pertanto, confermarsi la decisione del Tribunale, ch.e aveva

insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, osservandosi che attraverso i modelli 70P era stato provato il
numero complessivo di giorni di lavoro svolto dal personale
temporaneo, confrontato con quello dei giorni di assenza a vario titolo
dei lavoratori a tempo indeterminato) e che, pertanto, la Corte aveva

stati specificamente contestati dalla controparte (terzo motivo);
violazione e falsa applicazione della L. n. 196 del 1997, art. 10 e della L.
n. 1369 del 1960, osservando che l’art. 10, comma 2, della Legge citata,
che contiene le norme sanzionatone, dispone che la mancata erronea o.)
generica indicazione dei motivi di ricorso alla fornitura di lavoro
temporaneo può produrre solo ed esclusivamente la costituzione del
rapporto di lavoro alle dipendenze della società fortiitrice, ma non
dell’utilizzatrice, nei confronti della quale si instaura il rapporto a
tempo indeterminato solo in mancanza della forma scritta del
contratto di fornitura. La ricorrente si duole della violazione e falsa
applicazione della L. n. 196 del 1997, art. 10, sostenendo che, nel caso
di ritenuta illegittimità del contratto di fornitura per uno O più motivi
previsti dalla L. n. 196 del 1997, art. 10, comma 1, debba dichiararsi
che il datore di lavoro è il soggetto interponente e non il soggetto
interposto, fermo restando, però, il termine i.pposto al contratto, che
non viene intaccato dalla surrogazione che consegue alla dichiarata
illegittimità (quarto motivo); violazione e falsa applicazione della L. n.
183 del_ 2010, art. 32 rilevandosi che la Corte di appello avrebbe
dovuto fare applicazione di tale norma, essendo la stessa applicabile a
tutti i giudizi in corso, tanto nel mento quanto in sede di legitrimità, e
che la stessa doveva ritenersi riferibile anche ai giudizi in materia di
fornitura e/o somministrazione (quinto motivo).
5. L’ intimato non ha resistito.
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errato nella mancata considerazione di tali documenti, che non erano

6. l primi due motivi, pur se riferiti alla violazione della L. n. 196 del 1997
e di norme codicistiche, sono connessi e devono essere esaminari
congiuntamente (come già ritenuto, fra le altre, da Cass. sez.sesta-L
26040/2015).
7. La norma di riferimento è la L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 2, che

seguenti ipotesi: “a) nei casi previsti dai ceni della categoria di
appartenenza della impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentarivi; b) nei casi di temporanea
utilizzazione di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi
aziendali; c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le
ipotesi di cui al comma 4” (che prevede le situazioni in cui è vietata la
fornitura di lavoro temporaneo).
8.

causale indicata nel contratto di fornitura in esame è la seguente:
“esigenze di carattere temporaneo di: ;1- casi previsti dal CCM…, più
intensa attività”.

9. 11 contratto, pertanto, invece di specificare la causale all’interno delle
categorie consentite dalla legge, si limita a parafrasare il testo della
legge, genericamente rinviando al contratto collettivo.
10. La genericità della causale rende il contratto illegittimo, per violazione
della L. n. – 196 del 1997, art. 1, commi I e 2, che consente la
stipulazione solo per le esigenze di carattere temporaneo rientranti
nelle categorie specificate nel comma 2, esigenze che il contratto di
fornitura non può quindi omettere di indicare, nè può indicare in
maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il
contenuto della previsione normativa.
11. Nè può ritenersi che il rilevato onere di specificazione non fosse
richiesto rispetto ad una genericità della previsione collettiva, posto che
solo la indicazione precisa delle esigenze sostitutive sottese
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consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo sok) nelle

all’assunzione della lavoratrice avrebbe. consentito il riscontro in
termini probatori della effettività della ragione sottesa alla fornitura del
lavoro della stessa nell’ufficio di adibizione e di escludere che il lavoro
della predetta fosse funzionale alla diversa esigenza di sopperire ad
ordinarie carenze di organico dell’Ufficio Postale indicato nel ricorso

12. Quanto al profilo dedotto nel terzo motivo, con riferimento ad un
vizio motivazionale, Si osserva che non può essere contrapposta a
cluella effettuata dal giudice del merito una valutazione difforme del
materiale probatorio, posto che in sede di legittimità è consentita
soltanto la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte
dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare
le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra
le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
Liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti ,
(cfr., tra le altre, Cass., s. u., 5802/1998; Cass. un. 15693/2004,
11936/2003).
13. Con riferimento, poi, in particolare, alla censura svolta in relazione alla
portata probatoria dei prodotti modelli P70, deve osservarsi che
l’obbligo di contestazione specifica è, invero, collegato alla sola precisa
allegazione dei fatti addotti dal ricorrente a sostegno della sua pretesa,
non anche alla documentazione dei relativi presupposti. L’operati -via
del principio di non contestazione delle risultanze di un documento
prodotto da una delle parti del giudizio presuppone, inoltre, un
requisito minimo, costituito dalla necessità che del documento stesso
sia pacifica l’esistenza dal punto di vista giuridico (Cfr. Cass. 28.5.2013
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all’esame.

n. 13206, in cui, essendo state prodotte in giudizio fotocopie
incomplete, prive di sottoscrizione, di polizze assicurative, delle quali
risultava pertanto impossibile verificare la validità, si è escluso che tale
produzione documentale fosse idonea a consentire l’operatività del
principio di non contestazione).

indicazione dei pezzi lavorati nell’anno 2002-2003, sintomatica della
“più intensa attività” , non era sufficiente mancando la corretta analisi
dei flussi di attività dell’organico complessivo (nella composizione
stabile e precaria) e dell’indicazione delle risorse normalmente
impiegate nel settore interessato.
15. In concreto è stato ritenuto non assolto l’onere di allegazione e prova
da parte dell’utilizzatrice, insufficiente il generico richiamo alla più
intensa attività e la motivazione della decisione sul punto non è stata
fatto oggetto di adeguata censura, sicchè, dovendo ritenersi corretta la
decisione di ritenere necessario il controllo di effettività, deve ritenersi
che la ratio decidendi non sia stata scalfita da una precisa denunzia che
configuri un vizio della decisione al riguardo.
16. Peraltro deve osservarsi che in sede di legittimità è. consentita soltanto
la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del
merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di
controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
(cfr., tra le altre, Cass., s. u., 5802/1998; Cass. nn. 15693/2004,
11936/2003).
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14. Nel caso considerato, la Corte del merito ha rilevato che la mera

17. Il problema posto dal quarto motivo è, poi, quello di stabilire, a fronte
di un contratto di fornitura illegittimo, quali sanzioni sono previste
dalla legge e nei confronti di quali soggetti.
18. 1..a legittimità del contratto di fornitura costituisce il presupposto per la

stipulazione di un legittimo contratto per prestazioni di lavoro

19. Per scelta legislativa i vizi del contratto commerciale di fornitura tra
agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riverberano sul contratto di
lavoro.
20. IMlegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze
previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle
prestazioni di lavoro, e quindi l’instaurazione del rapporto di lavoro
con il fruitore della prestazione, cioè con il datore di lavoro effettivo.
Infatti, l’art. 10, comma 1, collega alle violazioni delle disposizioni di
cui all’art. 1, commi 2, 3, 4 e 5 (cioè violazioni di legge concernenti
proprio il amtratto commerciale di fornitura), le conseguenze previste
dalla legge 1369 del 1960, consistenti nel fatto che “i prestatori di
lavoro sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze
dell’imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro
prestazioni”. In tal senso questa Corte si è espressa, in modo univoco e
costante, con una pluralità di decisioni, a cominciare da Ca.ss. 23
novembre 2010 n. 23684; Cass. 24 giugno 2011 n. 13960; Cass. 5 luglio
2011 n. 14714 alle ci i motivazioni si rinvia per ulteriori
approfondimenti).
21. Le medesime sentenze hanno precisato che alla conversione soggettiva
del rapporto, si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo
determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza
dei requisiti richiesti dal D.Lgs. n. 368 del 2001 ai fini della legittimità
del lavoro a tempo determinato tra l’utilizzatore ed il lavoratore (sul
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temporaneo.

punto v. anche: Cass. 6933/2012, Cass. 5.12.2012 n. 21837, Cass.
17.1.2013 n. 1.148).
22. L’effetto finale è la conversione del contratto per prestazioni di lavoro
temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato
tra l’utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il

23. Pertanto, trova applicazione il disposto di cui alla L. 24 giugno 1997, n.
196, art. 10 e dunque quanto previsto dalla L. 23 ottobre 1960, n. 1369,
art. .1 per cui il contratto di lavoro col fornitore “interposto” si
considera a tutti gli effetti instaurato con l’utilizzatore “interponente”
(v. Cass. 24.6.2011 n. 13960; Cass. 5.12.2012 n. 21.837, Cass. 17.1.2013
n. 1148 cit.).
24. Quanto al motivo che investe la ritenuta inapplicabilità della I,. n. 183
del 2010, art. 32, è pur vero che, ove la sentenza di primo grado che
abbia dichiarato la illegittimità del termine ed ìl diritto al risarcimento
venga impugnata solo sulla prima questione, non si forma il giudicato
sulla seconda, giacche quest’ultima non costituisce capo autonomo,
passibile di passaggio in giudicato in assenza di impugnazione,
trattandosi di capo dipendente da una statuizione sottoposta ad appello
(tra le tante v. Cass. 23 febbraio 2009, n. 4363; id. 2 marzo 2010, n..
4934; si veda anche Cass. 23 marzo 2012, n. 4732); travolta, dunque, la
prima statuizione sulla illegittimità del termine è, dunque, venuta meno
la statuizione sul quantum per l’effetto espansivo che la riforma o la
cassazione produce effetti sui capi dipendenti (art. 336 cod. proc. civ.).
25. Diversamente deve, però, opinarsi, ove la pronunzia impugnata venga
confermata: in questo caso non può che formarsi la preclusione sulla
questione del

tplaf119022,

poichè non sottoposta ad impugnazione (così

(ass. .19 agosto 2003, n. 12176; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4701).

Ric. 2013 n. 13278 sez. ML – ud. 20-04-2016
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lavoratore.

26. Non vi è stata, sul punto del risarcimento, alcuna chiara individuazione
delle censure in concreto mosse alla inotivazione della sentenza di
primo grado ed alcuna contrapposizione, alle argomentazioni svolte da
questa, di quelle dell’appellante, volte ad incrinarne il fondamento
logico-giuridico (cfr. ex multis Cass., Sez. Un., 9 novembre 2011, n.

27. La questione dell’applicabilità della I_ n. 183 del 2010, art. 32 all’ipotesi
di ritenuta nullità del termine apposto al contratto di fornitura di
lavoro temporaneo è, poi, assorbita dalle considerazioni che precedono
Cass., sez.sesta-L n.26042/20157 .t.).
28. Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
29. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della
società e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
30. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al
30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del d.P.R. n.
115/2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n.
228/2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a
Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).
31. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente
impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in
conformità.

P.Q.M.

1,a Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate in curo 100,00 per spese, curo
4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge,
nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15%. Ai sensi del
D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma i uater, da atto della
Ric. 2013 n. 13278 sez. ML
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9 3 9 99).

sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

A ~urlo Oiudiziarie

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2016

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