Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11061 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 27/04/2021), n.11061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –

Dott. GALATI Vincen – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet T. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 25290 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

Daniel s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del

controricorso, dall’Avv. Beniamino Migliucci ed elettivamente

domiciliata in Roma, Via Q. Visconti, n. 20 presso lo studio

dell’Avv. Angela Buccico;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 44/1/15 della Commissione tributaria di

secondo grado di Bolzano depositata il 27.3.2015;

udita nella camera di consiglio del 29.1.2021 la relazione svolta dal

consigliere Vincenzo Galati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato il 22.3.2012 con il quale l’Agenzia delle Entrate di Bolzano ha contestato alla società Daniel s.r.l. una maggiore pretesa erariale relativa all’anno 2007 per avere ricevuto e contabilizzato fatture d’acquisto riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalla società Sar Auto s.r.l. ritenuta interposta al reale venditore comunitario.

La verifica ha accertato come tale società fosse, in realtà, una c.d. “cartiera” priva, quindi, di una struttura aziendale evidenziando, altresì plurimi elementi dai quali desumere l’interposizione fittizia e la fatturazione soggettivamente inesistente.

Avverso l’accertamento la società contribuente ha proposto ricorso al quale ha resistito l’Amministrazione.

La Commissione tributaria provinciale di primo grado di Bolzano lo ha accolto compensando le spese del giudizio.

Con sentenza n. 44/1/15 la Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano ha confermato la decisione.

La CTR, compiuta una premessa sull’orientamento giurisprudenziale, anche sovranazionale, in materia di ripartizione dell’onere della prova in tema di fatture soggettivamente inesistenti, ha analizzato gli elementi posti a fondamento della ripresa tributaria affermandone l’insufficienza, a fronte di quelli addotti dalla contribuente, per sostenere la conoscenza o la conoscibilità della partecipazione della stessa al meccanismo fraudolento della Sar Auto.

Le spese di lite sono state compensate.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandolo a due motivi.

La contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., dell’art. 132c.p.c., comma 1, n. 4, degli artt. 324 e 329c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, artt. 53,54 e 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Le argomentazioni della sentenza vengono ritenute apodittiche e dunque prive di motivazione effettiva (avendo svalutato il dato, per esempio, dell’antieconomicità delle operazioni compiute), intrinsecamente contraddittorie (per non avere adeguatamente illustrato il contenuto della prova che avrebbe dovuto fornire l’Amministrazione, negato ed escluso il contatto diretto della società con i venditori comunitari) ed illogiche (per avere negato, almeno, la conoscibilità della natura di cartiera della Sar proprio per il fatto di non essersi mai recati presso la stessa i rappresentanti della ricorrente) anche per avere immotivatamente svalutato la riconosciuta antieconomicità delle operazioni.

Peraltro, la Commissione di secondo grado, non ha adeguatamente tenuto conto della natura di cartiera della Sar Auto e del fatto che tale circostanza è stata affermata dal giudice di primo grado e mai contestata, in seguito, dalla contribuente per come desumibile dalle controdeduzioni della società nel giudizio di secondo grado trascritte alle pagg. 23 – 35 del ricorso per cassazione.

2. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 2697,2727,2729 e 2909 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54, della Dir. CEE 17 maggio 1977, n. 77/388/CE, art. 17 e della Dir. CEE 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, art. 167 (come interpretati dalla giurisprudenza comunitaria), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Gli “errores in iudicando” sarebbero derivati da una lettura atomistica degli elementi valorizzati dall’Ufficio che, secondo la Commissione di secondo grado, non avrebbe nemmeno adempiuto all’onere della prova della diretta partecipazione contribuente all’attività fraudolenta.

Lamenta, sul punto, riportando, anche in questo caso ampi stralci di decisioni di legittimità, il malgoverno, da parte dei giudici di merito, dei criteri di ripartizione dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.

3. Deve essere prioritariamente esaminato il secondo motivo di ricorso.

4. Allo scopo di apprezzare la decisività degli elementi fattuali indicati nel verbale di constatazione della Guardia di Finanza e nell’atto di appello di cui si è detto, occorre avere riguardo alla giurisprudenza che si è formata in tema di ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione e contribuente nella materia delle operazioni soggettivamente inesistenti.

E’ acquisizione pacifica quella secondo cui “in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (fra le molte Cass. sez. 5, 20.4.2018, n. 9851).

In particolare, l’onere della prova che grava sull’amministrazione riguarda il dato della consapevolezza del cessionario e va ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obiettivi e specifici, che spetta all’amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in una evasione all’iva e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare ed afferenti ad una sua sfera di azione.

Nella decisione citata la Corte ha anche indicato, a titolo esemplificativo, quali elementi potrebbero avere rilevanza sintomatica o presuntiva della consapevolezza dell’evasione.

Fra questi, rientrano, ad esempio, “l’acquisto di beni ad un prezzo inferiore di mercato, la limitatezza dell’eventuale ricarico, la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione, la scelta di operare secondo canali paralleli di mercato (che esige una più attenta e approfondita valutazione dei propri interlocutori, proprio per verificarne l’effettività), (…), la tempistica dei pagamenti, in ‘specie se incrociati od operatì su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali, ovvero se effettuati cash, la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali, il numero, la quantità e la durata delle transazioni, in ispecie a fronte di rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera, ovvero nel caso in cui il contribuente abbia rapporti commerciali con una pluralità di soggetti aventi la qualità di cartiera”.

5. Nel caso di specie ricorrevano, secondo gli accertamenti, proprio alcune di tali circostanze: anomalie dei prezzi di acquisto e vendita, consegna delle automobili direttamente dall’estero alla contribuente senza passare, effettivamente, dalla venditrice, inadeguatezza della struttura operativa della Sar Auto s.r.l..

Alcuni di tali elementi sono stati completamente pretermessi nell’analisi della CTR, altri sono stati svuotati di significato con una motivazione atomistica degli stessi e senza un giudizio globale e complessivo della loro rilevanza.

Tale deve intendersi il riferimento alla circostanza che i prezzi praticati fossero “di mercato” sulla base di una, non meglio precisata, “perizia prodotta in atti” il cui contenuto è rimasto ignoto.

Analogamente, pare di stile l’argomentazione secondo cui la mancanza di una struttura operativa della Sar sia da ritenersi irrilevante.

Peraltro, per ritenere fondata la ripresa fiscale, non è richiesta la dimostrazione della dolosa partecipazione della Daniel al meccanismo frodatorio posto in essere dalla cartiera.

Indubbiamente vi è stato un carente esame dei dati di fatto indicati nel ricorso per cassazione dall’Agenzia e sopra descritti il che ha impedito di valutare, in termini completi, l’assolvimento, nel caso di specie, da parte dell’Amministrazione e della contribuente dei rispettivi oneri probatori in quanto, solo a fronte di una integrale valorizzazione di tutti gli elementi emersi dall’accertamento, si sarebbe potuto compiere una esaustiva disamina.

6. A ciò si aggiunga che gli elementi valorizzati dalla Commissione di secondo grado attengono, prevalentemente, se non esclusivamente, ad aspetti formali delle transazioni intercorse con la (riconosciuta) “cartiera”; aspetti che non possono assumere rilievo decisivo se solo si considera che, quanto alla inadeguatezza della struttura operativa della Sar Auto s.r.l.; appare rilevante l’arresto secondo cui “in tema di evasione dell’IVA a mezzo di frodi carosello, quando l’operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, l’onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa nè assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l’interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta” (Cass. sez. 5, 21 aprile 2017, n. 10120).

Buona fede che, nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto provata dal fatto che “non risulta” che “i legali rappresentanti della Daniel s.r.l. sia siano mai recati a Pietrelcina e neppure che fossero a conoscenza di tale elemento”.

A fronte della prova offerta, non gravava sull’Amministrazione dimostrare la mala fede, ma alla contribuente dimostrare la buona fede ed è evidente che essa non può desumersi dal solo elemento negativo valorizzato in sentenza.

7. Da quanto esposto discende l’accoglimento del secondo motivo di ricorso con assorbimento del primo.

Ne consegue la cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, per nuovo giudizio e regolamentazione delle spese del presente grado.

PQM

La Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso e, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

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