Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11060 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 27/04/2021), n.11060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –

Dott. GALATI Vincen – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 19260 del ruolo generale dell’anno 2014

proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

Daniel s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso,

dall’Avv. Beniamino Migliucci ed elettivamente domiciliata in Roma,

Via Q. Visconti, n. 20 presso lo studio dell’Avv. Angela Buccico;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 8/1/14 della Commissione tributaria di secondo

grado di Bolzano depositata il 23.1.2014;

udita nella camera di consiglio del 29.1.2021 la relazione svolta dal

consigliere Vincenzo Galati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda trae origine da un processo verbale del 28.6.2007 con il quale la Guardia di Finanza di Bolzano ha contestato alla società Daniel s.r.l. di avere ricevuto e contabilizzato fatture d’acquisto riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti in quanto emesse da diverse società operanti nel commercio di autovetture, con conseguente indebita detrazione di IVA.

La verifica ha accertato come le società fornitrici fossero c.d. “cartiere” prive, quindi, di una struttura aziendale e che la Daniel s.r.l. fosse coinvolta nella truffa attraverso il sistema delle “frodi carosello”.

Con il conseguente avviso di accertamento è stata recuperata l’IVA indebitamente detratta per gli anni 2003, 2005 e 2006.

Avverso l’accertamento la società contribuente ha proposto ricorso al quale ha resistito l’Amministrazione.

La Commissione tributaria provinciale di primo grado di Bolzano lo ha accolto compensando le spese del giudizio.

Con sentenza n. 8/1/14 la Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano ha confermato la decisione.

La CTR ha evidenziato come le autovetture siano state realmente acquistate e la società non abbia usufruito delle false fatturazioni.

Inoltre, ha rilevato che i prezzi praticati fossero in linea con quelli di mercato e che nessuna anomalia fosse emersa dai pagamenti effettuati all’estero.

Ha escluso, dunque, la prova della consapevolezza della società di partecipare alla frode carosello.

Le spese di lite sono state compensate.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandolo ad un motivo.

La contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo di ricorso consiste nella censura di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Nell’illustrare il motivo la ricorrente Agenzia richiama il contenuto del verbale di accertamento nel quale sono stati indicati gli elementi posti a fondamento dello stesso; elementi successivamente ripresi e riportati anche nell’atto di appello, anch’esso parzialmente trascritto nel ricorso per cassazione.

In sostanza, è emerso che la società controricorrente, operante nella commercializzazione di autovetture, ha acquistato numerosi automezzi da una pluralità di imprese venditrici che non hanno presentato dichiarazioni a fini IVA, o hanno presentato dichiarazioni esigue e che non hanno versato l’imposta.

I legali rappresentanti di alcune società sono stati denunciati per reati fiscali ed altri hanno precedenti penali anche per reati tributari.

E’ emerso l’acquisto da parte delle cartiere da operatori intracomunitari e la rivendita alla Daniel s.r.l. a prezzi “sottocosto”, potendo comunque contabilizzare l’operazione (portando in detrazione l’IVA) per non essere avvenuto l’acquisto direttamente all’estero e rivendendo l’automobile ad un prezzo inferiore rispetto a quello corrente.

Inoltre le automobili arrivavano dall’estero direttamente presso la sede della Daniel s.r.l. ed i pagamenti avvenivano con bonifici bancari su conti esteri.

Si tratta dei medesimi elementi fattuali esposti nell’atto di appello avverso la decisione di primo grado.

2. Tanto premesso si ritiene infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente.

Secondo la granitica giurisprudenza formatasi sul novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e diverse conformi successive fra le quali, da ultimo, Cass. sez. 2, 29 ottobre 2018, n. 27415).

3. Rientrano nella nozione di “fatti storici”, laddove oggetto della controversia siano operazioni (asseritamente) soggettivamente inesistenti, gli elementi fattuali posti a fondamento dell’accertamento.

A condizione, tuttavia, che tali “fatti” possano reputarsi “decisivi” ai fini della formulazione del giudizio.

Il fatto è decisivo quando il relativo esame che è stato omesso avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

4. Allo scopo di apprezzare la decisività degli elementi fattuali indicati nel verbale di constatazione della Guardia di Finanza e nell’atto di appello di cui si è detto, occorre avere riguardo alla giurisprudenza che si è formata in tema di ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione e contribuente nella materia delle operazioni soggettivamente inesistenti.

Se, dunque, si pone attenzione a quanto reiteratamente, ormai, affermato da questa Corte sul tema, si può evidentemente cogliere la “decisività” degli elementi la cui valutazione è stata completamente pretermessa dalla CTR.

E’ acquisizione pacifica quella secondo cui “in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (fra le molte Cass. sez. 5, 20.4.2018, n. 9851).

In particolare, l’onere della prova che grava sull’amministrazione riguarda il dato della consapevolezza del cessionario e va ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obiettivi e specifici, che spetta all’amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in una evasione all’IVA e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare ed afferenti ad una sua sfera di azione.

Nella decisione citata la Corte ha anche indicato, a titolo esemplificativo, quali elementi potrebbero avere rilevanza sintomatica o presuntiva della consapevolezza dell’evasione.

Fra questi, rientrano, ad esempio, “l’acquisto di beni ad un prezzo inferiore di mercato, la limitatezza dell’eventuale ricarico, la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione, la scelta di operare secondo canali paralleli di mercato (che esige una più attenta e approfondita valutazione dei propri interlocutori, proprio per verificarne l’effettività), (…), la tempistica dei pagamenti, in ispecie se incrociati od operati su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali, ovvero se effettuati cash, la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali, il numero, la quantità e la durata delle transazioni, in ispecie a fronte di rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera, ovvero nel caso in cui il contribuente abbia rapporti commerciali con una pluralità di soggetti aventi la qualità di cartiera”.

5. Nel caso di specie ricorrevano, secondo gli accertamenti, proprio alcune di tali circostanze: pagamenti su conti esteri, pluralità di rapporti con soggetti risultati essere, secondo quanto sostenuto nella stessa sentenza, cartiere, anomalie dei prezzi di acquisto e vendita, consegna delle automobili direttamente dall’estero alla contribuente senza passare, effettivamente, dalla venditrice.

Alcuni di tali elementi sono stati completamente pretermessi nell’analisi della CTR, altri sono stati svuotati di significato con una motivazione meramente apparente (tale deve intendersi l’affermazione secondo cui i pagamenti all’estero non avrebbero evidenziato “anomalie di sorta”).

Il carente esame di tali dati ha impedito di valutare, in termini completi, l’assolvimento, nel caso di specie, da parte dell’Amministrazione e della contribuente dei rispettivi oneri probatori in quanto, solo a fronte di una completa valorizzazione di tutti gli elementi emersi dall’accertamento, avrebbe potuto formularsi il giudizio in ordine alla conoscenza o conoscibilità da parte della contribuente della inesistenza soggettiva delle operazioni.

6. Da quanto esposto discende l’accoglimento del motivo di ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, per nuovo giudizio e regolamentazione delle spese del presente grado.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

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