Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11060 del 05/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 16/02/2017, dep.05/05/2017),  n. 11060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26907-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2212/39/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

14/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/02/2017 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 2212/39/2015, depositata il 14 aprile 2015, non notificata, la CTR del Lazio – sezione staccata di Latina – ha rigettato l’appello proposto nei confronti del Dott. S.A. dall’Agenzia delle Entrate per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Latina, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che il Dott. S., medico di base convenzionato con il SSN, aveva presentato per l’Irap versata per gli anni dal 2006 al 2008. Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

L’intimato non ha svolto difese.

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la sentenza impugnata totalmente trascurato di considerare, ai fini della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, la circostanza relativa all’impiego da parte del contribuente di collaboratori (per l’anno 2006 due persone), cui risultavano erogati compensi per gli anni di riferimento.

Il motivo è manifestamente fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451, cui si è uniformata la successiva giurisprudenza), componendo il contrasto emerso nell’ambito della sezione tributaria, nella risoluzione di questione di massima di particolare importanza, hanno affermato il principio che il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.

L’avere la sentenza impugnata totalmente omesso l’esame delle mansioni svolte dal personale dipendente, se meramente esecutive o di segretaria e le concrete modalità d’impiego – potendosi ritenere che, per l’anno 2006 in cui il professionista si è avvalso della prestazione lavorativa di due unità, ove assunte entrambe con contratto part – time, l’attività di collaborazione delle stesse possa essere equiparata alla collaborazione di un’unità lavorativa a tempo pieno (cfr. anche, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 10 gennaio 2017, n. 383) – concretizza, dunque, il vizio denunciato dall’Amministrazione ricorrente, alla stregua del principio di diritto sopra enunciato, anche in considerazione del fatto che incombe al professionista, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in materia, l’onere di provare l’insussistenza dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo del tributo in oggetto (tra le molte cfr. Cass. sez. 5, 28 novembre 2014, 25311; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2014, n. 18749). Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla CTR del Lazio – sezione staccata di Latina – in diversa composizione, che svolgerà, alla stregua del principio di diritto innanzi richiamato, i necessari accertamenti di fatto in ordine alla natura delle mansioni svolte dalle due collaboratrici e circa le modalità di espletamento dell’anzidetta attività di collaborazione nello studio medico del contribuente (se a tempo pieno o parziale).

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio -Latina, in diversa composizione, cui demanda sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del sezione staccata di anche di provvedere, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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