Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1106 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. II, 19/01/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 19/01/2011), n.1106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 18159/06) proposto da:

P.A. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Mallus

Renzo ed elettivamente domiciliata in Roma, via Piave, n. 49;

– ricorrente –

contro

C.L. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

anche disgiuntamente, dagli Avv. Caredda Vincenzo, Maria Laura

Rachele ed Pontecorvo Edoardo, in virtù di procura speciale apposta

a margine del controricorso, elettivamente domiciliato presso lo

studio del terzo in Roma, viale Carso, n. 77;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 47/2006,

depositata il 23 febbraio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 1

dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito l’Avv. Edoardo Pontecorvo per il controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Velardi Maurizio, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso e, in subordine, per il suo rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16 febbraio 1979, la signora P.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Cagliari il sig. C. L. e, sul presupposto che il genitore P.G., con atto pubblico del 16 marzo 1966, le aveva venduto, unitamente al predetto convenuto, in comune e per quote uguali la proprietà di tutti suoi diritti corrispondenti ad un terzo di terreno adibito a pascolo cespugliato in (OMISSIS) al foglio 27, mapp. 13, che il suddetto C. aveva in godimento per intero, chiedeva che si procedesse, previa individuazione di tale immobile, alla sua divisione reclamando l’attribuzione del proprio sesto con la correlata quantificazione dei frutti percepiti e percipiendi.

Costituitosi il convenuto, che resisteva alla domanda, all’esito della fase istruttoria, il tribunale adito, con sentenza del 14 novembre 2002, rigettò la domanda e condannò la parte attorea al pagamento delle spese di lite, avendo rilevato l’impossibilità di procedere alla divisione di due sesti di una quota astratta dei due terzi del mappale 13 in difetto della previa individuazione in concreto dell’area compravenduta, alla quale avrebbe dovuto provvedere la stessa P.A..

In virtù di appello ritualmente interposto da quest’ultima, l’adita Corte di appello di Cagliari, nella resistenza del C.L., con sentenza n. 47 del 2006 (depositata il 23 febbraio 2006), respingeva la proposta impugnazione, confermando la gravata decisione, e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata sentenza la predetta Corte territoriale rilevava l’infondatezza dell’appello sul presupposto che l’impugnata decisione costituiva il frutto dell’errata impostazione della domanda, con cui era stata chiesta la divisione in due sesti della quota di un terzo di cui all’atto pubblico, senza previamente procedere all’individuazione di essa in sede di esecuzione del contratto di compravendita, ovvero in una preventiva causa di divisione dell’intero mappale 13 in contraddittorio con tutti i soggetti intestatari di parti di esso.

Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la P.A., basato su un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso l’intimato C.L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo formulato la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – il vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla questione controversia della individuazione del bene oggetto della domanda.

In particolare, la P.A. ha censurato il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale siccome ritenuto errato, deducendo, sostanzialmente, che l’individuazione della proprietà di cui era chiesta la divisione era da ritenersi possibile e sarebbe stata sufficiente, in proposito, una c.t.u. per estrapolarla e procedere, conseguentemente, all’attribuzione delle rispettive quote, previa identificazione dell’esatta consistenza delle particelle (in base ad operazioni aritmetiche) e tenendo conto dei diritti spettanti agli altri contitolari del fondo indiviso.

Rileva il collegio che il motivo, come complessivamente formulato, si risolve, al di là di alcune ininfluenti contestazioni sull’esattezza di operazioni aritmetiche eseguite dalla Corte di appello di Cagliari, in una diversa valutazione delle stesse risultanze processuali già esaminate dalla medesima Corte territoriale, oltre che nella prospettazione della contestazione di alcuni accertamenti, effettuati dallo stesso giudice di appello in punto di fatto, in ordine alle dimensioni delle quote di terreno possedute dall’originario convenuto (attualmente controricorrente), se cioè di 1/3 o di 2/3 dell’intero lotto.

Tale motivo, così strutturato, non è meritevole di pregio giuridico poichè, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione.

La logicità del percorso motivazionale seguito dalla Corte di appello è, invece, certamente emergente nel caso di specie avendo la stessa, senza alcuna contraddizione e rispondendo anche alla richiesta di ammissione della c.t.u. (ancorchè in senso negativo, difettando i necessari presupposti per offrire all’ausiliario del giudice i corretti parametri di riferimento per lo svolgimento dell’incarico), sufficientemente evidenziato e chiarito che, non essendo individuata o individuabile la porzione di terreno corrispondente in natura alla quota di 1/3 acquistata dalla parti in causa nel 1966, non era possibile provvedere alla invocata divisione senza procedere, preliminarmente, a quella dell’intera particella 13, che, però, presupponeva l’instaurazione di un’autonoma controversia alla quale avrebbero dovuto partecipare, vertendosi in tema di litisconsorzio necessario, tutti i soggetti intestatari di parti del relativo mappale.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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