Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11059 del 19/04/2019
Cassazione civile sez. trib., 19/04/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 19/04/2019), n.11059
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25001-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.F., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’Avvocato VINCENZO AVANZATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 149/2011 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,
depositata il 08/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
14/02/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.
Fatto
RILEVATO
che con sentenza n. 149/25/11 pubblicata l’8
settembre 2011 la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia ha
confermato la sentenza n. 482/05/2007 della Commissione Tributaria
Provinciale di Agrigento con la quale era stato accolto il ricorso
proposto da B.F. avverso l’avviso di accertamento n.
(OMISSIS) emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate e
relativo ad IRPEF ed altro per l’anno d’imposta 2004 e con il quale
erano stati considerati ricavi non dichiarati e quantificati in base a
studi di settore, quale reddito di impresa derivante da attività di
allevamento di bestiame e qualificato invece dal contribuente come
agrario in assenza dei requisiti di legge;
che la Commissione Tributaria Regionale ha
motivato la propria decisione considerando l’illegittimità
dell’accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, senza
considerare le deduzioni del contribuente che aveva giustificato il
reddito dichiarato con una prolungata siccità che aveva compromesso le
riserve vegetative determinando anche rilevanti danni all’intero settore
zootecnico, e con le emergenze sanitarie che avevano causato
l’abbattimento di settecentocinque capi di bestiame nell’azienda;
che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a due motivi;
che B.F. ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che con il primo motivo si lamenta violazione di legge per erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3. con riferimento all’accertamento fondato su presunzioni
gravi, precise e concordanti che comportano l’inversione dell’onere
della prova a carico del contribuente, con conseguente legittimità del
ricorso agli studi di settore, e del calcolo del reddito fondato sul
numero dei capi di bestiame, sulla quantità di latte potenzialmente
ottenibile dagli ovini e caprini, e sulla quantità di lana ottenibile
dalla tosatura delle pecore, mentre il contribuente si era limitato a
generiche deduzioni sui motivi di riduzione dell’attività; con il
secondo motivo si deduce insufficiente motivazione su un punto decisivo
della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
che i due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto
riguardano entrambi la motivazione fondata su giustificazioni fornite
dal contribuente e ritenute sufficienti dal giudice del merito al fine
di contrastare le presunzioni dell’amministrazioni fondate sugli studi
di settore. I motivi sono inammissibili in quanto censurano una
valutazione operata dal giudice del merito che, con motivazione congrua e
logica, ha considerato gli elementi forniti dal contribuente a
giustificazione del reddito dichiarato e consistenti, in particolare, su
situazioni metereologiche caratterizzate da siccità con conseguente
danno alle riserve vegetative ed al patrimonio zootecnico, e su una
grave emergenza sanitaria che aveva procurato l’abbattimento di ben
settecentocinque capi di bestiame. Tali circostanze sono state valutate
dal giudice del merito e costituiscono prove fornite dal contribuente in
ottemperanza all’onere dedotto dall’attuale ricorrente. Il giudizio su
tali prove e la loro valutazione non sono censurabili in sede di
legittimità se, come nel caso in esame, logicamente e congruamente
motivati.
Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.400,00 per compensi, oltre
Euro 200,00 per esborsi e spese generali nella misura forfettaria del
15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019