Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11058 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 27/04/2021), n.11058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –

Dott. GALATI Vincen – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 20985 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

ESTATE s.a.s. (già ESTATE s.n.c. di P.A. e C.), in

persona del legale rappresentante P.A., P.A. e

P.G.E., rappresentati e difesi, giusta procura a

margine del ricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti

Giorgio Bottani, Giorgia Minozzi e Sandro Maria Musilli presso lo

studio del quale in Roma, Via Giulianello, 26, sono elettivamente

domiciliati;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 77/35/12 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia depositata il 19.6.2012;

udita nella camera di consiglio del 29.1.2021 la relazione svolta dal

consigliere Vincenzo Galati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 77/35/12 la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha esposto, in punto di fatto, che la società contribuente e i soci hanno proposto ricorso avverso la rideterminazione del reddito ad essi relativo per l’anno 2003.

La Commissione tributaria provinciale di Lodi ha respinto il ricorso e la CTR ha confermato la decisione reputata “immune da vizi logici e congruamente motivata”.

2. La sentenza ha dato atto del rigetto dell’eccezione di prescrizione e del fatto che la sentenza si è “occupata” dell’ulteriore eccezione di carenza di motivazione dell’accertamento relativo al recupero a tassazione dei costi relativi a fatture prive dei requisiti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 4, lett. b), in quanto emesse da società “cartiere”.

La CTR ha ritenuto, infine, “dirimente” “per il principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., che la ditta Estate S.a.s. doveva provare l’esistenza dei contratti di fornitura e dei pagamenti effettuati a saldo delle fatture: ciò che non ha fatto”.

La regolamentazione delle spese ha seguito la soccombenza.

3. La società ed i soci hanno proposto ricorso per cassazione affidandolo a tre motivi.

4. Ha resistito l’Agenzia con controricorso, mentre la contribuente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La motivazione viene definita “laconica” e comunque contraddittoria in quanto, a fronte della contestazione della inesistenza soggettiva delle fatture, è stata addebitata alla società la mancata prova dell’esistenza oggettiva del rapporto in contestazione.

Si sostiene l’assenza di un rapporto tra l’inesistenza soggettiva delle fatture, per come contestata nell’avviso di accertamento, e la prova del contratto e dei relativi pagamenti.

6. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 1325c.c., n. 4 e dell’art. 1350c.c. a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per essere stata addebitata alla parte privata la mancata prova di un contratto a forma libera.

Inoltre, sarebbero state violate le regole di ripartizione dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti spettando all’Amministrazione l’onere di fornire elementi idonei a dimostrare la fondatezza degli atti di imposizione ed al contribuente quello di confutarne i contenuti.

7. Con il terzo motivo si denuncia l’omessa motivazione “su un punto di gravame” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non essersi pronunciati i un’eccezione relativa alla modalità di computo asseritamente indebita per l’anno 2003.

8. La sentenza oggetto d’impugnazione è 19.6.2012 e, dunque, trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, antecedente alle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

La norma prevedeva il vizio di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio”.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte formatosi sotto la vigenza di quella norma “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. sez. un. 25 ottobre 2013, n. 24148).

Più recentemente è stato precisato che “il vizio di motivazione omessa o insufficiente si configura, in particolare, qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione (Cass. 25 ottobre 2013, n. 24148), ovvero il medesimo non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possano essere desunte degli elementi dimostrativi addotti in giudizio e indicati nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, essendosi limitato ad assumere l’insussistenza della prova, senza compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali (Cass. 2 marzo 2012, n. 3370), ovvero se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia (Cass. 18 marzo 2011, n. 6288)” (Cass. sez. L, 7 febbraio 2018, n. 2963, par. 10.5. della motivazione).

8.1. Alla luce di tale premessa, sono dunque fondati il primo ed il secondo motivo di ricorso che possono essere trattati congiuntamente.

La ricostruzione operata dalla CTR è decisamente carente in quanto si limita a riportare quanto deciso dal giudice di primo grado il quale ha respinto l’eccezione di prescrizione e si è “occupato” dell’eccezione di carenza motivazionale dell’accertamento.

Non è stato esplicitato in quali termini si sia pronunciato sulle eccezioni, nè è presente alcun riferimento (se non quello sul mancato assolvimento dell’onere della prova) sul tema principale del processo: l’inesistenza soggettiva delle operazioni per le quali la società ha dedotto i costi e la conseguente pretesa tributaria.

In tema oggetto dell’accertamento fiscale per il quale si procede, per come si desume dal ricorso per cassazione che riassume il contenuto degli avvisi, è totalmente pretermesso nell’impianto motivazionale della sentenza impugnata.

Ciò rende del tutto incomprensibili le ragioni della decisione e completamente scollegata dal resto della motivazione la considerazione afferente il mancato assolvimento dell’onere della prova in capo alla società contribuente.

Onere che, mancando ogni riferimento agli elementi fondanti l’accertamento, non si riesce affatto a comprendere su cosa avrebbe dovuto vertere.

D’altronde, venendo in questione la inesistenza soggettiva delle operazioni, la prova richiesta (l’esistenza dei pagamenti) non avrebbe certamente portato elementi a favore della contribuente in quanto non viene contestata l’effettività delle forniture (in realtà il ricorso fa riferimento a “lavori”) quanto, piuttosto, l’esatta individuazione degli effettivi autori di tali lavori.

Risulta dal ricorso che l’avviso di accertamento per il quale si procede ha avuto ad oggetto l’imputabilità soggettiva delle fatture pagate dalla società che fittiziamente sarebbero state emesse da società diversa (e dunque interposta) rispetto a quella effettivamente beneficiaria dei pagamenti.

Da qui il disconoscimento della deduzione dei costi.

Si tratta di profili che, come detto, sono stati del tutto pretermessi dal giudice di merito e che giustificano la valutazione di insufficienza della motivazione.

8.2. Si tratta, peraltro, di elementi dotati del requisito della decisività, in quanto afferenti la ripartizione e l’oggetto dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.

A tale proposito va ricordato che, secondo i più recenti arresti di questa Corte, “in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (fra le molte Cass. sez. 5, 20.4.2018, n. 9851).

In particolare l’onere della prova riguarda la consapevolezza del cessionario e va ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obiettivi e specifici che spetta all’amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in una evasione all’IVA e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare ed afferenti ad una sua sfera di azione.

8.3. L’accoglimento del primo e del secondo motivo ha carattere assorbente rispetto al terzo.

Ne consegue la cassazione della sentenza con rinvio alla CTR della Lombardia per nuovo giudizio e per la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo ed il secondo motivo e, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

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