Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11056 del 19/04/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/04/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 19/04/2019), n.11056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13911-2013 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V. MARIANNA

DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA DE CURTIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALDO STARACE, giusta procura a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE II NAPOLI;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 127/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 05/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/04/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDERICO SORRENTINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 127/32/2012, depositata il 5 aprile 2012, non notificata, la CTR della Campania rigettò l’appello proposto dalla sig.ra F.A. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado resa dalla CTP di Napoli, che aveva a sua volta rigettato il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate, con il quale era accertato a carico della stessa un maggior reddito di capitale in relazione al maggior reddito d’impresa accertato per l’anno 2003 a carico della società Avisud S.r.l., della quale la F. era socia con la partecipazione del 27%, con riferimento al prezzo non dichiarato di vendita da parte della società d’immobile.

La CTR motivava il rigetto dell’appello ritenendo che nella fattispecie trovasse legittima applicazione, in ragione della qualità di socia, ritenuta comprovata, della F. alla suddetta società a ristretta base partecipativa, la presunzione di distribuzione ai soci degli utili derivanti dal maggior reddito d’impresa della società in ragione di ricavi non dichiarati.

Avverso la succitata pronuncia della CTR della Campania la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, ulteriormente illustrato da memoria.

L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. La ricorrente assume che nella fattispecie in esame la CTR avrebbe deciso la controversia sulla base di argomentazione che viola il divieto di presunzione di secondo grado, imputando direttamente in capo alla contribuente il maggior reddito di capitale per trasparenza, in dipendenza dall’esito dell’accertamento nei confronti della società, laddove, trattandosi nella specie di società di capitali, il presupposto per la relativa imputazione era dato dall’effettiva distribuzione degli utili extracontabili ai soci in ragione delle rispettive quote di partecipazione.

1.2. Infine la ricorrente lamenta, nell’ambito dello stesso motivo, altresì, carenza di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di valutare, quand’anche fosse stato ritenuto legittimo il ragionamento presuntivo del giudice di merito, la prova contraria offerta dalla contribuente attraverso la produzione in giudizio dell’estratto conto relativo all’unico conto corrente bancario ad essa intestato per l’anno in contestazione, di non avere incassato alcunchè del ricavato della vendita dell’immobile da parte della società.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Esso risulta, con riferimento alla denunciata violazione di norme di diritto, carente in relazione all’esposizione dei fatti di causa rilevanti ai fini della decisione, nulla dicendo in relazione alla definitività o meno dell’accertamento notificato alla società, che si pone come presupposto per la correttezza del ragionamento inferenziale basato sulla presunzione, riguardo a società a ristretta base partecipativa, di distribuzione ai soci degli utili extracontabili; presunzione che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, è legittima, salva la prova contraria da parte del contribuente, non violando il divieto di presunzione di secondo grado, poichè il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale (cfr. tra le altre, Cass. sez. 6-5, 30 ottobre 2017, n. 25779; Cass. sez. 6-5, ord. 9 marzo 2016, n. 4656; Cass. sez. 5, 29 dicembre 2011, n. 29605; Cass. sez. 5, 22 aprile 2009, n. 9159).

2.2. Il motivo è inammissibile anche in relazione al profilo in cui la censura investe, in modo del tutto generico, la carenza motivazionale della sentenza con riferimento all’omesso esame della prova offerta dalla contribuente idonea a superare la succitata presunzione relativa. Atteso, infatti, che della documentazione che si assume prodotta nel giudizio di merito non vi è indicazione alcuna nella sentenza impugnata, la contribuente avrebbe dovuto indicare tempo e luogo della relativa produzione o riprodurne il contenuto, di modo che, laddove l’estratto bancario di conto corrente che si assume prodotto fosse stato esaminato, avrebbe dovuto assumere rilievo decisivo ai fini della diversa soluzione della controversia.

2.3. In mancanza di ciò la censura, seppur riferita in parte qua all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella sua formulazione applicabile ratione temporis),a fronte delle ulteriori affermazioni del giudice tributario d’appello che, con accertamento di fatto basato anche, con riferimento all’inidoneità della prova contraria a superare la presunzione relativa in esame, sul riferimento alla partecipazione della F. alle adunanze assembleari, non contestata dalla ricorrente, si risolve in un’inammissibile richiesta alla Corte di riesame nel merito degli elementi di prova addotti in giudizio rispetto alla valutazione fattane dal giudice tributario d’appello.

2.4. Il ricorso, basato su detto unico motivo, deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

3. Nulla va statuito riguardo alle spese, non avendo l’Amministrazione finanziaria depositato controricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019

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