Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11052 del 27/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11052 Anno 2016
Presidente: MIGLIUCCI EMILIO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 28672-2011 proposto da:
GROSSI

FRANCESCO GRSFMC38C081326M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VELLETRI 35, presso lo
studio dell’avvocato MARSILIO CASALE, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente2016
780

Nonché da:
PROCACCINI MAURIZIA PRCMRZ38M62H501E, elettivamente
domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 80,
presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MALARA,
rappresenta e difende;

che la

Data pubblicazione: 27/05/2016

- controricorrente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 917/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 03/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/04/2016 dal Consigliere Dott. LINA

udito l’Avvocato Casale Marsilio difensore del
ricorrente che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avv. Malara Antonio difensore della
controricorrente e ricorrente incidentale che si
riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROT che ha concluso per la
riunione dei ricorsi, per il rigetto del ricorso
principale e per l’assorbimento del ricorso
incidentale condizionato.

MATERA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 22-6-1989 Procaccini Maurizia
conveniva dinanzi al Tribunale di Roma Grossi Francesco,
lamentando che quest’ultimo aveva realizzato sul fondo contiguo a

distanze dai confini previste dai titoli d’acquisto e dalla legge,
aveva aperto vedute a distanza illegale ed aveva occupato
abusivamente parte di un terreno destinato a strada di lottizzazione,
con conseguente limitazione della viabilità della zona. L’attrice
chiedeva, conseguentemente, la condanna del convenuto alla
eliminazione dei predetti manufatti e al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della
domanda attrice e deduceva che, avendo costruito per primo e
posseduto le costruzioni per un periodo superiore a venti anni senza
alcuna opposizione da parte della vicina confinante, in suo favore
era maturata l’usucapione del diritto a mantenere le costruzioni a
distanza inferiore a quella legale. Il Grossi, inoltre, chiedeva in via
riconvenzionale la condanna della Procaccini alla riduzione in
pristino e alla interdizione all’uso di via Avella, assumendo che era
stata l’attrice a non rispettare le distanze convenzionali delle sue
edificazioni dal confine e contestando il diritto della controparte a
transitare sulla strada di lottizzazione Avella.

1

quello di sua proprietà delle costruzioni che non rispettavano le

Con sentenza n. 21337\1999 il Tribunale rigettava tutte le
domande, sul presupposto che la pendenza delle procedure di
condono precludesse ogni decisione nel merito.
Tale decisione veniva impugnata con appello principale dalla

Con sentenza n. 3748\2002 la Corte di Appello di Roma
riformava l’impugnata sentenza, condannando entrambe le parti ad
arretrare, mediante parziale demolizione, le costruzioni realizzate
sui lotti di rispettiva proprietà fino a stabilire un distacco di metri
quattro dal confine comune.
Avverso la predetta pronuncia proponeva ricorso per
cassazione il Grossi, lamentando, tra l’altro, con il secondo motivo,
l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in ordine
alla dedotta usucapione del diritto a mantenere le costruzioni
realizzate alle minori distanze accertate.
Con sentenza n. 16194\2007 la Corte di Cassazione, in
accoglimento del motivo in esame, cassava la sentenza di appello,
rinviando ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma per il
riesame della questione concernente l’eccepita usucapione.
Riassunto il giudizio dal Grossi, con sentenza n. 917\2011 la
Corte di Appello di Roma rigettava la domanda del convenuto intesa
alla declaratoria di usucapione, ritenendo non acquisita la prova
dell’epoca di realizzazione della costruzione e, quindi, del decorso
del prescritto termine ventennale.

2

Procaccini e con appello incidentale dal Grossi.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Grossi
Francesco, sulla base di tre motivi.
Procaccini

Maurizia

ha

resistito

con

controricorso,

proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a due

In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato
memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente principale lamenta
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo, in relazione all’affermazione contenuta
nella sentenza impugnata, secondo cui “dall’ulteriore missiva della
,
Procaccine> del 20-5-1994, indirizzata ai VV.UU. __emerge che in
quel periodo il Grossi operava lavori di sbancamento ad una
profondità di oltre 3,50 mt dal piano di calpestio del livello
naturale del terreno… La segnalazione è riscontrata dall’esito degli
accessi eseguiti dal C.T.U. che, nei primi mesi del 1994,
effettivamente verificava l’avvenuto sbancamento ad una profondità
di mt. 3,50 per 170 mq a confine con l’appellata”. Deduce, in
particolare, che l’invio di una missiva non dimostra la
corrispondenza a verità di quanto riferito dalla Procaccini e che, in
ogni caso, quanto denunciato dall’attrice e poi riscontrato dal
C.T.U. riguarda lavori di sbancamento e non lavori sull’edificio del
Grossi.

motivi.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la Corte
di Appello tenuto conto della documentazione prodotta dal Grossi,
da cui si evince che le costruzioni del medesimo sono state erette

citazione introduttiva del giudizio, nonché delle ammissioni
contenute nell’atto di citazione della Procaccini; circa il fatto che la
costruzione del convenuto era stata eseguita molto prima del 22-61989 e, in tale data, aveva già la sagoma attuale.
Con il terzo il ricorrente si duole della violazione dell’art.
233 c.p.c. e dell’omessa motivazione sulla richiesta del Grossi di
deferimento di giuramento suppletorio al convenuto, il quale aveva
offerto una probatio semipiena delle sue ragioni,.
2) 1 primi due motivi, che per ragioni di connessione possono
essere trattati congiuntamente, devono essere disattesi.
La Corte di Appello ha rigettato la domanda di usucapione
proposta in via riconvenzionale dal convenuto, per mancanza di
prova circa il decorso del prescritto termine ventennale dal
momento in cui l’organismo edilizio contestato è rimasto
individuabile nei suoi elementi strutturali essenziali. Essa ha
osservato, infatti, che il Grossi non ha fornito alcun elemento certo
circa l’epoca di realizzazione delle sue costruzioni, frutto di
successive edificazioni, rilevando, in particolare, che nessuna
valenza probatoria può attribuirsi all’autodichiarazione resa nel

nel 1966 e, quindi, oltre venti anni prima della notifica della

1986, ai fini della sanatoria, dal convenuto, secondo cui il
medesimo aveva realizzato circa 470 mq. a fini abitativi nell’anno
1966. Il giudice del gravame ha aggiunto che, al contrario, dalla
documentazione prodotta dalla Procaccini emergono “consistenti

epoca di gran lunga successiva a quella assunta dal Grossi.
Il giudizio espresso al riguardo dalla Corte territoriale risulta
sorretto da una motivazione esaustiva e congrua, con la quale è
stato dato adeguato conto delle ragioni della decisione.
Ciò posto, si osserva che le doglianze mosse dal ricorrente,
attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, da cui la
sentenza e’ immune, si risolvono, in realtà, in mere censure di
merito in ordine alla valutazione delle risultanze processuali
compiuta dal giudice di appello.
Ma, come è noto, la valutazione delle risultanze probatorie
rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito, il quale è
libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o
risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla
formazione dello stesso e di disattendere taluni elementi ritenuti
incompatibili con la decisione adottata, essendo sufficiente, ai fini
della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che
da questa risulti che il convincimento si sia realizzato attraverso
una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti
considerati nel loro complesso (Cass. 25-10-2003 n. 16087).

indizi” circa la collocazione dell’attività edilizia del convenuto in

I vizi di motivazione denunciabili in cassazione ai sensi
dell’art. 360 n, 5 c.p.c., pertanto, non possono consistere nella
difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal

spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio
convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la
attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (Cass. 14-10-2010 n.
21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006, n. 9368; Cass, 204-2006, n. 9234; Cass, 16-2-2006, n. 3436; Cass. 20-10-2005 n.
20322).
Né può dubitarsi della correttezza, sul piano giuridico, della
valutazione espressa dal giudice del gravame, secondo cui la
decorrenza del termine di usucapione va fissata nel momento in cui
l’organismo edilizio contestato sia individuabile nei suoi elementi
strutturali essenziali, idonei a palesarne la portata pregiudizievole
all’altrui diritto.
Tale affermazione risulta conforme al principio enunciato
dalla giurisprudenza, secondo cui, al fine della determinazione del
“dies a quo” per l’usucapione del diritto di servitù costituito dal
mantenimento dì una determinata opera a distanza illegale, deve
farsi riferimento non al momento di inizio della costruzione, ma a

6

giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché

quello nel quale questa sia venuta ad esistenza, mercé la
realizzazione di elementi strutturali ed essenziali, idonei a rivelare
anche al titolare del fondo servente l’esistenza di uno stato di fatto
coincidente con l’esercizio di un diritto reale di servitù (Cass. 29-

3) Anche il terzo motivo è infondato.
Deve, infatti, rammentarsi che il potere del giudice del merito
di deferire il giuramento suppletorio ha natura eminentemente
discrezionale, e il suo mancato esercizio, pur in presenza di
espressa richiesta di parte, non può formare oggetto di sindacato
alcuno in sede di legittimità, neppure sotto il profilo dell’omissione
di motivazione (Cass. 19-8-2002 n. 12235; Cass. 8-9-2006 n. 19270;
Cass. 2-4-2009 n. 8021).
Ti ricorrente, pertanto, non può dolersi del mancato esercizio
di una facoltà rimessa al potere discrezionale del giudice di merito
ed alla sua autonoma valutazione circa la sussistenza o meno della
semiplena probatio.
4) Per le ragioni esposte il ricorso principale deve essere
rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale
condizionato proposto dalla Procaccini.
Segue, per rigore di soccombenza, la condanna del ricorrente
principale al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel
presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

7

12-2005 n. 28784; Cass. 20-1-2010 n. 934).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il
ricorso incidentale e condanna il ricorrente principale al pagamento

esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13-4-2016

I

Consigliere estensore

Il Presidente

1

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delle spese, che liquida in euro 2.700,00, di cui curo 200,00 per

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