Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11051 del 27/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11051 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso 15813-2011 proposto da:
MUCCI

GIUSEPPE

M0CG9P63I22B519H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ELAMINIA 318, presso lo
studio dell’avvocato VITTORIO CAPPUCCILLI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrent 2016
588

contro

MUCCIACCIO MILENA MCCMLN67P57B519H, MUCCIACCIO MARCO,
MUCCIACCIO ANTONIO MCCNTN43L18C875M, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 36, presso lo
studio dell’avvocato ANTONIO IANNACCI, rappresentati e

Data pubblicazione: 27/05/2016

difesi dagli avvocati BENEDETTO CIANCI, FRANCO CIANCI;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 64/2010 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 23/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FALABELLA;
udito l’Avvocato CAPPUCCILLI Vittorio, difensore del
ricorrente che ha chiesto di riportarsi;
udito l’Avvocato CIANCI Benedetto difensore del
resistente che ha chiesto di riportarsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’accoglimento del II ° motivo assorbiti gli altri.

udienza del 15/03/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell’anno 2000 Mucci Giuseppe evocava in giudizio
Mucciaccio Milena, Mucciaccio Marco e Mucciaccio

Michele e Di brio Maria una unità immobiliare
costituita da porzione di fabbricato con annesso
giardino in Ferrazzano, via Leonardo da Vinci 51.
Costituiva pertinenza dell’unità immobiliare un’area
scoperta e l’attore aveva constatato che all’interno di
essa erano presenti condutture al servizio di altro
immobile ubicato nel medesimo stabile, di proprietà di
Milena e Marco Mucciaccio. Concludeva, pertanto,
chiedendo l’accertamento negativo dell’esistenza del
diritto di servitù sul proprio fondo, la cessazione
delle turbative, la rimozione delle opere e il
risarcimento del danno.
Nella resistenza dei convenuti il Tribunale di
Chieti dichiarava il fondo esente da servitù aventi ad
oggetto il passaggio delle condutture del gas,
dell’elettricità e dell’acqua in favore dell’immobile
di proprietà di Milena e Marco Muccaccio, ordinava a
questi ultimi la rimozione delle opere realizzate per
l’esercizio delle predette servitù che erano presenti
sul fondo attoreo e li condannava al risarcimento dei
danni, liquidati in via equitativa in C 2.000,00. Per
3

Antonio deducendo che aveva acquistato da Giglio

■,’4011 $9

quel che rileva in questa sede, inoltre, il tribunale
accertava la carenza di legittimazione passiva di
Antonio Mucciaccio, ma compensava le spese tra costui e

I convenuti in prime cure proponevano appello e in
fase di impugnazione si costituiva Giuseppe Mucci.
La Corte di appello di Campobasso, in parziale
riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda
di

negatoria servitutis

con riguardo alle condotte

idrica ed elettrica e condannava Milena e Marco
Mucciaccio al risarcimento nella minor somma di C
700,00; condannava poi lo stesso Mucci alla rifusione
delle spese processuali del precedente grado di
giudizio in favore dei difensori antistatari di Antonio
Mucciaccio.
Contro questa pronuncia ricorre per cassazione
Giuseppe Mucci con un atto di impugnazione che si
articola in quattro motivi. Resistono con controricorso
i Mucciaccio. Entrambe le parti hanno depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I controricorrenti hanno eccepito la tardività
dell’impugnazione avendo riguardo al giorno in cui si
sarebbe perfezionata la notificazione del ricorso, e
cioè al giorno in cui l’atto, notificato a mezzo del

4

l’attore.

servizio postale,

è pervenuto nella sfera dei

controricorrenti.
Di contro, la notifica di un atto processuale,

termine, si intende perfezionata, dal lato
dell’istante, al momento dell’affidamento dell’atto
all’ufficiale giudiziario, posto che, come affermato
dalle sentenze della Corte costituzionale n. 69/1994 e
477/2002, il notificante deve rispondere soltanto del
compimento delle formalità che non esulano dalla sua
sfera di controllo, secondo il “principio della
scissione soggettiva del momento perfezionativo del
procedimento notificatorio” (così Cass. 13 gennaio
2010, n. 359 e Cass. 6 febbraio 2007, n. 2565; il
principio è peraltro del tutto pacifico; tra le
pronunce più recenti che si sono espresse nel senso che
il momento di perfezionamento per il notificante, ai
fini della tempestività dell’impugnazione, è costituito
dalla consegna dell’atto da notificarsi all’ufficiale
giudiziario, cfr. Cass. 20 febbraio 2015 n. 3755).
Ebbene, rispetto al momento della consegna dell’atto
all’ufficiale giudiziario, il ricorso per cassazione
risulta essere tempestivo.
Con il primo motivo è lamentata violazione e falsa
1061 e 1062 c.c.. Sono

applicazione degli artt.
5

almeno quando debba compiersi entro un determinato

anzitutto denunciate plurime incongruenze che sarebbero
presenti nell’argomentare della sentenza di merito, la
quale si sarebbe basata su di una lettura incompleta e

particolare: era stato attribuito rilievo a una nota
del Comune di Ferrazzano relativa alla intervenuta
realizzazione delle linee di adduzione idrica, senza
considerare che nulla di specifico era ivi riferito
circa l’allaccio che riguardava la porzione immobiliare
assegnata a parte controricorrente; la circostanza per
cui l’allaccio risalisse al periodo 1980-1982 era
smentito da una deposizione testimoniale; nella propria
comparsa di risposta i Mucciaccio avevano dichiarato
che l’allaccio era stato realizzato da uno dei
controricorrenti e non dalla cooperativa originaria
proprietaria dell’area, come invece ritenuto dalla
corte di merito; non esisteva alcun elemento che
consentisse di affermare che la condotta aerea per
l’elettricità di cui all’allacciamento Enel del 1987 si
identificasse con la linea elettrica per cui è causa;
non aveva consistenza, sul piano motivazionale, il
richiamo agli atti notarili di assegnazione del giugno
1995 e dell’ottobre 1995, in cui si menzionava
l’esistenza di servitù attive e passive; la corte
distrettuale aveva indebitamente ritenuto priva di
6

non approfondita delle risultanze di causa. In

rilevanza la circostanza per cui nei suddetti atti di
assegnazione era dichiarato che gli immobili assegnati
risultavano essere sprovvisti di impianti; non poteva

quale aveva riferito che la porzione immobiliare
assegnata ai Mucciaccio risultava priva di servizi;
quanto riferito dal dante causa del ricorrente circa la
presenza di un rubinetto esterno dell’acqua corrente e
circa il fatto che l’alloggio da lui acquistato nel
1995 fosse dotato degli impianti non poteva valere per
l’appartamento assegnato a Mucciaccio; la corte
territoriale non aveva compiuto alcuna idonea verifica
diretta all’accertamento dello stato di asservimento
esistente nel 1995, essendosi limitata a rilevare la
preesistenza degli allacci alla rete idrica ed
elettrica. La sentenza impugnata inoltre aveva mancato
di considerare che la servitù per destinazione del
padre di famiglia creata non già dal proprietario
dell’unico fondo, ma da colui a cui il possesso sia
stato concesso dal proprietario stesso, può essere
costituita alla duplice condizione che quest’ultimo non
abbia ignorato la realizzazione delle opere e che ad
esse non si sia opposto: nella fattispecie dovevano
trovare applicazione i suddetti principi, visto che
l’allaccio alla rete elettrica era stato attuato da
7

essere ridimensionata la deposizione di un teste, il

Antonio Mucciaccio, che non era dimostrato fosse
possessore del fondo, mentre proprietaria dello stesso
era la cooperativa, nè risultava provata l’esistenza

Per la migliore comprensione della vicenda occorre
premettere che la contesa ha ad oggetto le condutture
idrica ed elettrica che sono collocate in un’area, oggi
nella titolarità del ricorrente, in cui la cooperativa
edilizia, originaria proprietaria, ha poi costruito lo
stabile in cui sono ricomprese l’unità immobiliare di
Nuoci e quella di Milena e Marco Mucciaccio; le
condutture sono ubicate, per la precisione, all’interno
dell’area scoperta di pertinenza dell’immobile di
Giuseppe Mucci.
La decisione della Corte di appello di Campobasso
si fonda, per quanto qui rileva, sulle seguenti
proposizioni: la consulenza tecnica d’ufficio aveva
accertato che prima del 1995, e cioè prima
dell’assegnazione definitiva dell’alloggio ai danti
causa del ricorrente, esisteva già la condotta idrica,
avendo il Comune di Ferrazzano dato atto, in una nota
del 2 dicembre 2003, che le linee di adduzione delle
reti idriche erano state realizzate a cura e spese
della cooperativa negli anni 1980-1982; il C.T.U. aveva
inoltre accertato che la condotta elettrica risaliva a
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delle suddette due condizioni.

un allaccio dell’Enel in favore di Antonio Mucciaccio
del 6 luglio 1987; negli atti di assegnazione
definitiva in favore dei danti causa del ricorrente e

riferimento all’esistenza di “servitù attive e
passive”, che erano poi quelle che interessavano l’area
in oggetto; la prova testimoniale espletata aveva dato
conto dell’esistenza, all’interno dell’abitazione poi
acquistata dal ricorrente, di un rubinetto con acqua
corrente collocato all’esterno e del fatto che
l’abitazione era dotata di tutti i servizi, escluso il
gas; detta circostanza faceva presumere che anche
l’alloggio assegnato nello stesso anno ai Mucciaccio si
trovasse in quella situazione; la prova testimoniale
era stata valutata apprezzando la maggiore o minore
attendibilità dei testi escussi, avendo anche riguardo
alle citate risultanze documentali; quindi da parte
della cooperativa edilizia era stata costituita una
servitù per destinazione del padre di famiglia
sull’area scoperta, a servizio dell’alloggio dei danti
causa di Giuseppe Mucci; tale servitù riguardava
infatti opere visibili e permanenti, dal momento che la
condotta idrica aveva, sia pure in parte, ossia per il
tratto non interrato, esteriore apparenza, mentre la
condotta elettrica, pur non possedendo completamente il
9

di Milena e Marco Mucciaccio si faceva espresso

requisito della stabilità, come rilevato dal consulente
tecnico, era presente nell’area controversa fin
dall’allaccio del 6 luglio 1987 e aveva continuato ad

definitiva degli alloggi.
Tale impianto motivazionale, nella sua completa
articolazione, appare sufficiente a dar ragione della
decisione assunta e, al contempo, risulta congruo nei
suoi sviluppi argomentativi.
Il ricorrente pur con censure mirate a questo o a
quell’accertamento compiuto dalla corte distrettuale,
pretenderebbe un complessivo riesame del materiale
probatorio, attraverso una diversa valorizzazione degli
elementi, anche presuntivi, che lo compongono, così da
sostituire al complesso dei riscontri che la sentenza
ha reputato decisivi, altre risultanze pure sottoposte
al vaglio del giudice del gravame.
Non può, però, l’istante accedere, in questa sede,
a un diverso apprezzamento delle risultanze su cui è
stata fondata la decisione impugnata. Infatti, il
ricorso per cassazione conferisce al giudice di
legittimità non il potere di riesaminare il merito
dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di
controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica
e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni

lo

esserlo negli anni successivi all’assegnazione

svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via
esclusiva, il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità

risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi
sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvi i casi
tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre
2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; in
senso sostanzialmente conforme: Cass. 6 aprile 2011, n.
7921; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477).
Inoltre, il mancato esame di elementi probatori
costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo
solo se le risultanze processuali non esaminate siano
tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non
di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre
circostanze sulle quali il convincimento è fondato,
onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base
(per tutte: Cass. 14 novembre 2013, n. 25608; Cass. 24
ottobre 2013, n. 24092; Cass. 28 giugno 2006, n.
14973): il che, nella fattispecie, deve escludersi,
tenuto anche conto che la pronuncia attribuisce rilievo
centrale al fatto che negli atti di assegnazione degli
alloggi si fece precisa menzione dell’esistenza di
11

e la concludenza e di scegliere, tra le complessive

”servitù attive e passive”: elemento, questo, pacifico,
e che la corte del gravame ha inteso come riferito al
passaggio delle linee idrica ed elettrica per cui è

sindacato nella presente sede, in quanto congruamente
motivato sulla scorta delle diverse risultanze portate
al suo esame (risultanze che ad essa corte competeva di
selezionare e valutare nella loro inferenza probatoria,
anche sulla scorta di presunzioni).
I rilievi che precedono valgono anche per
l’accertamento relativo al fatta che l’asservimento
fosse esistente nell’anno 1995, dal momento che gli
elementi di riscontro presi in considerazione dalla
corte molisana (i contratti di acquisto recanti il
richiamo alla servitù, la nota del Comune,
l’accertamento peritale quanto all’allaccio alla rete
elettrica, il contenuta della deposizione del dante
causa del ricorrente) sono state reputate cospiranti
nel senso di evidenziare che prima del 1995 le condotte
in questione erano già esistenti in loco.
Altra questione è quella, pure fatta valere dal
ricorrente, sottesa al principio, affermato da questa
S.C., per cui la situazione oggettiva idonea a far
sorgere la servitù per destinazione del padre di
famiglia a norma dell’art. 1062 c.c. può essere creata,
12

causa, in base a un convincimento che non può essere

non solo direttamente dal proprietario dell’originario
unico fondo, ma anche da colui al quale il possesso del
fondo sia stato concesso dal proprietario, a condizione

delle opere concretanti detta situazione di fatto e che
ad esse non si sia opposto (Cass. 7 marzo 2001, n.
3314; Cass.21 maggio 1991, n. 5714).
La censura investe, per la precisione, l’allaccio
alla linea elettrica, che la corte di Campobasso
asserisce essere stato posto in essere da Antonio
Mucciaccio, e non dalla cooperativa.
Non è anzitutto rilevante che Antonio Mucciaccio
rivestisse o meno la qualità di possessore del fondo,
dal momento che la servitù per destinazione del padre
di famiglia è stabilita

ope legis quando, al momento

della separazione dei fondi o del frazionamento
dell’unico fondo, lo stato dei luoghi sia posto o
lasciato, con opere o segni manifesti ed univoci, in
una situazione oggettiva integrante

de facto

il

contenuto della servitù, indipendentemente dalla
volontà del proprietario. La condotta del “lasciare” di
cui all’art. 1062, 1 ° co. c.c. si riferisce proprio al
caso in cui lo stato di assoggettamento non sia
direttamente ricollegabile alla volontà del
proprietario, ma questi lo abbia consapevolmente

13

che quest’ultimo non abbia ignorato la realizzazione

mantenuto fino al momento della separazione dei fondi.
Ciò che rileva, quindi, è che il proprietario del
fondo avesse conoscenza dello stato di cose

contrastato con un atto di volontà che lo escludesse
per l’avvenire.
Ora, la sentenza impugnata ha accertato che col
richiamo alle “servitù attive e passive” le parti dei
contratti di assegnazione definitiva dei due immobili
abbiano inteso far riferimento proprio alle servitù
relative all’adduzione idrica ed elettrica: e da questo
dato non può non discendere che la cooperativa,
originaria proprietaria dei due cespiti, volle
conservare la situazione di fatto preesistente.
Col secondo motivo è lamentata violazione e falsa
applicazione, sotto un diverso profilo, degli artt.
1061 e 1062 c.c., nonché omessa e insufficiente
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio. Il ricorrente rileva che la sentenza
impugnata avesse riconosciuto che la linea di adduzione
idrica fosse apparente soltanto in parte, e cioè nella
parte iniziale della tubazione, essendo per il resto
totalmente interrata, laddove il connotato della
visibilità doveva riguardare le opere nel loro insieme,
facendo comprendere a chiunque il contenuto e le
14

determinante l’asservimento e che non lo abbia

modalità di esercizio della servitù. Lamenta, poi, che
le acquisizioni istruttorie non fornivano elementi dai
quali desumere che nel giugno 1995 esistesse una

trasferita ai Mucciaccio e quali ne fossero il
tracciato e le caratteristiche. Infine, secondo
l’istante, la pronuncia non aveva considerato, con
riferimento alla conduttura elettrica, se essa avesse i
requisiti di stabilità al momento della cessione
dell’immobile.
Occorre ribadire che la corte di appello ha
rilevato che le opere destinate all’esercizio della
servitù risalivano, rispettivamente, agli anni 19801982 (per la linea di adduzione idrica) e al 1987 (per
la linea elettrica) e che nei contratti di assegnazione
degli alloggi si erano richiamate le “servitù attive e
passive” che gli interventi sopra indicati avevano reso
possibili: con ciò il giudice del gravame ha reputato
che nell’anno in cui ebbero luogo le predette
assegnazioni (1995) le opere destinate all’esercizio
delle servitù fossero esistenti. Quanto alla precisa
conformazione e al posizionamento delle condutture, il
giudice dell’impugnazione ha evidentemente ritenuto
che essi fossero all’epoca corrispondenti allo stato
attuale. Non risulta, peraltro, che una questione
15

condotta idrica al servizio della porzione immobiliare

specifica, relativa a una possibile, anteriore, diversa
localizzazione e morfologia delle opere deputate
all’esercizio delle contestate servitù sia stata mai

per cassazione siano prospettate questioni di cui non
vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della
parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione
di inammissibilità per novità della censura, non solo
di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al
giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio
di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in
quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia
fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare
ex actis

la veridicità di tale asserzione prima di

esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18
ottobre 2013, n. 23675; cfr. pure: Cass. 28 luglio
2008, n. 20518; Cass. 26 febbraio 2007, n. 4391; Cass.
12 luglio 2006, n. 14599; Cass. 2 febbraio 2006, n.
2270).
Per

quanto

attiene,

poi,

al

requisito

dell’apparenza della servitù di adduzione idrica,
ritiene il collegio che la sentenza non meriti nemmeno
sul punto censura. Infatti, la visibilità deve
riferirsi alle opere nel loro insieme, come inequivoca
espressione di una precisa funzione, ancorché
16

sollevata. E va rammentato che qualora con il ricorso

l’apparenza non debba estendersi in ogni caso all’opera
nel suo complesso (Cass. 17 febbraio 2004, n. 2994;
Cass. 7 agosto 1992, n. 9371; Cass. 24 aprile 1990, n.

a volte defilate ed interne, non avendo una intrinseca
rilevanza espressiva, sono necessariamente non
apparenti (Cass. 17 febbraio 2004, n. 2994, cit.; Cass.
24 aprile 1990, n. 3441, cit.). Infatti, la visibilità
delle opere destinate all’esercizio della servitù è un
carattere che non sempre si presta ad esemplificazioni
puramente teoriche, ma deve essere verificato caso per
caso (Cass. 17 febbraio 2004, n. 2994, cit.; Cass. 15
giugno 1976, n. 2225). Tale verifica è stata effettuata
dalla corte territoriale. La stessa si è poi espressa
al riguardo con valutazione congrua, perciò non
sindacabile nella presente sede, sottolineando come la
servitù presenti il connotato di una sufficiente
apparenza, essendo la conduttura ben visibile nella
parte non interrata, oltre che nei contatori e nelle
immediate sue derivazioni.
Il secondo motivo non ha dunque fondamento.
Col terzo il ricorrente si limita a rilevare che
la sentenza impugnata, ravvisata la legittimità delle
condotte idrica ed elettrica, ha evidenziato che i
danni andavano ridotti in considerazione del fatto che
17

3441), e pertanto anche a quelle parti che, per essere

l’illiceità della condotta di controparte era risultata
circoscritta alla sola condotta del gas, sicché
l’annullamento dalla sentenza per le ragioni esposte

della decisione.
Il motivo è inammissibile, in quanto non contiene
alcuna specifica censura.
Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e omessa
motivazione. Si duole il ricorrente della statuizione
nella sentenza impugnata con cui è stato condannato a
rimborsare ad Antonio Mucciaccio le spese legali del
primo e del secondo grado di giudizio, laddove la
sentenza di primo grado aveva ritenuto che
sussistessero i giusti motivi per la compensazione.
Secondo l’istante non si ravvisavano i presupposti
affinché il giudice d’appello modificasse la decisione
del giudice di prime cure e, comunque, la statuizione
adottata risultava totalmente priva di motivazione.
L’illegittimità della disposta riforma della pronuncia
relativa alla compensazione comportava, poi,
l’illegittimità, per violazione dell’art. 91 c.p.c.,
della decisione con cui lo stesso Mucci era stato
condannato a rifondere Antonio Mucciaccio delle spese
del secondo grado di giudizio.
18

dal ricorrente comportava la caducazione di tale capo

Il motivo non è fondato.
Deve premettersi che la domanda proposta dal
ricorrente nei confronti Antonio Mucciaccio è stata

Ciò posto, in tema di spese processuali, la
valutazione della opportunità della compensazione
totale o parziale delle stesse rientra nei poteri
discrezionali del giudice del merito, potendo essere
denunciate in sede di legittimità solo violazioni del
criterio della soccombenza (consistente nel divieto di
condanna alle spese della parte che risulti totalmente
vittoriosa), o liquidazioni che non rispettino le
tariffe professionali, con obbligo, in tal caso, di
indicare le singole voci contestate, in modo da
consentire il controllo di legittimità senza necessità
di ulteriori indagini (ex plurimis:

Cass. 29 aprile

1999, n. 4347; Cass. 14 aprile 2000, n. 4818; Cass. 2
febbraio 2001, n. 1485; cfr. pure Cass. 4 luglio 2011,
n. 14542). In particolare, poiché il sindacato della
Corte di cassazione è limitato ad accertare che non
risulti violato il principio secondo il quale le spese
non possono essere poste a carico della parte
totalmente vittoriosa, esula dai limiti commessi
all’accertamento di legittimità e rientra nel potere
discrezionale del giudice di merito la valutazione

19

disattesa.

dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le
spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza
reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti

Né l’impugnata decisione può ritenersi carente di
motivazione. Infatti, solo la compensazione deve essere
sorretta da motivazione, e non già l’applicazione della
regola della soccombenza cui il giudice si sia
uniformato, atteso che il vizio motivazionale ex art.
360, l ° co., n. 5, c.p.c., ove ipotizzato, sarebbe
relativo a circostanze discrezionalmente valutabili e,
perciò, non costituenti punti decisivi idonei a
determinare una decisione diversa da quella assunta
(Cass. 23 febbraio 2012, n. n. 2730; Cass. 2 aprile
1979, n. 1868).
In conclusione il ricorso è rigettato.
Segue, come da dispositivo, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali, che liquida in C
3.200,00, di cui C 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 2^ Sezione Civile, in data 14.3.2016.

motivi (Cass. 19 giugno 2013, n. 15317).

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