Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1105 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.18/01/2017),  n. 1105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ISA Claudio – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27849-2012 proposto da:

S.N. domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MAURIZIO VILLANI con studio in LECCE V.LE CAVOUR 56

(avviso postale ex art. 135) giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 10/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. D’ISA CLAUDIO;

udito per il ricorrente l’Avvocato VILLANI che si riporta agli

scritti difensivi;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Commissione Tributaria Regionale delle Puglie – sezione distaccata di Lecce – con la sentenza, indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello principale del contribuente e quello incidentale dell’Ufficio finanziario, proposti avverso la sentenza, resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi n. 73-1-04, con cui era stato parzialmente accolto il ricorso, proposto da S.N., avverso l’avviso di accertamento per Irpef ed altro in relazione all’anno 1995, emesso dall’Agenzia delle Entrate di Brindisi, sulla base del p.v.c. della Guardia di Finanza di Francavilla Fontana, all’esito di una verifica fiscale con controlli dei movimenti bancari del contribuente, eseguita nel periodo a cavallo tra il 2000 ed il 2001, che avevano portato a rideterminare il reddito di lavoro autonomo.

2. Propone ricorso in cassazione per sentire cassare la predetta sentenza di secondo grado lo S.N. affidandolo a due motivi.

2.1 Con il primo ed il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. con riferimento agli effetti della sentenza penale nel processo tributario.

Nel caso di specie si rappresenta che era intervenuta sentenza penale di assoluzione dai reati traenti origine dallo stesso processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza da cui era scaturito l’avviso di accertamento impugnato. La C.T.R., nonostante lo specifico motivo di impugnazione, rileva che si tratta dì questione non sottoposta ai giudici di primo grado, ancorchè la sentenza di assoluzione fosse avvenuta in data antecedente al giudizio stesso.

Si deduce cha la C.T.R. sia incorsa in errore nell’applicazione della regola di diritto inerenti i rapporti tra giudizio penale (sentenza di proscioglimento) e processo tributario; si deduce altresì l’omessa motivazione sul perchè della valutazione, ex art. 116 c.p.c., della pronuncia penale nei termini dell’irrilevanza nel processo tributario nel caso di specie, avendo solo esplicitato il giudizio nel quale si sostanzia la valutazione (contenuto statico), non descrivendo il processo cognitivo attraverso il quale sia addivenuto alla valutazione degli elementi probatori.

2.2 Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., con riferimento alla valutazione del giudicato esterno. Si rappresentava alla CTR che la C.T.P. aveva accolto analogo ricorso proposto avverso l’avviso di rettifica ai fini IVA per l’anno 1995 n. 800981, la relativa sentenza n. 91/01/01 era passata in giudicato.

2.3 L’Agenzia delle Entrate con controricorso si oppone ai rilievi di parte avversa evidenziandone l’assoluta infondatezza. In particolare, quanto ai primi due motivi del ricorso, rileva che nel giudizio tributario nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di assoluzione o di condanna, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano quelli stessi che fondano l’accertamento, in ragione dei limiti di prova in materia previsti con riferimento al processo tributario ed alle presunzioni anche semplici che., per converso, trovano ingresso in detto processo (V. Sentenza n. 8131 del 23 maggio 2012).

Quanto al terzo motivo di ricorso, evidenzia la pretestuosità della deduzione poichè la sentenza il cui giudicato è invocato argomenta della mancata allegazione del p.v.c., invece, nel presente processo risulta allegato e che, comunque, con particolare riferimento alla rilevanza del giudicato esterno in materia di processo tributario la Suprema Corte, con sentenza n. 2438 del 5 febbraio 2007. ha dichiarato che la sentenza passata in giudicato in riferimento all’IVA non può produrre effetti nell’analogo procedimento relativo alle imposte dirette.

2.4 Con memorie del settembre 2016 il ricorrente S.N. propone ulteriori motivi.

Con il primo e secondo motivo, in ragione della nuova formulazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, come modificato dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, n. 2), a seguito della sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, evidenzia che tale norma riguarda solo gli imprenditori e non anche i professionisti, in quanto si fa riferimento ai soli “ricavi” e non anche ai “compensi”, che, invece erano stati aggiunti dalla L. n. 311 del 2004, si argomenta, pertanto, che se la Corte Costituzionale avesse voluto limitare la presunzione ai versamenti e non anche ai prelevamenti, lo avrebbe scritto espressamente.

Con il terzo motivo si richiama la giurisprudenza di questa Corte con cui, nell’interpretare la disposizione normativa richiamata, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, si evidenzia che si sposta sempre sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ed i versamenti corrispondono ad importi riscossi nell’ambito dell’attività prettamente professionale.

In ragione di quanto esposto si chiede l’accoglimento del ricorso in quanto l’avviso impugnato è stato emesso dall’Agenzia delle Entrate a seguito di indagini bancarie basate solo esclusivamente su prelievi e versamenti effettuati in conto corrente dal professionista senza alcun ulteriore elemento probatorio.

2.5 Con memoria depositata il 7 ottobre 2016 si fa istanza di rimessione della controversia alle Sezioni Unite di questa Corte per dirimere il contrasto di giudicati di cui alla sentenza n. 16440 del 1 marzo 2016, depositata il 5 agosto 2016, con cui è stato accolto il ricorso del professionista perchè è definitivamente venuta meno la presunzione sia dei prelevamenti che dei versamenti, e alla sentenza n. 16697 del 14 marzo 29016, depositata il 9 agosto 2016, con cui è stato accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo i versamenti soggetti alla presunzione legale della normativa fiscale.

All’odierna udienza, dopo la relazione del Consigliere designato, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso, le parti si sono riportate ai propri scritti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso va rigettato.

Esaminando i motivi posti a base del ricorso non si può non convenire con i rilievi fatti dalla controricorrente Agenzia delle Entrate e dal Procuratore Generale di udienza relativi alla correttezza della motivazione della sentenza impugnata su tutte le censure rappresentate in ricorso.

5.1 Quanto a quella oggetto dei primi due motivi (in realtà, lo stesso ricorrente evidenzia che la C.T.R. ha fatto applicazione del principio dell’autonomia dei due processi e relativi giudizi, in quanto fondati su principi probatori diversi), la motivazione dell’impugnata sentenza è conforme al dettato normativo ed alla giurisprudenza di questa Corte, richiamata dalla controricorrente (Sez. 5, Sentenza n. 8129 del 23/05/2012, Rv. 622685, il cui principio giurisprudenziale è stato ribadito dalle successive sentenze Sez. 5, Sentenza n. 4924 del 27/02/2013,Rv. 625233 e Sez. 5, Sentenza n. 2938 del 13/02/2015, Rv. 634894) la quale evidenzia che della sentenza irrevocabile di assoluzione nel procedimento penale non può essere recepita tout court nel processo tributario, ma il giudice tributario può verificare la rilevanza della sentenza penale assolutoria ai fini dell’accertamento materiale dei fatti riguardanti la fattispecie al suo esame, quale elemento di prova.

Il ricorso sul punto è generico in quanto non si sono rappresentati, per vero neanche nel giudizio di appello, quei dati fattuali, emergenti dalla sentenza penale, rilevanti e favorevoli nel giudizio tributario.

5.2 Quanto al terzo motivo parimenti la motivazione dell’impugnata sentenza è conforme alla giurisprudenza di questa Corte. Invero con la sentenza n. 2438 depositata in data 5 febbraio 2007, questa sezione della Corte ha affermato il principio secondo cui una sentenza passata in giudicato in riferimento all’IVA non può produrre effetti nell’analogo procedimento relativo alle imposte sui redditi. Con tale sentenza, questa Corte – pur richiamando il principio affermato dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 13916 del 4 maggio 2006, della rilevanza del giudicato esterno nel processo tributario – ha ritenuto non applicabile, ad un caso analogo a quello sottoposto all’esame del Collegio, la “cosa giudicata” formatasi tra le stesse parti, sulle stesse questioni di diritto ma relativa ad imposte strutturalmente ed oggettivamente differenti.

6. Le censure di cui alla memoria difensiva del settembre 2016 sono inammissibili in quanto concernono, all’evidenza, motivi nuovi.

Parimenti è inammissibile, per irrilevanza, l’istanza di rimessione della controversia alle Sezioni Unite di questa Corte.

7. Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della costituita Agenzia delle Entrate che si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in complessivi Euro 2.2000,00, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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