Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11044 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 27/04/2021), n.11044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8079-2015 proposto da:

T.F., T.L., T.S., in qualità di

eredi di T.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ANTON GIULIO BARRILI 49, presso il Dott. DANIEL DE VITO,

rappresentati e difesi dall’avvocato VALERIO FREDA;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7121/2014 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA SEZ.

DIST. di SALERNO, depositata il 18/07/2014;

ildita la relazione della causà svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. T.L., T.F. e T.S. impugnavano la cartella di pagamento – notificata loro da Equitalia Polis s.p.a. quali eredi di T.P. – recante la somma di Euro 122.549,53 dovuta a titolo di imposta sostitutiva, giusto m.u. 2007, a seguito di rivalutazione del valore dei taluni terreni edificabili alienati dal de cuius, eccependo la carenza di legittimazione passiva per aver accettato con beneficio di inventario l’eredità del congiunto. La C.T.P. di Salerno respingeva il ricorso.

Proposto appello dai contribuenti, la CTR della Campania lo respingeva sul rilievo che i contribuenti non avevano dimostrato per esonerarsi dal pagamento che l’asse ereditario era stato utilizzato per pagare i creditori presentatisi in precedenza.

I contribuenti chiedono sulla base di tre motivi la cassazione della sentenza n. 7121/2014, depositata il 18 luglio 2014.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo, i contribuenti denunciano violazione dell’art. 331 c.p.c., in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2; per avere la CTR omesso di integrare il contraddittorio processuale con tutte le parti del processo di primo grado.

Deducono al riguardo di aver notificato il ricorso introduttivo sia all’Agenzia delle Entrate che alla società Equitalia Polis, entrambe regolarmente costituite nel giudizio di primo grado, mentre in appello provvedevano alla notifica nei confronti della sola Agenzia delle Entrate.

3. Con la seconda censura si lamenta la violazione dell’art. 490 c.c., comma 2, e dell’art. 498c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il decidente affermato la legittimità della cartella ancorchè avesse ritenuto la legittimità dell’accettazione con beneficio di inventario, atteso che la cartella era stata indirizzata agli eredi senza l’indicazione della limitazione dell’accettazione con beneficio di inventario, il che ha costretto loro a costituirsi in giudizio per poter far valere il limite.

4. Con il terzo mezzo, i contribuenti eccepiscono la nullità della sentenza per violazione dell’art. 156 c.p.c. – contrasto tra motivazione e dispositivo, per avere i giudici di appello affermato che gli eredi sono debitori nei limiti del patrimonio relitto e sempre che dimostrino che esso è stato destinato al soddisfacimento di altri creditori, per poi respingere l’appello, nonostante la cartella fosse stata indirizzata agli eredi senza indicazione del limite.

5. La prima censura è fondata, assorbite le altre.

Nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d’ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. n. 10934 del 2015; Cass. n. 27616/2018).

E’ affermazione costante di questa Corte (Cass. n. 14829 del 20/07/2016 e Cass. n. 16669 del 01/1072012) che “Il rapporto processuale facoltativo tra più soggetti nella fase d’introduzione del giudizio potendo il creditore agire separatamente, a norma dell’art. 1944 c.c., comma 1, nei confronti dei due debitori solidali, una volta instaurato dà luogo a un litisconsorzio processuale, che diventa necessario nei gradi d’impugnazione, se siano riproposti temi comuni al debitore principale e al fideiussore, sicchè il giudice d’appello, davanti al quale il fideiussore sollevi questioni attinenti al rapporto principale, non può negare ingresso ai relativi motivi di gravame in forza dell’acquiescenza prestata alla sentenza di primo grado dal debitore principale, ma è tenuto ad integrare il contraddittorio nei suoi confronti a norma dell’art. 331 c.p.c.”. L’art. 331 c.p.c., disciplinante il litisconsorzio nelle fasi di gravame, si applica non solo alle fattispecie in cui la necessità del litisconsorzio in primo grado derivi da ragioni di ordine sostanziale, ma anche a quelle di cd. litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio. Ne consegue che la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità. Detto orientamento giurisprudenziale deve essere ribadito nel caso di specie, non ravvisandosi ragioni per discostarsene, tenuto conto delle sopraevidenziate circostanze di introduzione dell’unico giudizio, in primo grado, sia nei confronti del dell’ente creditore che della società di riscossione che ha emesso l’atto impugnato.

L’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 c.p.c.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado. Ne consegue che, in entrambe le ipotesi, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. n. 26433/2017; Cass. n. 8790 del 29/03/2019). Ora, pur rilevando che tra ente impositore ed agente per la riscossione non sussiste, in effetti, litisconsorzio necessario di natura sostanziale, ben potendo partecipare al giudizio – nell’ipotesi in cui si contesti non soltanto la regolarità dell’azione di riscossione ma anche la fondatezza nel merito della pretesa impositiva – indifferentemente l’uno o l’altro (Cass. SS.UU. n. 16412/07 ed altre), altrettanto indubbio è che il vincolo di litisconsorzio avesse nella specie natura prettamente processuale; così da imporre che il giudizio di appello si svolgesse nei confronti di tutte indistintamente le parti del primo grado.

6. All’accoglimento del primo motivo, segue l’assorbimento degli altri. La sentenza impugnata va cassata e dichiarata la nullità del giudizio di secondo grado, con rinvio degli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, per il riesame della controversia.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, dichiarando la nullità del giudizio di secondo grado e rimette gli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile Corte di Cassazione, tenuta da remoto, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

 

 

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