Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11043 del 19/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 19/05/2011), n.11043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.A., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini n.

140, presso lo studio dell’Avv. LUCATTONI Pierlugi, che lo

rappresenta e difende, anche in Via disgiunta, con l’Avv. Massimo

Mimbelli del foro di Forlì come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PI 2000 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna n.

107 del 13.02.2007/26.04.2007 R.G. n. 212/2003.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28.04.2011 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Roberto Marineo, per delega dell’Avv. Pierluigi

Lucattoni, per il ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 106 del 2002 il Tribunale di Forlì respingeva il ricorso proposto da P.A. nei confronti della datrice di lavoro P.l. 2000 S.r.l., volto ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti ad infortunio sul lavoro, verificatosi il (OMISSIS).

Contro tale decisione il lavoratore proponeva appello, ripercorrendo tutta la vicenda relativa all’anzidetto infortunio presso il cantiere facente capo alla società datrice di lavoro e ponendo in rilievo l’anomala carenza di indagini sul luogo dell’infortunio e sulla sua dinamica.

L’infortunio, ad avviso del ricorrente, si era verificato dopo che egli si era portato attraverso un accesso, all’altezza del quarto piano, su un ponteggio esterno, privo di strutture di sicurezza:

mentre era intento al rimuovere un badile, per recuperare dei tubi destinati ad essere utilizzati per lo smaltimento del calcestruzzo ed era sul piano di calpestio, instabile e non protetto, della struttura esterna, aveva perso l’equilibrio ed era caduto nel vuoto.

Tale versione veniva contrastata dalla società appellata, che contestava all’infortunato di avere utilizzato il ponteggio esterno, facente capo ad altra ditta, incaricata di altri lavori; con assunzione quindi autonoma di rischio da parte dello stesso lavoratore.

La Corte di Appello di Bologna con sentenza n. 107 del 2007 ha confermato la decisione di primo giudice, osservando che l’appellante aveva fornito due diverse versioni dei fatti: con la prima aveva fatto solo cenno ad uno strumento di lavoro, che si trovava all’esterno, per recuperare il quale si era portato fuori, sul ponteggio, cadendo al suolo per la perdita dell’equilibrio, non ostacolata da strumenti di sicurezza, del tutto carenti; con la seconda – risultante dalla memoria autorizzata – deduceva che i tubi dovevano passare dall’esterno attraverso un’impalcatura dentro una finestra; aggiungeva che sull’impalcatura c’erano già i tubi ed egli aveva sciolto le catene che assicuravano i tubi alla gru; affermava ancora che per spostare il badile, che ingombrava, si era appoggiato ad un ferro dell’impalcatura scivolando e cadendo al pianterreno dal quarto piano.

Tutto ciò premesso, la Corte ha osservato che le diverse versioni dei fatti avevano determinato incertezza nella loro ricostruzione, tanto più che alle generiche dichiarazioni dell’unico resto indotto dal ricorrente si opponevano quelle rese dai testi della società resistente.

Il P.A. ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

La società P.I. 2000 S.r.l. non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione circa un fatto decisivo del giudizio relativo alle modalità dell’infortunio, ed in particolare con riguardo alle attrezzature presenti sull’impalcatura, da spostare e da condurre all’interno.

Con il secondo motivo il ricorrente, nel lamentare violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 53, 54 e 195, dell’art. 2697 cod. civ., e dell’art. 24 Cost., sostiene che il giudice di appello non ha considerato adeguatamente che la datrice di lavoro non aveva assolto agli obblighi di denuncia dell’infortunio, non consentendo al danneggiato di acquisire gli elementi necessari per la propria difesa in giudizio. Tale comportamento, ad avviso del ricorrente, avrebbe dovuto essere valutato dal medesimo giudice nella distribuzione dell’onus probandi.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 2087 cod. civ., rilevando che il giudice di appello non ha verificato – assodato che l’infortunio era riconducibile ad “occasione di lavoro” – l’adempimento degli obblighi imposti da tale norma per garantire l’incolumità del lavoratore, in particolare non ha verificato se la stessa società avesse posto essere tutte le necessarie misure per evitare l’infortunio.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 40 e 41 c.p., nonchè dell’art. 2087 cod. civ., ponendo in rilievo che – ai fini dell’affermazione del rischio elettivo in capo al lavoratore e di una esimente per la datrice di lavoro – il giudice di appello avrebbe dovuto accertare se la condotta del dipendente presentasse i caratteri della abnormità, inopinabilità, atipicità, eccezionalità ed esorbitanza rispetto la procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, non essendo sufficiente il semplice concorso della condotta del lavoratore per interrompere il nesso causale con le mansioni svolte. Il che nel caso di specie non era avvenuto.

2. Le esposte ed articolate censure, che possono essere esaminate congiuntamente in ragione della loro connessione, sono prive di pregio e vanno disattese. Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta – tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).

La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto delle risultanze acquisite, in specie delle dichiarazioni dei testi della società appellata e dell’unico teste di parte appellante, come già detto, e giungendo alla conclusione che non poteva essere individuata la dinamica dell’evento, come prospettato dal lavoratore.

Il ricorrente da parte sua si è limitato a sottoporre all’esame di questa Corte una diversa valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella del giudice di appello, sorretta da congrua e logica motivazione, e quindi non censurabile in sede di legittimità.

Nel quadro così delineato non assume decisiva rilevanza la circostanza, pur sottolineata dalla Corte territoriale, relativa al mancato approfondimento delle indagini in sede di polizia giudiziaria, non avendo il ricorrente adempiuto all’onere di fornire adeguati riscontri di prova ai fini della ricostruzione delle modalità dell’infortunio e della violazione degli obblighi facenti capo alla datrice di lavoro.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Nessuna statuizione va emessa sulle spese del giudizio di cassazione, non essendosi costituita l’intimata società.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011

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