Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11039 del 27/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11039 Anno 2016
Presidente: MATERA LINA
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 1596-2012 proposto da:
SANTO

BONFIGLIO

BNESNT40E24G2670,

domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS
dell’avvocato

studio

rappresentaLo

e

diteso

elettivamente
99,

presso lo

PIETRANGELO

JARICCI,

dall’avvocato

GIUSEPPE

TOMASELLO;
ricorrente –

2016
contro

390

MARINELLA
BOCCACCIO
PARTE
COST.
CON
C/RIC.,
5.44-e..994‹ ,2&„r5
eretAx.
-lettivamente domiciliato in ROMA, L.G0 G. LA PEGNA
18,

presso

lo

studio

dell’avvocato

CRISTINA

Data pubblicazione: 27/05/2016

PELLEGRINO,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

SALVATORE SCIBETTA;

– con troricorrente nonchè contro
ALLEGREZZA SEBASTIANO;

avverso la sentenza n. 635/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 06/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

l)7

– Intimati –

Svolgimento del processo
Allegrezza Sebastiano con atto di citazione del 18 novembre 1997 conveniva
in giudizio

davanti al Tribunale di Siracusa Bonfiglio Santo. L’attore

esponeva che con contratto preliminare del 27 giugno 1986 Bonfiglio,

appartamento posto al piano seminterrato dello stabile sito in Palazzolo
Acreide via Messina 541A ed un box sottostante al suddetto appartamento. Era
stato corrisposto l’acconto di £.20.000.000, mentre si era convenuto che il
saldo

sarebbe

stato

corrisposto

alla

stipula

dell’atto

definitivo

di

compravendita da effettuarsi entro il mese di ottobre del 1986. Gli immobili di
cui si è appena detto sono stati consegnati nel mese di giugno 1987, ma il
contratto definitivo non era stato possibile stipularlo per i gravi difetti edilizi
contestati dal Comune di Palazzolo Acreide al Bonfiglio. In particolare,
l’appartamento promesso in vendita nel progetto approvato figurava come
maganino e il Comune aveva ordinato a Bonfiglio la demolizione delle opere
abusive. L’attore chiedeva invano la stipula del contratto definitivo,

previa

regolarizzazione della situazione edilizia. Esponeva, ancora, l’attore che lo
stesso aveva provveduto a chiedere ed aveva ottenuto la concessione in
sanatoria

dell’appartamento

in questione, spendendo la somma di

£.12.000.000 e ciò nonostante, il convenuto non aveva voluto vendergli i
suddetti immobili. Ciò premesso, l’attore chiedeva che, ai sensi dell’art. 2932
cc., fosse emessa sentenza che tenesse luogo al contratto non concluso
trasferendo all’Allegrezza l’appartamento e il garage oggetto del contratto
preliminare di vendita, decurtando il residuo prezzo della somma di £.
,

12.000.00 sborsata per la sanatoria edilizia con l’invito al convenuto di
l

costruttore, prometteva di vendergli al prezzo di £. 47.000.000 un

_
acquisire il certificato di abitabilità e di liberare il box dalle ipoteche

e dal

pignoramento.
Si costituiva in giudizio Bonfiglio, il quale deduceva che l’immobile era stato
puntualmente offerto nel mese di ottobre del 1986,

ma, su richiesta

oltre 1′ Iva e che, conseguentemente, l’appartamento era stato consegnato nel
gennaio del 1987, contestava che non fosse possibile stipulare l’atto di
compravendita, tant’è che altri appartamenti dello stabile erano stati venduti.
Aggiungeva, altresì, che con atto pubblico del 28 giugno 1988 era stato
stipulato con il Credito Italiano mutuo concesso per la costruzione
dell’edificio e che la quota accollatasi dall’Allegrezza ammontava in lire
29.192.157,

di cui lire 6.755.778 erano state sborsate dal Bonfiglio a

copertura di ratei scaduti. Assumeva infine che non poteva esser emessa
sentenza ex art. 2932 cc., subordinandola a condizioni non presenti nel
contratto preliminare. Precisava che il rigetto da parte del Sindaco del piano di
variante edilizia era stato impugnato davanti al Tar, che aveva accolto il
ricorso e che, illegittimamente, il Comune di Palazzolo Acreide non aveva
ancora dato esecuzione_ Pertanto,

il condono edilizio immotivatamente era

stato chiesto dall’Allegrezza. 11 certificato di abitabilità sarebbe stato rilasciato
dal Comune come prassi dopo alcuni anni. Ciò premesso chiedeva il rigetto
delle domande tutte avanzate da Allegrezza che fosse dichiarata la risoluzione
del contratto preliminare per inadempimento di Allegrezza e lo stesso venisse
condannato alla restituzione dei beni nonché al risarcimento di tutti i danni
subiti e a pagare la somma di lire 1.467.000 per lavori extracapitolato.
11 Tribunale di Siracusa con sentenza n. 427 del 2004, ritenuto

dell’attore, erano stati effettuati dei lavori fuori capitolato per lire 1.467.500

l’inadempimento del Bonfiglio, e la mancata prova circa l’assunzione da parte
dell’Allegrezza di quota di mutuo frazionato, emetteva sentenza che tenesse
luogo al contratto non concluso e per l’effetto trasferiva gli immobili di cui si
dice, condizionava l’effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo di lire

compensava i due crediti suddetti, invitava il Bonfiglio a far rilasciare il
certificato di abitabilità, condannava lo stesso al pagamento delle spese
giudiziali.
Avverso questa sentenza interponeva appello Bonfiglio Santo, chiedendone la
riforma.
Si costituiva Allegrezza resistendo al gravame e in via incidentale chiedeva
l’esclusione della vendita del box perché medio tempre era stato venduto
all’asta.
La Corte di appello di Catania, con sentenza n. 635 del 2011, in parziale
riforma della sentenza impugnata, escludeva dall’oggetto del trasferimento (da
Bonfiglio ad Allegrezza) il box
l’Allegrezza avrebbe

dovuto

e riduceva ad e. 4.131.65 la somma che
corrispondere al Bonfiglio.

Condannava

Bonfiglio al pagamento delle spese del secondo grado. Anche la Corte etnea
ha accertato l’inadempimento del Bonfiglio, ha ritenuto

corretto il

comportamento di Allegrezza di aver provveduto ad ottenere la sanatoria
dell’immobile che, diversamente, sarebbe ancora urbanisticamente irregolare
e, pertanto, insuscettibile di concessione di abitabilità.

Pertanto, la sentenza

del Tribunale, in ordine al trasferimento dei beni oggetto del contratto
preliminare di cui si dice, andava confermata ad eccezione del trasferimento
del box, essendo stato lo stesso venduto all’asta.

27.000_000, condannava Bonfiglio al pagamento di lire 12.000.000

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Santo Bonfiglio con ricorso
affidato a due motivi. Boccaccia Marinella quale erede legittima del defunto
marito Allegrezza Sebastiano ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

falsa applicazione degli artt. 1321 e 2932 cc. (con riferimento all’art. 360 n. 3
cpc.). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale

avrebbe disposto

l’esecuzione in forma specifica dell’atto di vendita non concluso, avallando
una pratica di sanatoria unilateralmente decisa e arbitrariamente intrapresa dal
promittente acquirente e a condizioni non previste nel preliminare e, dunque,
in violazione di norme che regolano la materia contrattuale ed, in particolare,
in violazione del combinato disposto degli artt. 1321 e 2932 cc. In particolare,
la Corte distrettuale, sempre secondo il ricorrente, disponendo il trasferimento
della proprietà dell’immobile e ponendo contestualmente a carico del
Bonfiglio l’esborso di lire 12.000.000 sostenuto da Allegrezza per la pratica di
sanatoria (che viene dal Tribunale posta in compensazione con il maggior
credito vantato da Bonfiglio nei confronti di Allegrezza) il giudice di merito
avrebbe violato le nonne regolatrici dei contratti ed, in particolare,

la

disposizione secondo cui il contratto si basa fondamentalmente sull’accordo
delle parti e la nonna che prevede la possibilità di esecuzione specifica
dell’obbligo di concludere un contrattali conferendo al magistrato il potere
disporre con sentenza gli effetti del contratto non concluso nel pieno rispetto
ed in esecuzione della volontà espressa dalle parti e dalle clausole dalle stesse
sottoscritte e non inserendo avallando e/o aggiungendo condizioni non
pattuite.

1.= Con il primo motivo di ricorso Bonfiglio Santo lamenta la violazione e

1.1.= Il motivo è infondato essenzialmente perché non coglie la ratio
deeidendi della sentenza impugnata.
Va qui, preliminarmente, osservato che il Tribunale prima e la Corte
distrettuale dopo, sono stati chiamati a delibare due profili di una stessa

parti che, seppure connessi, sono, e sono stati tenuti distinti: a) un primo
profilo attiene la richiesta di Allegrezza Sebastiano di sentenza ex art. 2932
cc. che producesse gli effetti del contratto non concluso; b) l’altro attiene alla
richiesta di Allegrezza di essere rimborsato delle spese sostenute per il rilascio
della concessione edilizia in sanatoria pari a lire 12.000.000, chiedendo che
tale rimborso fosse compensato parzialmente con il prezzo ancora dovuto. La
Corte distrettuale ha esaminato entrambi questi profili, e con motivazione
ampia ed esaustiva, ha ritenuto di accogliere entrambe le domande, nonché la
richiesta di compensazione, sulla quale, comunque non vi è alcuna censura.
A ) Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale, fondate e
persuasive, pertanto, da condividere, erano le ragioni per le quali il primo
giudice aveva ritenuto l’inadempimento del Bonfiglio ed aveva accolto la
domanda ex art. 2932 cc. dell’Allegrezza riconoscendogli anche il diritto ad
essere rimborsato delle spese affrontate per ottenere la sanatoria edilizia
dell’appartamento oggetto di preliminare. Infatti, il primo Giudice, afferma la
Corte distrettuale, correttamente ha osservato che con ordinanza del 11
settembre 1987 il Sindaco aveva già ordinato la demolizione del piano
seminterrato ove si trovava l’appartamento promesso in vendita ad Allegrezza
e ciò perché adibito non a magazzini, come era previsto nella concessione
edilizia, ma ad appartamenti. E correttamente ha desunto da tale circostanza
5

vicenda avente origine dal contratto preliminare di vendita intercorso tra le

_
che l’appartamento promesso in vendita non avrebbe neanche potuto ottenere
per tale difformità il certificato di abitabilità

Sicché, in ragione di ciò, la

Corte distrettuale ha affermato l’inadempimento del Bonfiglio, e, l’intervento,
valutato come necessario, per così dire sostitutivo dell’Allegrezza al fine di

conseguenza di affermare il diritto di Allegrezza di essere rimborsato della
relativa spesa di lire 12 milioni con l’esclusione di ogni forma risarcitoria a
favore del Bonfiglio. La Corte distrettuale ha aggiunto, altresì, che il contrasto
dell’immobile con la concessione edilizia che ne autorizzava l’edificazione
era elemento che evidenziava l’inadempimento del promittente venditore
posto che esponeva il promissario acquirente al rischio di vedersi ordinata la
demolizione

dell’immobile.

Così

come,

precisava

che

l’Allegrezza

legittimamente, ai sensi dell’art. 1460 cc., si era rifiutato di stipulare il
contratto definitivo di compravendita cui era collegato il pagamento del saldo
del prezzo della stessa compravendita. Ed, infine, la Corte distrettuale
accertato che nelle more si era verificato un fatto nuovo e, cioè, che il garage
anch’esso oggetto della pronuncia ex art. 2932 cc. era stato venduto all’asta in
sede esecutiva, era impossibile il trasferimento, concludeva di accogliere la
domanda ex art. 2932 cc in ordine all’appartamento e non anche al box,
decurtando il prezzo concordato del valore del box e, sottoponendo il
trasferimento alla condizione che venisse versato il saldo del prezzo, cosi
come indicato a seguito della decurtazione di cui si dice.
E’ di tutta evidenza, che la decisione della Corte distrettuale appare non solo
esaustiva e corretta ma coerente con la normativa ed i principi

relativi alla

materia, così come sono state individuati dalla giurisprudenza anche di questa
6

sanare l’irregolarità urbanistica dell’immobile di cui si dice. Con l’ulteriore

Corte. Infatti, va qui osservato che, come è stato affermato da questa Corte in
altre occasioni: quando la promessa di vendita abbia per oggetto una cosa che
risulti poi di estensione minore da quella pattuita, per essere la rimanente parte
di proprietà di un terzo, il pronaissario acquirente può esperire l’azione di
esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo,

chiedendo contestualmente e cumulativamente la riduzione del prezzo, tenuto
conto che, il particolare rimedio offerto dalla norma dell’art. 2932 cod. civ.,
non esaurisce la tutela della parte adempiente, secondo i principi generali dei
contratti a prestazioni corrispettive, e che una pronuncia del giudice, che tenga
luogo del contratto non concluso, fissando un prezzo inferiore a quello
pattuito con il preliminare, configura un legittimo intervento riequilibrativo
delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l’interesse del
promissario alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia eluso
da fatti ascrivibili al promittente. (Cass. n. 1741 del 14/03/1986; n. 4529 del
2001).
Vale nel caso di specie anche il principio, più volte espresso da questa Corte,
secondo il quale allorché in base all’accordo contenuto nel contratto
preliminare le parti abbiano previsto il pagamento del prezzo (o del residuo
prezzo)

contestualmente

alla stipulazione del contratto

definitivo di

compravendita, ai fini dell’esecuzione dell’obbligo di concludere il contratto, a
norma dell’art. 2932 cod. civ_, è sufficiente la semplice offerta della
prestazione – che può essere validamente fatta in tutto il corso del giudizio – in
qualsiasi forma idonea a manifestare la volontà di adempiere, affinché la
sentenza costitutiva possa essere senz’altro emessa, ponendo il pagamento del

prezzo, soltanto come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo

//1
4’t

derivante dalla pronuncia.
Ciò posto, è di tutta evidenza che la Corte distrettuale, contrariamente a
quanto sostenuto dal ricorrente, ha deciso secondo diritto e, soprattutto, non
ha sottoposto il trasferimento a condizioni diverse da quelle contenute nel
contratto preliminare, tutt’al più, e legittimamente, ha riequilibrato il

contenuto contrattuale tenuto conto delle emergenze dovute a colpa del
promittente venditore.
1.2.= B) Corretta è, altresì, la decisione di riconoscere ad Allegrezza il diritto
al rimborso delle spese sostenute per la concessione edilizia in sanatoria.
Come afferma la dottrina più attenta, che il Collegio condivide, posto che il
regime della concessione edilizia è del tutto diversificato, quanto a
presupposti ed elementi propri, da quello della sanatoria, va affermato che
legittimati all’istanza di condono edilizio sono, oltre coloro che hanno titolo a
richiedere la concessione edilizia/permesso di costruire, anche il promissario
acquirente o il conduttore e, più in generale, tutti coloro che vi abbiano
interesse, senza il necessario consenso ed anche, al limite, contro la volontà
del proprietario del bene. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, l’Allegrezza era pienamente legittimato, in quanto prornissario
acquirente, a chiedere la concessione edilizia in sanatoria al fine di sanare
l’irregolarità urbanistica dell’immobile promessogli in vendita ed evitare
definitivamente il rischio di un’eventuale demolizione. A sua volta, posto che,
come evidenzia la stessa sentenza impugnata, alla luce delle pattuizioni
contrattuali l’Allegrezza non era tenuto a subire il costo della concessione
edilizia in sanatoria, correttamente la Corte distrettuale ha riconosciuto allo
_

stesso il diritto ad essere rimborsato delle spese sostenute.
8

J

2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (con riferimento all’art. 360 n. 5 epe). Secondo il ricorrente, la
valutazione del box effettuata dalla Corte distrettuale, oltre che inverosimile

particolare, la Corte sottolinea che il box auto il cui valore commerciale non è
particolarmente elevato in quanto collocato in piccolo centro e che
l’appartamento di non vaste dimensioni è collocato in un piano seminterrato e,
quindi, di non particolare pregio giunge poi contraddittoriamente a valutare il
box nell’entità del 15% rispetto all’intero valore compravenduto, senza dare
alcuna spiegazione del perché il box rappresenterebbe il 15% del valore
immobiliare. Tutt’al più, secondo il ricorrente, su un totale immobiliare di mq
154,5 il box di mq 6,5 equivarrebbe al 4,2% dell’intero valore degli immobili
oggetto della promessa vendita. E in questa stima non si sarebbe tenuto conto
che l’Allegrezza aveva goduto il possesso del box per oltre 18 anni senza
nulla corrispondere, mentre il Bonfiglio continuava a pagare il mutuo.
B) Erroneamente il Tribunale aveva rigettato la richiesta di pagamento dei
lavori extra capitolato eseguiti a favore dell’Allegrezza adducendo l
mancanza di prova circa l’effettiva esecuzione. Epperò, il Tribunale non aveva
ammesso i mezzi di prova richiesti. La richiesta veniva riproposta in appello e
la Corte distrettuale

ha ritenuto che il Bonfiglio aveva posto in essere un

comportamento (sollecitazione della definizione della causa) che equivaleva a
rinuncia

alle prove.

Piuttosto

le prove erano state dal Bonfiglio

tempestivamente e ritualmente richieste e mai rinunciate. Lo stesso,
richiamando le conclusioni di cui alla comparsa di risposta, ha di fatto
9

(trattasi di un box di appena 13 mq), sarebbe priva di riscontro tecnico. In

reclamato ancora una volta l’assunzione dei mezzi di prova che gratuitamente
con infondate motivazioni, gli sono state negate sia in 1 grado che in II grado.
2.1.= Il motivo è infondato, essenzialmente perché si risolve nella richiesta di
una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel

dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici e/o giuridici. Infatti, la Corte
distrettuale è giunta alla determinazione del prezzo del box in lire 7.000.000,
con adeguata valutazione equitativa sorretta da motivazione convincente e da
argomenti congrui e coerenti ed esponendo adeguatamente le ragioni del suo
convincimento.
Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale (…) poiché il
preliminare prevedeva un prezzo cumulativo di lire 47 milioni deve in via
equitativa, ritenersi, tenuto conto che si tratta di un box auto il cui valore
commerciale non è, particolarmente elevato, in quanto collocato in un piccolo
centro e che l’appartamento, di non vaste dimensioni, è collocato in un piano
seminterrato e, quindi, di non particolare pregio, che il prezzo complessivo sia
proporzionalmente imputabile al garage in misura del

15% pari a lire

7.000,000(….). Alle dette valutazioni, il ricorrente contrappone le proprie, ma

della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal
giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di
legittimità, ciò comportando un nuovo esame del materiale delibato che non
può avere ingresso nel giudizio di cassazione.
B) Infondato è anche il profilo del motivo ch

i rigetto della domanda

proposta da 13onfiglio per il pagamento di lavori extra capitolato, ed,
_

essenzialmente, perché il ricorrente non tiene conto che la sentenza impugnata
10

giudizio di cassazione, se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata

ha già esaminato e valutato le stesse osservazioni, riproposte in questa sede ed
ha ritenuto, con motivazione priva di vizi logici e/o giuridici, che il Bonfiglio
con il suo comportamento, non avendo richiesto la revoca delle ordinanze con
e quali il Tribunale aveva disatteso la richieste istruttorie, ha prestato
ai suddetti provvedimenti (ordinanze) e, sollecitando la

decisione della causa, aveva mantenuto un comportamento, che equivale a
rinuncia alla prove richieste, aspetti questi che non sono stati adeguatamente
censurati. Come afferma la sentenza impugnata: (….) il Bonfiglio (in primo
grado), nel precisare le conclusioni non avrebbe sollecitato le prove di cui
aveva chiesto la loro ammissione e non avrebbe neppure chiesto la revoca dei
provvedimenti (ordinanze) che avevano disatteso

le predette istanze

istruttorie, limitandosi a concludere riportandosi in via generica e sintetica
alla comparsa di risposta e richiedendo che la causa fosse posta in decisione
con l’ammissione dei termini di legge per il deposito delle comparse
conclusionali e delle successive repliche.
E di più, la Corte distrettuale, ha avuto modo di precisare che neanche con
l’atto di appello il Bonfiglio ha censurato le ordinanze di cui si è detto in
relazione alle ragioni che le sorreggevano. E, comunque, la prova non avrebbe
potuto essere ammessa in appello perché è consolidato il principio secondo il
quale, quando le prove debbono ritenersi abbandonate in primo grado esse
non potranno essere riproposte in appello.
In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di
soccombenza ex art. 91 cpc., va condannata al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.
_

Per Questi Motivi
11

acquiescenza

.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare a Boccaccio
Marinella le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in E.
2.700,00 di cui E. 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per
legge.

il 17. Febbraio 2016.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile

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