Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11038 del 27/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11038 Anno 2016
Presidente: MATERA LINA
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA
sul ricorso 24575-2011 proposto da:
TAMENI FRANCA, MACULAN ALBINO, VARRIALE RITA, MACULAN
NARCISO MCLNC539S05E667N, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LEONE IV N 38, presso lo studio
dell’avvocato VINCENZO CILIA, rappresentati e difesi
dagli avvocati VINCENZO DELTLLO, SANDRO SOMENZI:
– ricorrenti –

2016

contro

389

CA’

DEL

LUPO

SRL

02453670982,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EMILIO FAA DI BRUNO, 52,
presso 1o studio dell’avvocato ARTURO IANNELLI, che lo

Data pubblicazione: 27/05/2016

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
TEDIOLI;
– controricorrente
nonché contro

AZIENDA AGRICOLA ANTONIANA SPA, MACULAN MICHELE,

– intimati –

avverso la sentenza n. 176/2011 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 25/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato TANNELLI Arturo, difensore del
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del l ° motivo di ricorso.

MACULAN CLAUDIA;

Svolgimento del processo
I sigg. Maculan (Narciso, Albino e Mario) Tameni Franca e Varriale Rita con
atto di citazione del 7 febbraio 1990 convocavano in giudizio davanti al
Tribunale di Mantova la società Agricola Prevalle spa., per sentir dichiarare
trasferita a loro favore, in virtù di riscatto agrario, la proprietà di alcuni terreni

siti in Castiglione delle Stiviere.
Il Tribunale di Mantova con sentenza n. 1174 del 2004 accoglieva la domanda
degli esponenti e, accertando il valido esercizio del diritto di riscatto
dichiarava trasferita in capo agli stessi la proprietà dei terreni in questione,
subordinandola alla condizione sospensiva del pagamento in favore della
società Agricola Prevalle spa., della somma di E. 43.482,78, entro il termine di
tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza. Nelle more la società
Agricola Prevalle spa deliberava la propria scissione
costituzione di tre nuove e diverse

parziale, mediante la

società beneficiarie, fra cui la Ca’ Del

Lupo srl, a cui veniva trasferita la proprietà dei terreni di cui si dice.
La società Ca’ del Lupo con atto di citazione del 7 maggio 2007 conveniva in
giudizio i sigg. Maculan (Narciso, Albino e Mario) Tameni Franca e Varriale
Rita per sentire accertare il mancato avveramento

della condizione

sospensiva, stante l’omesso pagamento della somma da versare alla venditrice
Azienda Agricola Antoniana, pertanto chiedeva che venisse dichiarata la
relativa decadenza

del riscatto nei confronti dei convenuti nonché

dell’Azienda venditrice.
Si costituiva l’Azienda Agricola Antoniana, che aderiva alla tesi dell’attrice.
Si costituivano i sigg. Maculan (Narciso, Albino e Mario) Tameni Franca e
..
.

Varriale Rita, i quali eccepivano che il mancato pagamento era stato dovuto al

P7

rifiuto della controparte di accettare il prezzo del riscatto, sicché avevano
offerto la somma nelle forme di legge all’unico soggetto apparentemente
legittimato, l’Azienda Agricola Prevalle.
Sulla scorta di una istruzione solo documentale il Tribunale di Mantova con

non avessero corrisposto la somma di E. 43.482,78 entro il termine dei tre
mesi dal passaggio in giudicato della sentenza n. 1175 del 2004.
Avverso questa sentenza interponevano appello i sigg. Maculan (Narciso,
Albino e Mario) Tameni Franca e Varriale Rita, deducendo con un solo unico
motivo che venisse accertato il puntuale avverarnento della condizione
sospensiva del pagamento della somma di E_ 43.482,78..
Si costituivano con distinti atti sia la società Ca’ del Lupo srl, sia la società
Azienda Agricola Antoniana.
Su richiesta della società Ca’ del Lupo veniva disposta l’integrazione del
contraddittorio nei confronti degli eredi di Maculan Mario assegnando i
termini di legge. All’udienza del 15 dicembre 2010, non essendovi prova
dell’intervenuta notifica nei confronti degli eredi, la Corte rinviava

per la

precisazione delle conclusioni all’udienza del 12 gennaio 2011. Con memoria
de1111 gennaio 2011 intervenivano volontariamente gli eredi di Mario
Maculan, concludendo per l’accoglimento del gravame..
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 176 del 2011, dichiarava
inammissibile l’appello e condannava gli appellanti e gli intervenuti al
pagamento delle spese di lite. Secondo la Corte di Brescia, il termine per la
notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio in cause inscindibili,
_

quale quella in esame, fissato ex art. 311 cpc., è perentorio non è prorogabile,
2

sentenza n. 156 del 2009, accoglieva la domanda, rilevando come i convenuti

neppure con l’accordo delle parti, non è sanabile dalla tardiva costituzione
della parte nei cui confronti doveva essere integrato il contraddittorio e la sua
inosservanza è rilevabile d’ufficio, sicché la sua violazione determina per
ragioni di ordine pubblico processuale, Pinammissibilità dell’impugnazione.

Albino) Tameni Franca e Varriale Rita con ricorso affidato a tre motivi. La
società Ca’ del Lupo srl ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
L’Azienda Agricola Antoniana spa., intimata, in questa fase, non ha svolto
attività giudiziale.
Motivi della decisione
Per evidenti motivi logici, va esaminata, in primo luogo, l’eccezione sollevata
dalla società Ca’ Del Llupo srl, con la quale si deduce che deve essere
dichiarata l’inammissibilità del presente ricorso perché notificato da avvocato
(dall’avv. Delillo Vincenzo) non iscritto nello speciale albo dei patrocinanti in
cassazione.
Tale eccezione va rigettata perché per uno dei due difensori, l’avv. Sandro
Somenzi, non si contesta l’iscrizione all’albo dei cassazionisti e perché inoltre
non può considerarsi affetta da alcuna nullità la notifica del ricorso per
cassazione eseguita su istanza di avvocato munito di procura speciale per il
giudizio di legittimità, ancorché non iscritto all’albo speciale degli avvocati
abilitati all’esercizio dinnanzi alla Corte di cassazione (cfr. Cass. n. 4338 del
1995,n. 1174 del 1983).
l .= Maculan (Narciso, Albino e Mario) Tameni Franca e Varriale Rita
lamentano:
_
,

a) Con il primo motivo di ricorso la violazione o falsa applicazione dell’art.
3

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dai sigg. Maculan (Narciso,

_
300 cpc., ex art. 360 n. 3 cpc. Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale
avrebbero fondato la decisione operando un richiamo superficiale di alcune
pronunce della Corte di cassazione : la sentenza n. 5387 del 2009; la
pronuncia a Sezione Unite n. 15783 del 2005; la pronuncia a Sezione Unite n.
10706 del 2006.

Epperò le sentenze richiamate sono espressione di un

orientamento non consolidato, né uniforme. In particolare, specificano i
ricorrenti: a) in senso esplicitamente contrario si esprime la pronuncia n. 144
del 2006 per cui” il decesso della parte costituita, sopravvenuto nel corso del
giudizio di primo grado e non denunciato dal procuratore, non priva
quest’ultimo del potere di porre validamente l’impugnazione per la parte
deceduta. b) La pronuncia delle Sezioni Unite non sarebbe applicabile al caso
in esame, posto che le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciare in
ordine all’incidenza del raggiungimento della maggiore età da parte di
soggetto costituito in giudizio a mezzo dei suoi legali rappresentanti, mentre
nel caso in esame si era verificata la morte di una parte. Piuttosto, il
legislatore ha regolato in maniera espressa e diversificata gli effetti degli
eventi interruttivi relative alle parti del processo verificatesi prima della
costituzione in giudizio, ovvero, durante la fase attiva, ovvero dopo la
discussione, o ancora dopo la pubblicazione della sentenza o dopo la sua
notificazione, ma non avrebbe affatto disciplinato con riferimento alle fasi
successive il caso di evento verificatosi nella fase attiva, ma non dichiarato, né
notificato dal procuratore della parte _ E tale vuoto, secondo i ricorrenti,

i

sarebbe colmato dal principio espresso dalla Sezioni Unite della Corte di
Cassazione del 1984, secondo cui verificatosi l’evento intemittivo in una

_

determinata fase del processo e prodottosi l’effetto previsto dall’ordinamento
4

ieSq

con riferimento a quella fase detto effetto resta regolato dalla stessa
disposizione per tutto il tempo successivo. Sicché se l’evento interruttivo si
verifica durante la fase attiva del processo, prima della chiusura della
discussione, la mancata dichiarazione o notificazione di esso da parte del

posizione giuridica della parte colpita dall’evento resta stabilizzata a
prescindere da un’eventuale conoscenza aliunde dell’evento stesso, come se
detta parte fosse ancora vivente o capace.
b) con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione degli art. 286,
328 e 330 cpc. 1722 cc, 3 e 4 cost. Secondo i ricorrenti, la pronuncia delle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione posta a fondamento, dalla Corte
bresciana, della decisione assunta non potrebbe trovare applicazione nel caso
in esame, sia perché quella pronuncia contiene riferimenti normativi, che non
possono riguardare anche il caso in esame: cosi gli alt. 286, 330, 328 cpc.,
ma, anche perché il pericolo di pregiudizio al diritto di difesa ipotizzato nella
sentenza più volte citata non si sarebbe verificato in questo caso , posto che le
controparti dell’odierno ricorrente non avrebbe patito alcun pregiudizio. Al
contrario, sarebbe proprio il ricorrente ad aver subito un’irragionevole lesione
del proprio diritto di difesa. Riconoscere alla controparte la facoltà di
introdurre nel processo un elemento di portata interruttiva

riferito all’altra

parte non parrebbe ragionevole. Per altro, nel caso in esame l’evento morte si
era verificato nel corso del primo giudizio, ma la controparte lo aveva reso
noto, una volta instaurato il giudizio di secondo grado.
c) con il terzo motivo, violazione o falsa applicazione dell’art. 331 cpc., ex
.

art. 360 comma 1, n. 3 cpc. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale nel
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procuratore impedisce il realizzarsi della fattispecie interruttiva, tanto che la

ritenere inammissibile l’appello perché il contraddittorio non era stato
integrato

nei

termini

indicati

dal

giudice,

non

ha

tenuto

conto

dell’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui, “qualora la parte nei
cui confronti doveva essere integrato il contraddittorio a norma dell’art. 331

perentorio fissato dal giudice per l’integrazione, ma non successivamente
all’udienza fissata ai sensi del secondo comma dell’art. 331 cit., non si
determina l’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere raggiunto
lo scopo perseguito dall’atto di integrazione del contraddittorio”. Piuttosto, la
costituzione degli eredi di Mario Maculan consente di ritenere raggiunto la
scopo perseguito dall’atto di integrazione del contraddittorio e, cioè, che il
giudizio si svolga nei confronti delle stessi parti che hanno assunto la veste di
contraddittori necessari in primo grado. Per altro, la Corte distrettuale non ha
neppure tenuto conto che

nella vicenda nessuna attività istruttoria é stata

svolta in primo grado e nessuna attività istruttoria si era resa necessaria in
appello e, pertanto, anche se gli eredi si fossero costituiti all’udienza fissata
dal giudice, nulla sarebbe cambiato dal punto di vista processuale.
1.1.= Il primo motivo è fondato.
Con la recente sentenza n. 15295 del 2014 le SS.UU. di questa Corte,
intervenendo per comporre l’ultimo dei numerosi contrasti giurisprudenziali
sorti in materia di poteri del difensore della parte che nel corso del giudizio di
primo grado sia morta o abbia perso la capacità di stare in giudizio ed in
ordine all’individuazione, in tale ipotesi, della giusta parte da (o contro) la
quale il giudizio d’appello deve essere proposto, ha affermato il principio “che
l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c. p. e. è disciplinata,
6

cod. proc. civ. si sia costituita spontaneamente dopo la scadenza del termine

in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola
dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui
l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300
c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si

rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del
rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e di riattivazione dei
rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione”. Tale posizione
giuridica, precisano le SS.UU., è suscettibile di modificazione nelle ipotesi in
cui, nella fase successiva dell’impugnazione, si costituiscano gli eredi della
parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure
se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite
valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi
alle altre parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte
contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla
novella di cui all’art. 46 della I. n. 69 del 2006) o notificato o certificato
dall’ufficiale giudiziario ai sensi del 4 0 comma dell’alt 300 c.p.c.
Al predetto arresto le SS.UU. sono pervenute considerando: 1) che l’effetto
interruttivo dei processo, a norma dell’art. 300 c.p.c., è prodotto da una
fattispecie

complessa,

costituita

dal

verificarsi

dell’evento

e

dalla

dichiarazione in udienza (o dalla notificazione) fattane alle altre parti dal
procuratore della parte rispetto alla quale l’evento si è verificato; 2) che
dunque la dichiarazione non è di mera scienza, ma ha natura negoziale,
essendo nella potestà dei difensore il diritto-potere di

provocare o meno

l’interruzione; 3) che la sopravvivenza del mandato giudiziale alla morte od
7

fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte

alla perdita di capacità della parte deriva dal fatto che, come rappresentante
tecnico, il difensore realizza, con la costituzione in giudizio, anche e
soprattutto la presenza legale della parte medesima nel processo; 4) che, in
sostanza, la presenza in giudizio del procuratore ad litem, assicurando e

alcun diritto dei successori della parte; 5) che da tanto deriva il potere del
procuratore di proseguire il processo, nonostante il verificarsi dell’evento
interruttivo,

insuscettibile di menomare

in qualche modo l’esercizio

dell’attività tecnica difensiva, che è di sua esclusiva competenza; 6) che,
pertanto, finché non via sia la dichiarazione o la notificazione – che solo il
procuratore è legittimato a fare – il processo prosegue come se l’evento non
fosse accaduto e si verifica il fenomeno dell’ultrattività della procura che (ove
la stessa contempli il potere di proporre impugnazione) permane anche per il
grado d’appello, senza che sul rapporto processuale possano interferire le
diverse normative (art-t. 286, 328 c.p.c.) che regolano gli effetti dell’evento nei
casi in cui questo sopravvenga dopo la chiusura della discussione o dopo la
notificazione della sentenza di primo grado; 7) che in definitiva, quando la
morte o la perdita della capacità di stare in giudizio della parte si verificano
nel corso della fase attiva del rapporto processuale, l’unica disciplina
applicabile è quella dell’art. 300 c.p.c., con la conseguenza che la scelta
(esteriorizzazione o meno dell’evento) è nelle mani dl procuratore della parte
medesima e l’effetto che deriverà da questa scelta permarrà per tutto il
successivo corso del processo di merito: se il procuratore omette di dichiarare
o di notificare l’evento, la posizione giuridica della parte da lui rappresentata
resta perciò stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, come se
.

si
8

garantendo il rispetto del contraddittorio, non pregiudica in linea di massima

trattasse di parte ancora viva o capace, sia nella fase attiva in corso, sia nelle
successive fasi di quiescenza, dopo la pubblicazione della sentenza, e di
riattivazione del rapporto a seguito e per effetto della proposizione
dell’impugnazione e potrà essere modificata, solo se in sede di impugnazione

procuratore dichiarerà l’evento o lo notificherà alle altre parti o se, rimasta la
parte contumace, l’evento sarà notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario
ai sensi del quarto comma dell’art. 300 c.p.c.
Ora, nel caso in esame, posto che la morte di Mario Maculan non era stata
dichiarata, in forza dell’ultrattività del mandato ad litem, rilasciato per il
giudizio di primo grado, ma valida anche per gli ulteriori gradi del processo,
dato che conferiva ai difensori anche il potere di impugnazione, deve ritenersi
che i procuratori di Mario Maculan erano legittimati alla proposizione
dell’appello in rappresentanza del defunto e, legittimamente, hanno convocato
in giudizio, sia la società Ca del Lupo srl e sia la società Azienda Agricola
Antoniana, che si costituivano. Non dichiarata la morte di Mario Maculan,
risultando cosi stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata
(rispetto alle altre parti ed al giudice), il contraddittorio

risultava

perfettamente integro, anche perché gli eredi di Mario Maculan, in mancanza
della dichiarazione di morte del de cuius, non erano parti del giudizio, ma
estranei. Per altro, come più volte è stato detto da questa Corte (vedi tra le
altre, Cass. n. 8392 del 27/05/2003), le norme che disciplinano l’interruzione
del processo sono preordinate a tutela della parte colpita del relativo evento,
con la conseguenza che difetta d’interesse l’altra parte a dolersi dell’irrituale
continuazione del processo, sicché la morte di Mario Macula non poteva,

si costituiranno gli eredi dei defunto o il rappresentante dell’incapace, o se il

neppure, essere dedotta dalla società Ca del Lupo.
La Corte di appello, dunque, non avrebbe potuto, né dovuto, accogliere
l’istanza della società Ca’ Del Lupo srl che il contraddittorio fosse integrato
con la chiamata in causa degli eredi di Mario Maculan perché agli atti, contraddittorio risultava essere integro. Con l’ulteriore conseguenza che

l’ordine del disposto contraddittorio risultava inutile, e/o comunque,
illegittimo e in mancanza dei presupposti di legge, tanquam non esset. Di qui
l’ulteriore conseguenza che non essendo legittimo l’ordine di integrazione del
contraddittorio, che non avrebbe dovuto essere disposto, la Corte distrettuale
non avrebbe potuto, come invece ha fatto, dichiarare estinto il processo per
inosservanza del termine perentorio di integrazione del contraddittorio, anzi
constatata la presenza in giudizio delle parti in causa avrebbe dovuto, e non lo
ha fatto, esaminare e giudicare il merito della questione sottoposta al suo
esame.
2.= L’accoglimento di questo motivo, assorbe ogni altra questione, il cui
esame presupporrebbe l’esistenza giuridica dell’ordine di integrazione del
contraddittorio..
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso e dichiarati assorbiti gli
altri due motivi, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra
Sezione della Corte di Appello di Brescia,

anche per le spese del presente

giudizio di cassazione.
Per Questi Motivi
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri,
cassa la sentenza impugnata e rinvia al causa ad altra sezione della Corte di

appello di Brescia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio
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di cassazione.
Cosi deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 17 febbraio 2016
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Il Presidente

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Il Consigliere relatore

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