Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11037 del 05/05/2017

Cassazione civile, sez. II, 05/05/2017, (ud. 25/01/2017, dep.05/05/2017),  n. 11037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15181-2013 proposto da:

P.E., (OMISSIS), C.M. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ANGELO BROFFERIO 7, presso lo studio

dell’avvocato ANNALISA CIAVARRELLA, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANDREA POLI;

– ricorrenti –

contro

BARONI & C. SNC, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato PIETRO AMURA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FIORENZA BIANCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Alfio PAGLIONE con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Andrea POLI, difensore dei ricorrenti che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BIANCHI Fiorenza difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto, chiede l’acquisizione agli atti del fascicolo di

parte depositato con il controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – P.E. e C.M. convennero in giudizio la società Baroni & C. s.n.c. (ora C. Marmi s.r.l.), chiedendo la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni derivati agli attori dai vizi che presentava la pietra di carniglia ad essi fornita, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione dell’immobile di loro proprietà.

Nella resistenza della società convenuta, il Tribunale di Lucca rigettò la domanda.

2. – Sul gravame proposto dagli attori, la Corte di Appello di Firenze confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono P.E. e C.M. sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso la società C. Marmi s.r.l.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità del controricorso proposto dalla società C. Marmi per tardività.

Infatti, il ricorso risulta essere stato notificato il 17/6/2013 e il controricorso risulta essere stato spedito per la notifica a mezzo del servizio postale il 31/10/2013, ossia oltre il termine di venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, previsto dall’art. 370 c.p.c..

1.1. – Nonostante l’inammissibilità del controricorso, va esaminata l’eccezione – proposta oralmente dal difensore durante la discussione – con la quale l’intimato ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per difetto di ius postulandi relativamente all’atto di appello, deducendo la conseguente inammissibilità dell’appello e il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

L’eccezione è infondata, non potendosi configurare la pretesa inammissibilità dell’appello nè il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Infatti, dall’esame degli atti, cui la Corte può avere accesso in materia di errores in procedendo, risulta che solo la C. non sottoscrisse la procura a margine dell’atto di gravame, che risulta invece ritualmente sottoscritta da P.E.. Ciò esclude in radice il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado e la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione.

2. – Superata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, può passarsi all’esame dei motivi.

2.1. – Col primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione degli artt. 1495 e 1667 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto l’azione prescritta ai sensi dell’art. 1495 c.c., comma 3; a loro dire, il termine di prescrizione dell’azione non sarebbe decorso dalla consegna dei beni, bensì dalla scoperta del vizio (avvenuta all’esito di una complessa analisi strutturale compiuta da periti tecnici specializzati), non essendo quest’ultimo rilevabile attraverso un diretto ed evidente esame della fornitura.

Il motivo è infondato.

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte dalla quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di compravendita, l’azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia a norma dell’art. 1495 c.c. si prescrive in ogni caso nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, e ciò indipendentemente dalla scoperta del vizio (Cass., n. 26967 del 15/12/2011).

2.2. – Il secondo motivo (col quale i ricorrenti deducono l’errata e contraddittoria interpretazione delle risultanze processuali, per avere la Corte territoriale ritenuto che la presenza delle macule di ruggine fosse conseguenza della tipologia di materiale, piuttosto che un vizio della merce) rimane assorbito nel rigetto del primo motivo.

2.3. – Col terzo motivo, si deduce infine l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine alla condanna al pagamento delle spese del giudizio, per non avere la Corte di Appello ritenuto sussistenti i presupposti per compensarle tra le parti.

Il motivo è inammissibile, sia perchè viene dedotto il vizio di motivazione non più previsto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ratione temporis, sia perchè, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass., Sez. 5, n. 15317 del 19/06/2013, Rv. 627183).

3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

4. – Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo e inammissibile il terzo; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che il procedimento è stato scrutinato con la collaborazione dell’Assistente di studio dott. P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, addì 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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