Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11035 del 27/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11035 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA
sul ricorso 2530-2011 proposto da:
MORUZZI LUCIANO MRZLCU37M01A944X, ALBERTAZZI EMILIO
LBRMLE30D13A944L quale avente causa di ALBERTAZZI
CRISTINA, ZAMBONI ETTORE ZMBIR62H20A944A quale erede
di

ZAMBONI

ARRIGO,

ATTARD

DEL

VECCHIO

ANNA

DLVNNA30B52880D, DATI SERGIO DTASRG34S17C149G, MIOTTO
2015

LAURA MTTLRA73M53F382P quale avente causa di PERZAN

2478

VITTORIA, MORUZZI FRANCIONI PAOLA FRNPLA42C44A944C,
FERRANTI GABRIELLA GRRGRL54C64C469L, LUNGARINI MARIA
GRAZIA

LNGMGR56E611608W,

BASAGLIA

PAOLA

BSGPLA32C62A944H, DI DONATO ANTONIO DDNNTN43C15C517E

Data pubblicazione: 27/05/2016

quale avente causa DI DONATO GABRIELE, MARRI ANTONIO
LBRMLE30D13A944L, CESARI MICHELE CSRMHL63S09A944A
quale erede di CASAGRANDE VANDA, TOLOMELLI ANDREA
TLMNDR73L13A944Q, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 90, presso lo studio

dall’avvocato DATI SERGIO;
– ricorrenti contro

DE MARIA MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DI PORTA PINCIANA4 ST PERNO, presso lo studio
dell’avvocato GIAN LUCA MARUCCHI, rappresentato e
difeso dall’avvocato NICOLA CHIRCO;
controricorrente nonché contro
DE MARIA ALBERTO;

– intimato

avverso la sentenza n. 594/2010 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 09/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2015 dal Consigliere Dott. MASSIMO
FALABELLA;
udito l’Avvocato DATI Luigi, con delega depositata in
udienza dell’Avvocato DATI Sergio, difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e
deposita nota spese;

dell’avvocato RICCARDO MARTINO, rappresentati e difesi

udito l’Avvocato Gian Luca MARUCCHI con delega orale
dell’avvocato CHICCO Nicola, che ha chiesto il rigetto
del

ricorso;

udito il

P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RICCARDO Pin° che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
condomini del complesso immobiliare ubicato in
Bologna, via Codivilla l citavano in giudizio Mario De

medesimi non facevano parte del condominio e per
sentire accertata l’inesistenza di diritti reali dei
medesimi sull’area di cortile annessa allo stabile
condominiale, adibita a parcheggio, con ordine di
cessazione degli atti di turbativa posti in essere e
condanna dei medesimi al risarcimento del danno; in
subordine gli attori chiedevano di accertare che l’area
in questione era di proprietà esclusiva dei condomini
secondo le specifiche attribuzioni dei rispettivi atti
di acquisto.
Altra causa veniva proposta dai De Maria nei
confronti dei nominato Condominio per sentire
dichiarato che il locale interrato destinato a cabina
di trasformazione dell’energia elettrica di loro
proprietà costituiva porzione dei fabbricalo
condominiale e per sentire altresì statuito che gli
attori erano condomini del condominio di Via Codivilla
2 per i millesimi corrispondenti ai detto locale di
loro proprietà; in detta causa gli attori chiedevano
inoltre che l’amministrazione condominiale convenuta
fosse “condannata a rendere partecipi i fratelli
4

Maria e Alberto De Maria per sentire dichiarato che i

Alberto

e Mario De Maria

[…l

per i millesimi

corrispondenti a locale interrato di loro proprietà,
locato all’Enel di Bologna e destinato a cabina di

Il Tribunale di Bologna, riuniti i giudizi,
decideva con sentenza nella quale respingeva tutte le
domande proposte da De Maria Alberto e Mario,
dichiarava che i medesimi non facevano parte del
Condominio e dichiarava infine gli stessi privi della
titolarità di alcun diritto reale sull’area di cortile
adibita

a

parcheggio

condominiale,

ubicata

nel

complesso

ritenendo questa di proprietà dei

condomini del plesso.
La pronuncia era impugnata dai De Maria e la Corte
di appello

di

Bologna, con sentenza pubblicata il 9

giugno 2010, riformava parzialmente la decisione di
primo grado e dichiarava De Maria Mario titolare della
proprietà di due posti auto ubicati nell’area di
cortile adibita a parcheggio che era ubicata nel
complesso condominiale: affermava, sul punto, che la
titolarità dei detti posti auto derivasse
all’appellante dall’atto notarile del 30 gennaio 1976,
con cui si era fatto luogo allo scioglimento della
comunione immobiliare relativa all’intero fabbricato.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per
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trasformazione dell’energia elettrica – .

cassazione il Condominio di via Codivilla

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condomini, articolando dieci motivi di impugnazione.
Resiste il solo Mario De Maria con controricorso.

moTrvI

DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso

denunciato un vizio

di extrapetizione. Con la citazione d’appello i
fratelli De Maria non avrebbero intatti richiesto il
riconoscimento della proprietà dei due posti auto siti
nell’area di cortile condominiale.
Coi secondo motivo di ricorso è lamentata omessa
applicazione del principio di corrispondenza tra il
chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), posto che
nessuna domanda era stato formulata dagli appellanti
per ottenere il riconoscimento dell’asserita
comproprietà dei posti auto, avendo i medesimi
richiesto il solo accertamento della loro qualità di
condomini per i millesimi corrispondenti al locale
interrato.
Il terzo motivo denuncia che la sentenza del
Tribunale sarebbe coperta dal giudicato in
considerazione dell’oggetto dell’impugnazione proposta
contro la stessa.
Col quarto motivo la pronuncia della corte di
Bologna è censurata per omessa valutazione della
6

ricorrenti hanno depositate memoria.

rinuncia degli appellanti ad ottenere il riconoscimento
della loro qualità di condomini per l’asserita
proprietà dei due posti auto.

è il decimo replica la doglianza relativa alla
mancata rilevazione della rinuncia operata dai De Maria
con l’omessa impugnazione della sentenza di primo
grado, laddove nega che agli stessi possa riconoscersi
la qualità di condomini.
I motivi possono esaminarsi congiuntamente in

quanto investono un’unica questione: quella
dell’esperimento del gravame contro la decisione del
tribunale che ha escluso il diritto dei De Maria
sull’area di cortile adibita a parcheggio.
Le censure sono prive di fondamento.
Come si legge nella sentenza impugnata, il terzo
motivo di appello riguardava proprio la decisione
concernente il diritto reale sui posti auto: diritto
che gli appellanti avevano invocato sulla scorta
dell’atto notarne del 30 gennaio 1976 con cui si era
fatto luogo allo scioglimento della comunione
immobiliare sull’intero fabbricato.
D’altro canto, nello stesso ricorso per cassazione
sono riprodotte le conclusioni rassegnate dai De Maria
avanti alla corte emiliana e si legge, in esse, che i
7

Il motivo rubricato come undicesimo – ma in realtà

medesimi avevano domandato di respingere le domande
proposte nei condomini nell’atto di citazione loro
notificato il 30 ottobre 1992. Tra tali domande, come

l’accertamento negativo (ex art. 949 c.c.}

di diritti

reali di Mario De Maria sull’area di cortile più volte
citata. Sicché la corte distrettuale, nel dichiarare il
predetto Mario De Maria titolare della proprietà dei
due posti auto ubicati nell’area di cortile adibita a
parcheggio, non ha fatto altro che decidere,
disattendendola, la domanda proposta dai condomini (di
cui – si è visto gli appellanti continuavano a
chiedere il rigetto in sede di appello) e accertando,
in contrario, l’esistenza del diritto che in prime cure
il tribunale felsineo aveva negato.
La questione relativa al fatto che i fratelli De
Maria avrebbero impugnato la sentenza di primo grado
rivendicando la qualità di condomini solo in quanto
proprietari del locale interrato (qualità

negata

in

entrambi i gradi di merito e che non è investita dal
ricorso per cassazione) è, poi, del tutto irrilevante,
visto che il gravame contro la sentenza del tribunale
mirava anche ad altro risultato: e cioè – si ripete al rigetto dell’azione negatoria proposta dai condomini
con riferimento alla proprietà dei posti auto. Su tale
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sì è visto, era ricompresa quella avente ad oggetto

capo di domanda la Corte di appello di Hologna aveva il
potere-dovere di decidere e così ha fatto. Va
rammentato, in proposito, che

volta a chiarire la reale situazione

giuridica del fondo ed implica, percià, sia
l’accertamento positivo del diritto dell’attore sia
quello negativo circa la inesistenza del diritto
vantato dal convenuto: sicché l’affermazione, in
sentenza, del diritto di proprietà del convenuto
costituisce la ragione giuridica del rigetto
dell’azione negatoria (Cass. 23 agosto 1978, n. 3930.
Non concludente è, poi, quanto dedotto con
riferimento al motivo n. 11

(recte,

10): è evidente

che, quale sia stata la posizione assunta dagli
appellanti con riferimento ad altre statuizioni del
tribunale, l’impugnazione della decisione sulla

negatoria servitutis manteneva viva la parte di lite
incentrata sull’esistenza o meno del diritto dominicale
sui posti auto.
Il quinto motivo denuncia genericamente

error in

procedendo ed errore di fatto. Secondo i ricorrenti,
leggendo l’atto notarile di divisione del 30 gennaio

1976 ci si avvede che i fratelli De Maria divisero tra
loro tutte le unità immobiliari e mantennero la
comunione sull’area di cortile, il cui parziale

9

servitutis é

l’actio negatoria

utilizzo

fu

oggetto

di

una

regolamentazione

concretatasi nell’assegnazione, ad ognuno dei fratelli,
di sette posti auto.

impropriamente qualificato

error in procedendo:

la

corte territoriale avrebbe affermato che all’atto della
divisione gli appellanti avrebbero provveduto ad
attribuirsi in proprietà esclusiva la titolarità di
sette posti auto, laddove nel contratto era previsto
che rimanessero in comunione per metà ciascuno le parti
comuni dell’edificio e la corte annessa.
Il nono denuncia erronea e contraddittoria
motivazione e riguarda, ancora una volta,
l’interpretazione del negozio divisionale: la. parte
ricorrente propone, sulla base di una propria lettura
dell’atto notarile, conseguenze giuridiche diverse
rispetto a quelle che da esso ha inteso trarre la corte
distrettuale.
I tre motivi vanno disattesi.
Il profilo dedotto col quinto motivo potrebbe
essere al più esaminato da questa corte solo avendo
riguardo al vizio di motivazione

art. 3GO, n.

5

c.p.c.), essendo ben chiaro che, per un verso, nella
circostanza non viene dedotto alcun vizio processuale e
che, per altro verso, l’errore di fatto sfugge al

lo

Col settimo motivo si deduce un vizio che viene

sindacato di legittimità.
Ora, la corte di appello ha ritenuto esistente il
diritto di proprietà di Mario De Maria sui due posti

muovendo dal più volte nominato atto divisionale e
accertando, nello specifico, che lo stesso disponesse
l’attribuzione in proprietà esclusiva dei condividenti
di sette posti auto, identificati nella planimetria
allegata all’atto, i quali avrebbero potuto formare
oggetto di trasferimento ai futuri proprietari degli
appartamenti condominiali. Da ciò ha ricavato che fu lo
stesso titolo ad escludere la natura condominiale
dell’area destinata a parcheggio, onde – ha concluso le alienazioni successive dei singoli posti macchina
“non potevano far venir meno tale diritto esclusivo che
traeva origine da un titolo che, chiaramente, disponeva
in tal senso”.
Va qui osservato che la valutazione degli element
probatori attività istituzionalmente riservata al
giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non
sotto il profilo della congruità della motivazione del
relativo apprezzamento (per tutte: Cass. 26 gennaio
2015, n. 1414) e che il vizio di omessa o insufficiente
motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art.
360, n. i c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del
11

auto localizzati nell’area di cortile condominiale

giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti
decisivi della controversia e non può invece consistere

difforme da quello preteso dalla parte, perché la
citata norma non conferisce alla Corte di legittimità
il puLere di riesaminare e valutare il merito della
causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo
logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e
la valutazione fatta dal giudice del merito al quale
soltanto spetta di individuare le fonti del proprio
convincimento e, a tale scopo, valutare le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza, e
scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 18
marzo 2011, n. 6288). Ciò posto, i ricorrenti, col
mezzo in esame, pretendono che si dia corso a una nuova
indagine sul contenuto del documento, senza oltretutto
formulare specifiche censure con riguardo all’iter
motivazionale della sentenza impugnata: tutto questo
non è evidentemente possibile.
Analoghe considerazioni impone l’esame del settimo
motivo. Questa censura mira, come la quinta, a un
inammissibile riesame della prova valutala dal giudice
distrettuale. Peraltro, io scrutihio di un vizio
12

in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso

moLivazionale – peraltro non specificamente dedotto sarebbe stato possibile solo ove i ricorrenti avessero
indicato, nella sua completezza, I contenuto della

l’appartenenza dei posti auto: ciò che non è avvenuto,
visto che nell’articolare il motivo essi si sono

limitali a riportare due piccoli stralci dell’ano
notarile.
Quanto or ora osservato vale, poi, anche per la
nona censura, pure tendente

a

fornire una nuova

interpretazione dell’atto di divisione sulla base di
riproduzioni frammentarie del contratto in questione.
Il sesto mezze di impugnazione prospetta
violazione e falsa applicazione di norme di dirino,
nonché contraddittorietà della motivazione. La corte

emiliana dopo aver affermato che la norma di cui
all’art. 12, 9 ° co. 1. n. 246/2005 non presenterebbe

efficacia retroattiva, avrebbe poi rilevato che la
portata della stessa induce a favorire una
interpretazione dell’art. 41

sexies

l. n. 1150/1942

(c.d. legge urbanistica) secondo la quale detta
disposizione non poneva

ab origine alcun limite alla

commerciabilità dei parcheggi obbligatori, né

alcun

vincolo pertinenziale sugli stessi rispetto alle unità
immobiliari dello stabile.

13

disposizione dell’atto di divisione che disciplinava

La censura non può trovare accoglimento.
La ratio decjdend_i della sentenza impugnata, con
riguardo al tema del diritto di proprietà sui due posti

divisione; gli argomenti spesi con riguardo alla
retroattività, o irretroattività, dell’art. 12, 9 ° cc.
cit. sono stati

formulati infatti ad

abundantiam.

La

stessa sentenza della corte di Bologna, d’altro canto,
nega che la disciplina di cui all’art. 41

sexies

Introdotto dalla i. n. 765/1967 si applichi alla
vicenda per cui è causa, pesto che il fabbricato
condominiale risale ai primi anni cinquanta:
proposizione – questa – senz’altro corretta, visto che
norma di cui all’art. 18 della 1. n. 765/1967 – che ha
introdotto il cit. art. 41

sexies

non trova

applicazione per gli edifici costruiti anteriormente
all’agosto 1967 (Cass. 17 dicembre 1985, n. 6412).
Ebbene, in sede di legittimità non si possono proporre
censure avverso argomentazioni contenute nella
motivazione della sentenza impugnata e svolte
abundanLiam o costituenti obiLer dicLa,

ad

poiché esse, in

quanto prive di effetti giuridici, non determinano
alcuna influenza sul dispositivo della decisione (ad
es.: Cass. 22 ottobre 2014, n. 22110).
L’ottavo motivo, prospettando contraddittorietà
14

auto, è incentrato su quanto convenuto nell’atto di

della

motivazione,

appunta

sull’affermazione,

contenuta nella sentenza impugnata,

per cui la

situazione di diritto dell’area destinala a parcheggio

nei fatti adeguato riconoscimento con la
evidenziazione, all’interno della tabella millesimale
per la manutenzione dell’area di cortile, della
proprietà di due posti auto in capo a Mario De Maria.
Secondo i ricorrenti, la motivazione della corte di
appello sarebbe incompleta e inesatta avendo riguardo
al computo dei millesimi di cui era titolare il
predetto controricorrente.
La censura si indirizza verso elementi di fatto
che sono sottratti all’esame di questa corte
regolatrice, colpendo, oltretutto una proposizione
motivazionale aggiuntiva rispetto alla ratio decidendi
incentrata sul contenuto del contratto di divisione: la
quale, da sola, sorregge la pronuncia.
Anche l’ottavo motivo è dunque infondato.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte
ricorrente al pagamento delle spese processuali, che
15

nel cortile anLislanLe il fabbricalo aveva già trovato

liquida in C 3.200,00, di cui

200,00 per esbcrsi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio

della 2″ Sezion-A, vile, in data 18.12.21315.

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