Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11032 del 06/05/2010

Cassazione civile sez. I, 06/05/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 06/05/2010), n.11032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma cron. n. 3308,in

data 16 ottobre 2006, notificato il 23 luglio 2007, nella causa

iscritta al n. 56643/05 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 gennaio 2010 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. APICE Umberto, che nulla ha osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’Avvocatura dello Stato, con la quale – premesso che Con decreto del 16 ottobre 2006 la Corte d’appello di Roma condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore di S. G., della somma di Euro 4.200,00, oltre interessi legali, a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale subito per la non ragionevole durata di un processo pendente dinanzi al Giudice del lavoro di Santa Maria Capua Vetere, nonche’ al rimborso delle spese processuali.

Avverso la decisione il Ministero della giustizia ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.

L’intimato non ha svolto attivita’ difensiva – si e’ altresi’ osservato che il primo motivo, con cui ci si duole della nullita’ del decreto impugnato per mancata sottoscrizione da parte del relatore, e’ manifestamente infondato. Di fatti, in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, il provvedimento con cui, a norma della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 6, la corte di appello pronuncia sul ricorso e’ emesso nella forma del decreto (immediatamente esecutivo ed impugnabile per Cassazione) e pertanto, sebbene abbia forma collegiale e natura decisoria, esso deve essere sottoscritto, secondo quanto disposto dall’art. 135 c.p.c., comma 4, dal solo presidente del collegio, senza che sia necessaria la firma del relatore (Cass., Sez. 1^, 10 febbraio 2006, n. 2969).

Il secondo motivo – rubricato omesso esame su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – e’ inammissibile. Esso, infatti, non si conclude con la sintesi conclusiva del fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe omessa. Al riguardo, va fatta applicazione del principio di diritto (espresso da Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603) secondo cui, in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche’ secondo l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’.

In conclusione, ove si condividano i teste’ formulati rilievi, il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c.;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che tuttavia nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attivita’ difensiva.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2010

 

 

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