Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1103 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 34254-2019 R.G. proposto da:

R.R.L., RA.RO.LU.,

R.R.F.P., I.P.C.,

I.A.R. e I.C., elettivamente domiciliati in Roma, via

dei Savorelli, n. 11, presso lo studio dell’avvocato Anna Chiozza,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Alessandra

Onofri e Giuseppe Onofri;

– ricorrenti –

contro

B.L.G. e B.M., elettivamente

domiciliati in Roma, Via Luigi Luciani, n. 1, presso lo studio

dell’avvocato Daniele Manca Bitti, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Fabrizio Tomaselli;

– controricorrenti –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del Tribunale di

Brescia, depositata il 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. D’Arrigo

Cosimo;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del sostituto

procuratore generale Dott.ssa Sanlorenzo Rita che ha chiesto che la

Corte di Cassazione voglia, in accoglimento del proposto

regolamento, ordinare la prosecuzione del giudizio.

 

Fatto

RITENUTO

R.R.F.P., Ra.Ro.Lu. e R.R.L. convenivano innanzi al Tribunale di Brescia, sezione specializzata agraria, B.L.G., quale affittuario di un fondo, chiedendone la condanna al rilascio e al pagamento del canone non ancora corrisposto. Il convenuto si costituiva in giudizio unitamente a B.M., chiedendo in via preliminare – per quanto qui d’interesse la sospensione del giudizio per pregiudizialità in relazione ad altra causa, da costoro promossa nei confronti delle R.R., per la prelazione e il riscatto del medesimo fondo. Intervenivano volontariamente nel giudizio anche I.C., I.A.R. e I.P.C..

Con ordinanza del 13 giugno 2018 il Tribunale di Brescia disponeva la sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa di prelazione agraria.

Con sentenza n. 890 del 29 marzo 2019, il Tribunale di Brescia respingeva la domanda di prelazione e/o riscatto proposta dai B..

Le R.R. presentavano ricorso per la riassunzione della causa sospesa, chiedendo che la questione della pregiudizialità fosse riesaminata ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2. I B. eccepivano l’inammissibilità del ricorso per riassunzione.

Il Tribunale di Brescia, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha respinto l’istanza, confermando la sospensione pregiudiziale già disposta con l’ordinanza del 13 giugno 2018, rilevando che il giudizio pregiudicante non risulta tuttora definito, in quanto la sentenza n. 890 del 2019 è stata appellata.

Avverso questo provvedimento le R.R. e gli I. hanno proposto, congiuntamente, ricorso per regolamento di competenza. I B. hanno resistito, ai sensi dell’art. 47 c.p.c., comma 5, e successivamente hanno depositato un’ulteriore memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Il regolamento è fondato e, in accoglimento dello stesso, deve disporsi che la causa prosegua innanzi al Tribunale di Brescia, affinchè esso valuti l’eventuale sussistenza dei presupposti per la sospensione della causa ai sensi dell’art. 337 c.p.c.

Va premessa, infatti, la differenza dei presupposti che legittimano la sospensione pregiudiziale prevista dall’art. 295 c.p.c. e quella facoltativa di cui all’art. 37 c.p.c..

La sospensione del processo ex art. 337 c.p.c., comma 2, è solo facoltativa, perchè può essere disposta in presenza di un rapporto di pregiudizialità in senso lato tra la causa pregiudicante e quella pregiudicata, senza che la statuizione assunta nella prima abbia effetto di giudicato nella seconda, nè richiede che le parti dei due giudizi siano identiche; mentre quella disciplinata dall’art. 295 c.p.c. è sempre necessaria, essendo finalizzata ad evitare il contrasto tra giudicati nei casi di pregiudizialità in senso stretto e presuppone altresì l’identità delle parti dei procedimenti (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 17623 del 25/08/2020, Rv. 658720 – 01).

In particolare, salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non è doverosa, ma può essere disposta, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., come si desume dall’interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l’art. 282 c.p.c.; il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, infatti, qualifica la posizione delle parti in modo diverso rispetto allo stato iniziale della lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza di primo grado (Sez. L, Ordinanza n. 80 del 04/01/2019, Rv. 652448 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 26251 del 03/11/2017, Rv. 646764 – 01).

In altri termini, con la pubblicazione della sentenza di primo grado sulla controversia pregiudicante sono cambiati i presupposti per la sospensione (divenuta facoltativa, anzichè necessaria) della controversia pregiudicata.

Non rileva la circostanza che il provvedimento di sospensione fosse stato adottato “fino al passaggio in giudicato”. Tale puntualizzazione, infatti, è tamquam non esset, dal momento che non è nel potere del giudice che pronuncia la sospensione per pregiudizialità ancorare la durata della stessa ad un evento (il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio pregiudicante) diverso da quello stabilito dalla legge (la pubblicazione della sentenza che definisce il primo grado).

Pertanto, correttamente le R.R. hanno adito il Tribunale per la riassunzione della causa, affinchè lo stesso valutasse, sotto il diverso profilo dell’art. 337 c.p.c., se ricorressero i presupposti per disporre la prosecuzione del giudizio ovvero dovesse essere mantenuta la sospensione.

Il provvedimento con il quale Tribunale ha ritenuto il ricorso in riassunzione inammissibile solo sulla scorta dei fatto che la sentenza pronunciata nella causa pregiudicante fosse stata appellata, deve essere quindi cassato.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei resistenti. Queste vengono liquidate nella misura indicata nel dispositivo, poichè il valore effettivo della causa deve essere considerato indeterminabile, non potendo trovare applicazione alcuno dei criteri previsti dal D.M. n. 55 del 2014, art. 5 del Ministero della Giustizia quando la questione oggetto del giudizio abbia rilievo meramente processuale (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 504 del 14/01/2020, Rv. 656577 – 01).

PQM

accoglie il ricorso e ordina la prosecuzione del giudizio.

Condanna i resistenti al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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