Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11024 del 19/05/2011

Cassazione civile sez. II, 19/05/2011, (ud. 30/09/2010, dep. 19/05/2011), n.11024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da:

C.L., rappresentato e difeso, per procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avvocato DI FRANCESCO Alfredo, domiciliato

in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte

Suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

M.R., C.V.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Pescara n. 2616/09, depositata

in data 5 ottobre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30 settembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che nulla ha osservato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Tribunale di Pescara, adito con ricorso L. n. 794 del 1942, ex art. 29, dall’Avvocato C.L., che chiedeva venissero liquidati gli onorari spettatigli per le prestazioni svolte in favore della Motosalone Muffo s.r.l. e dei coniugi M.R. e C.V., ha rigettato la richiesta di liquidazione formulata nei confronti del M. e della C., e, in accoglimento del ricorso nei confronti della Motosalone Muffo s.r.l., ha liquidato le somme dovute in Euro 5.841,50 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge nonchè interessi legali dalla data di messa in mora (30 maggio 2008) al saldo, somma dalla quale doveva essere detratta la somma già versata a titolo di acconto, pari ad Euro 1.450,00;

che, con il medesimo provvedimento, il Tribunale ha condannato la Motosalone Muffo s.r.l. al pagamento delle spese processuali;

che, invece, con riferimento alla domanda proposta nei confronti di M.R. e C.V., il Tribunale ha accolto l’eccezione di prescrizione ex art. 2956 cod. civ. e art. 2957 cod. civ., comma 2, formulata sul rilievo che l’attività svolta dal legale in loro favore si era conclusa con la sottoscrizione dell’atto di transazione in data 6 luglio 2005, seguito dalla notifica del ricorso, avvenuta nel gennaio 2009, in assenza di atti interruttivi;

che per la cassazione di questa ordinanza ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost., l’Avvocato C.L., sulla base di due motivi;

che gli intimati non hanno svolto attività difensiva;

che, con il primo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione in relazione all’atto interruttivo della prescrizione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1310, 2956, 2957 e 2943 cod. civ.;

che, sostiene il ricorrente, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere concluso il rapporto professionale alla data della sottoscrizione dell’atto di transazione, risultando in contrario che la restituzione del fascicolo alle parti (Motosalone Muffo s.r.l., M.R. e C.V.), che congiuntamente avevano rilasciato il mandato, era avvenuta in data 8 agosto 2007;

che il ricorrente ricorda ancora che, con lettera raccomandata inviata il 23 maggio 2008, aveva interrotto la prescrizione sollecitando il pagamento delle proprie competenze; lettera che il Tribunale non aveva preso in considerazione e che, pur essendo indirizzata solo alla Motosalone Muffo s.r.l., aveva interrotto la prescrizione anche nei confronti degli altri condebitori in solido, secondo quanto stabilito dall’art. 1310 cod. civ., comma 2;

che, con il secondo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione all’eccezione di avvenuto adempimento del debito, incompatibile con l’eccezione di prescrizione del credito, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 2956, 2959 e 2943 cod. civ.;

che, in proposito, il ricorrente invoca l’applicazione del principio stabilito da Cass. n. 10503 del 2004, in ordine alla impossibilità di eccepire la prescrizione presuntiva da parte del debitore che deduca ad un tempo di avere adempiuto il proprio debito mediante il pagamento di una somma minore di quella domandata;

che, essendosi ravvisate le condizioni per procedere ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta la prevista relazione, che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato una proposta di decisione nel senso della inammissibilità del ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:

“(…) Per costante giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento instaurato, in tema di liquidazione dei compensi spettanti ad un avvocato, ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 29, il rito camerale e la conseguente decisione del tribunale, resa con ordinanza non impugnabile (e, perciò, ricorribile in Cassazione ex art. 111 Cost.), costituiscono istituti processuali di ius singulare (attesi la non appellabilità del provvedimento terminale del giudizio e l’eccezionale deroga al principio del doppio grado di giurisdizione), applicabili, per l’effetto, sol che l’oggetto della controversia rimanga rigorosamente limitato alla determinazione (alla stregua delle tariffe) della misura del compenso spettante al legale, con la conseguenza che l’introduzione, come nella specie, da parte del cliente, di altro e parzialmente diverso thema decidendum, quale quello conseguente ad una eccezione di prescrizione o ad una domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento dei danni per temerarietà dell’azione, impedisce la prosecuzione del procedimento con il detto rito semplificato, mentre la eventuale pronuncia (ciononostante) resa dal tribunale riveste, a tutti gli effetti, carattere di sentenza, impugnabile con i mezzi di gravame ordinari, e non più con il ricorso straordinario di cui all’art. 111 Cost. (da ultimo, Cass., n. 15273 del 2010).

Nella specie, essendo stata eccepita la prescrizione del credito vantato dal difensore ed avendo il Tribunale svolto il proprio accertamento in ordine a tale eccezione, con particolare riferimento alla individuazione del momento dal quale era iniziato a decorrere il termine prescrizionale, la pronuncia avrebbe dovuto essere impugnata con l’appello, sicchè il proposto ricorso per cassazione si appalesa inammissibile. Il ricorso può quindi essere trattato in camera di consiglio”.

Rilevato che il ricorrente ha depositato memoria sostenendo che il provvedimento impugnato era ricorribile per cassazione;

che, nelle more della redazione della motivazione della decisione adottata dal Collegio a seguito della adunanza camerale del 30 settembre 2010, le Sezioni Unite hanno trattato la questione della individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso i provvedimenti adottati nel procedimento di cui alla L. n. 794 del 1942;

che, con sentenza n. 390 del 2011, è stato quindi affermato il principio secondo cui “in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari ed altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, al fine di individuare il regime impugnatorio del provvedimento – sentenza oppure ordinanza della L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 30 – che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento”;

che, nella specie, il provvedimento impugnato è dallo stesso giudice che lo ha adottato, qualificato come “ordinanza L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 29, comma 4”;

che, pertanto, in applicazione del richiamato principio, la soluzione di inammissibilità del ricorso prospettata nella relazione ex art. 380 bis cod. proc., civ., non può essere condivisa;

che, pertanto, non sussistendo più le ragioni di evidenza decisoria in base alle quali era stata proposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo perchè il ricorso possa essere discusso in pubblica udienza.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011

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