Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11022 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 26/04/2021), n.11022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15728/2020 proposto da:

F.U., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Luigi Migliaccio in forza di procura speciale

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2283/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/03/2021 dal Consigliere SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, depositato il 4/7/2017 F.U., cittadino del Pakistan, ha adito il Tribunale di Catanzaro, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di essere originario del Distretto di Sialkot; di essere fuggito perchè aveva lavorato con dei trafficanti di armi; che costoro lo avevano assunto per trasportare del pane, sotto cui nascondevano delle armi; che quando lui aveva scoperto il traffico e voleva lasciare il lavoro, i trafficanti lo avevano minacciato, costringendolo a lavorare per loro.

Con ordinanza del 1/2/2019 il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto da F.U. è stato rigettato dalla Corte di appello di Catanzaro, a spese compensate, con sentenza del 29/11/2019.

3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, ha proposto ricorso F.U., con atto notificato il 27/5/2020, svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria 22/6/2020 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di una circostanza decisiva, ossia il tema della risposta statuale al crimine, specie di matrice terroristica, con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1, lett. g), art. 5, comma 1, lett. c), art. 14, lett. b), oggetto di discussione fra le parti.

1.1. In particolare il ricorrente lamenta la mancata verifica da parte del giudice del grado di diffusione e impunità dei fenomeni descritti e la risposta da parte dello Stato.

1.2. Il motivo è fondato.

Il ricorrente aveva raccontato di aver inconsapevolmente trasportato armi per conto di una organizzazione criminale, che agiva sotto lo schermo del commercio di pane, di aver scoperto il loro traffico e di essere stato pesantemente minacciato e costretto a lavorare per loro, in assenza di efficace controllo statale e con il motivo di appello aveva addotto l’impossibilità di ottenere tutela da parte delle forze dell’ordine, inefficienti e corrotte, incapaci di portare i responsabili dinanzi alla giustizia.

La Corte di appello, pur considerando il narrato credibile nella sua struttura essenziale, ha ritenuto che si trasse di “un fatto avente un mero rilievo penalistico in relazione al quale l’istante non ha ben chiarito le ragioni per cui non ha ritenuto di potersi rivolgere alle autorità”.

1.3. Invece le ragioni erano state indicate e rispetto ad esse la Corte di appello ha totalmente omesso di valutare l’efficacia della repressione del crimine da parte delle forze dell’ordine pakistane, in particolare nei confronti delle organizzazioni di matrice terroristica, nella zona del Paese in questione, e il grado di tutela erogato a favore dei cittadini esposti nei confronti di esse.

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 6, stabilisce che ai fini dell’esame della domanda di protezione internazionale, deve essere valutata la possibilità di protezione da parte dello Stato, dei partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, a condizione che abbiano la volontà e la capacità di offrire protezione.

Tale protezione deve essere effettiva e non temporanea e consistere nell’adozione di adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, avvalendosi tra l’altro di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione o danno grave, e nell’accesso da parte del richiedente a tali misure.

In tema di protezione internazionale, nella forma della protezione sussidiaria, il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3 e art. 14, lett. a) e b), il rischio effettivo di subire un grave danno nel caso in cui il cittadino faccia rientro nel proprio paese d’origine e non possa, a causa di tale rischio, avvalersi della protezione di tale paese, ricorre anche nel caso in cui lo Stato non sia in grado di offrire una protezione effettiva e non temporanea, adottando adeguate misure che possano impedire atti persecutori o danni gravi, sicchè il giudice nel valutare le dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale dovrà considerare se sia stato realizzato ogni apprezzabile sforzo per circostanziare la domanda, produrre gli elementi pertinenti in suo possesso, motivare la mancanza di altri elementi significativi (Sez. 6 – 1, n. 23604 del 09/10/2017, Rv. 646043 – 01). Infatti le minacce di morte da parte di una setta integrano gli estremi del danno grave il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e non possono essere considerate un fatto di natura meramente privata anche se provenienti da soggetti non statuali, sicchè l’adita autorità giudiziaria ha il dovere di accertare, avvalendosi dei suoi poteri istruttori anche ufficiosi ed acquisendo le informazioni sul paese di origine, l’effettività del divieto legale di simili minacce, ove sussistenti e gravi, ovvero se le autorità del Paese di provenienza siano in grado di offrire adeguata protezione al ricorrente (Sez. 6 – 1, n. 3758 del 15/02/2018, Rv. 647370 – 01).

Nella fattispecie l’indagine è totalmente mancata ed è stata ignorata la ragione addotta dal ricorrente per non essersi rivolto alle autorità locali.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), poichè, a fronte delle COI aggiornate e pertinenti dedotte dall’appellante, la Corte aveva deciso sulla situazione del Paese con riferimento alla domanda di protezione sussidiaria sulla base di informazioni vetuste e inadeguate.

Il motivo è fondato e va accolto.

Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche come pure omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, in tale ipotesi incorrendo la pronuncia nel vizio di motivazione apparente (Sez. 1, n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 3, n. 22528 del 16/10/2020, Rv. 659032 – 01).

In particolare, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti aggiornate in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Sez. 6-1, n. 11312/2019, Rv. 653608-01; Sez. 1, n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01; Sez. 1, n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 6 – 1, n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608 – 01; Sez. 1, n. 11096 del 19/04/2019, Rv. 656870 – 01).

Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Sez. 1, n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130 – 01).

Alla luce del dovere di approfondimento istruttorio, non può ritenersi corretta e adeguata la decisione del giudice del merito che, nel respingere la richiesta di protezione, si limiti a fornire indicazioni generiche e approssimative sulla situazione del Paese interessato dalla domanda del richiedente; l’assolvimento del dovere comporta, invece, l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione e la necessità di riportare, nel contesto della motivazione svolta, le fonti di informazione utilizzate a fondamento e giustificazione del convincimento espresso dal giudice.

2.3. Le informazioni debbono essere ragionevolmente attuali come prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2.

Il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale o umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del Paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione, in funzione della loro oggettiva notorietà, è censurabile in sede di giudizio di legittimità. (Sez. 1, n. 15215 del 16/07/2020, Rv. 658260 – 01; Sez. 1, n. 13758 del 03/07/2020, Rv. 658092 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 3, n. 8819 del 12/05/2020, Rv. 657916 – 06; Sez. 3, n. 22527 del 16/10/2020, Rv. 659409 – 02; Sez. 3, n. 23999 del 30/10/2020, Rv. 659522 – 01).

La situazione socio politica del paese di origine del richiedente asilo è stata valutata a settembre-novembre del 2019 sulla base di fonti informative risalenti al periodo 2012-2016 e al 2014, come riferito sia nel primo paragrafo di pag.6 e del primo paragrafo di pag.7 della sentenza impugnata; alle pagine 7 e 8 sono stati riferiti una serie di eventi del 2015; alle pagine 9 e 10 gli eventi del 2016.

A pagina 11 vi è un fugace cenno al 2017 e una valutazione della situazione della metropoli di Lahore, senza alcun collegamento al caso concreto.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ossia il grado di integrazione in Italia valutato in correlazione con la situazione di violenza diffusa in Pakistan e alla vulnerabilità determinate dalle violenze subite e documentate con certificazione medica.

Il motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento dei motivi precedenti.

5. In ragione dell’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con il rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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