Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11021 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 26/04/2021), n.11021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9889/2020 proposto da:

M.M., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Luigi Migliaccio in forza di procura speciale

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4322/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 09/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/03/2021 dal Consigliere SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, depositato il 4/7/2017 M.M., cittadino del Bangladesh, ha adito il Tribunale di Napoli, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il proprio paese perchè aveva ricevuto minacce di morte in seguito a un litigio; che vi era stata una violenta discussione tra suo padre e i vicini di casa che avevano costruito sconfinando sul terreno della sua famiglia; che nel corso di una lite, suo padre era stato picchiato violentemente e lui stesso aveva litigato con il figlio dei vicini; che costoro erano sostenitori del partito Awami League e avevano fatto intervenire militanti di quel partito; dopo quindici giorni era stato avvicinato dalla polizia che gli aveva chiesto le generalità e gli aveva chiesto se faceva parte del partito Jamat el Islami; che temendo di essere arrestato, aveva lasciato il Paese.

Con ordinanza del 20/2/2017 il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto da M.M. è stato rigettato dalla Corte di appello di Napoli, a spese compensate, con sentenza del 9/9/2019.

3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, ha proposto ricorso M.M., con atto notificato il 9/3/2020, svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria 4/5/2020 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorrente ha presentato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi (violenze, arresti arbitrari e sparizioni forzate per motivi politici ed effettività di tutela in Bangladesh) con riferimento alla richiesta dello status di rifugiato e alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).

1.1. A tal proposito il ricorrente lamenta altresì motivazione del tutto apparente, resa con travisamento dello stesso racconto del ricorrente, che aveva esposto il proprio timore di essere ingiustamente perseguitato da parte della polizia, manovrata dai propri ostili vicini di casa, aderenti del partito Awami League, a cui si erano contrapposti in seguito ad un loro sconfinamento edilizio che aveva provocato la lite fra le famiglie.

1.2. Il motivo è fondato.

La motivazione deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, (Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020, Rv. 658088 – 01; Sez. L, n. 3819 del 14/02/2020, Rv. 656925 – 02); infatti la motivazione che non rende percepibile il fondamento della decisione, perchè reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non può lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01).

1.3. La Corte partenopea ha ripetuto due volte (a cavallo fra le pagine 4 e 5 e nel penultimo paragrafo di pag.5), con lievi varianti, la medesima frase “non ricorrono nella specie i delineati presupposti dello status di rifugiato politico, dovendosi escludere che qualsiasi persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o per opinioni politiche, sia stata consumata in danno dell’appellante”, che costituisce enunciazione meramente assertiva, priva di ogni valore esplicativo ed astrattamente adattabile ad ogni ricorso in materia di protezione internazionale.

Nè la motivazione può essere colta nell’aggiunta, nella seconda proposizione della predetta frase, della locuzione “alla stregua di quanto sopra rilevato e argomentato” che introduce un rinvio per relationem a un elemento del tutto assente nel testo della sentenza, che semmai contiene, a pagina 4, primo capoverso, oltre a una ulteriore affermazione della non ricorrenza dei presupposti di legge, la mera enunciazione di tali presupposti.

Fa invece difetto qualsiasi argomentazione, anche sintetica, volta a collegare il caso proposto dal sig. M. alla normativa citata; manca totalmente la stessa valutazione della credibilità del racconto e del pericolo di intimidazione denunciato da parte del ricorrente, che aveva dichiarato di temere la polizia asseritamente manovrata dai vicini politicizzati e che l’aveva accusato di far parte di una organizzazione estremista islamica.

La Corte di appello di Napoli non ha motivato più specificamente neppure con riferimento alla protezione sussidiaria su base individuale il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), a pagina 5, ultimo capoverso, e a pagina 6, ultimo capoverso, ove la Corte si riferisce alle stesse, inesistenti, considerazioni esposte per escludere il diritto allo status di rifugiato.

Fa difetto poi qualsiasi approfondimento della situazione sociopolitica del Bangladesh con riferimento al contesto in cui il racconto del richiedente asilo è calato, visto che la consultazione delle fonti informative (peraltro risalenti al 2015-2016 in una sentenza del settembre del 2019) è avvenuta solo in riferimento all’ipotesi di conflitto armato interno.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

2.1. Secondo il ricorrente a fronte delle COI aggiornate e pertinenti dedotte dall’appellante, la Corte aveva deciso sulla situazione del Paese con riferimento alla domanda di protezione sussidiaria sulla base di informazioni vetuste e inadeguate.

2.2. Il motivo è fondato.

Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche come pure omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, in tale ipotesi incorrendo la pronuncia nel vizio di motivazione apparente (Sez. 1, n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 3, n. 22528 del 16/10/2020, Rv. 659032 – 01).

In particolare, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti aggiornate in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Sez. 6-1, n. 11312/2019, Rv. 653608-01; Sez. 1, n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01; Sez. 1, n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 6 – 1, n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608 – 01; Sez. 1, n. 11096 del 19/04/2019, Rv. 656870 – 01).

Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Sez. 1, n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130 – 01).

Alla luce del dovere di approfondimento istruttorio, non può ritenersi corretta e adeguata la decisione del giudice del merito che, nel respingere la richiesta di protezione, si limiti a fornire indicazioni generiche e approssimative sulla situazione del Paese interessato dalla domanda del richiedente; l’assolvimento del dovere comporta, invece, l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione e la necessità di riportare, nel contesto della motivazione svolta, le fonti di informazione utilizzate a fondamento e giustificazione del convincimento espresso dal giudice.

2.3. Le informazioni debbono essere ragionevolmente attuali come prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2.

Il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale o umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del Paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione, in funzione della loro oggettiva notorietà, è censurabile in sede di giudizio di legittimità. (Sez. 1, n. 15215 del 16/07/2020, Rv. 658260 – 01; Sez. 1, n. 13758 del 03/07/2020, Rv. 658092 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 3, n. 8819 del 12/05/2020, Rv. 657916 – 06; Sez. 3, n. 22527 del 16/10/2020, Rv. 659409 – 02; Sez. 3, n. 23999 del 30/10/2020, Rv. 659522 – 01).

La sentenza impugnata è incorsa evidentemente nel vizio denunciato perchè la Corte di appello a settembre del 2019 nel riferire il risultato delle sue indagini ha indicato fonti del 2015-2016, che riferivano fatti del 2014, pur avendo il ricorrente fatto riferimento, citato e prodotto fonti molto più aggiornate datate anche 2018.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ossia il percorso di integrazione in Italia valutato in correlazione con la situazione in cui il ricorrente verrebbe a trovarsi in caso di rientro in patria.

Il motivo, concernente la protezione umanitaria residuale, resta assorbito per effetto dell’accoglimento dei primi due.

4. In ragione dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con il rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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