Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11015 del 27/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 11015 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso 1033-2011 proposto da:

GIAMBA BET S.R.L.,
S.R.L., C.F.

già GIOCHI E SCOMMESSE STADIO

01750430462, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 72, presso lo studio
dell’avvocato ALDO SIMONCINI, che la rappresenta e
2016
939

difende unitamente all’avvocato SAVERIO CASTELLI,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.

Data pubblicazione: 27/05/2016

0078750587, in proprio e quale mandatario della
CARTOLARIZZAIONE CREDITI INPS SPA, in persona
del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA
29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI giusta delega in atti;

controricorrente-

avverso la sentenza n. 1153/2010 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 28/09/2010 R.G.N. 1136/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/03/2016 dal Consigliere

Dott. FABRIZIO

AMENDOLA;
udito l’Avvocato SIMONCINI ALDO;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega verbale

Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del

Sostituto Procuratore

Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

rappresentato e difeso dagli Avvocati LUIGI CALIULO,

R.G. n. 1033/2011

Svolgimento del processo

1.— Con sentenza del 28 settembre 2010, la Corte di Appello di Firenze, in
riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione

a ruolo

esattoriale e la domanda di accertamento negativo proposta da Giochi e

Spa in relazione ad una omissione contributiva del periodo gennaio 2001 – marzo
2002 per euro 76.647,65.
La Corte territoriale, premesso che la contribuzione in esame riguardava gli
addetti alla ricezione ed al pagamento delle scommesse ippiche in una agenzia di
Firenze, ha ricostruito le modalità delle prestazioni svolte dagli “sportellisti” in
base agli accertamenti ispettivi ed alle testimonianze assunte ed ha ritenuto che
“siano evidenti tutti i caratteri della subordinazione di cui all’art. 2094 c.c.” … in
quanto “nessun effettivo elemento dì autonomia si riscontra nella concreta
attività di questi lavoratori”.

2.—

Per la cassazione di tale sentenza Giamba Bet Srl (già Giochi e

Scommesse Stadio snc di Ughi Massimo & C.) ha proposto ricorso affidato a due
motivi. L’Inps, in proprio e quale mandatario della SCCI Spa, ha resistito con
controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

3.— Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 2094, 2222 c.c. in relazione all’art. 2697 stesso codice nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c..
Si lamenta che la Corte territoriale non avrebbe considerato che la
qualificazione di collaborazione coordinata e continuativa espressamente
attribuita dalle parti al rapporto tra esse intercorso le imponeva, da un lato, di
tenerne conto e, dall’altro, di fornire una motivazione puntuale ed esauriente su
tutti gli elementi espressamente presi in considerazione dal giudice di primo
grado in base ai quali lo stesso giudice era pervenuto ad una conclusione
opposta; che la mancata prestazione del lavoratore nel turno assegnato non
comportava conseguenze disciplinari ma solo la mancata corresponsione della

ft,11

1

Scommesse Stadio snc di Ughi Massimo & C. nei confronti dell’INPS e della SCCI

R.G. n. 1033/2011

é
retribuzione; che i precedenti giurisprudenziali citati dall’INPS e tenuti in conto
dalla Corte fiorentina non riguardavano lavoratori inquadrati come collaboratori
coordinati e continuativi; che la stessa Corte aveva omesso di spiegare se ed in
quale misura il comportamento delle parti nello svolgimento del rapporto avesse
contraddetto in misura decisiva l’originaria volontà negoziale di qualificazione del

Con il secondo mezzo di impugnazione si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 2094 c.c. e 409 c.p.c. n. 3, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n.

3 , c.p.c..
Si eccepisce che gli addetti in controversia avevano stipulato contratti di
collaborazione coordinata e continuativa ante legem n. 276 del 2003; che la
Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che istruzioni e direttive sono
presenti anche nel lavoro autonomo, specie se coordinato, e possono riguardare
anche il tempo e il luogo dello svolgimento dell’attività, ovvero il “come”, il
“quando” e il “dove”; che il fulcro dell’indagine avrebbe dovuto essere centrato
sulla libertà o meno del lavoratore di svolgere la prestazione; che l’impugnata
sentenza non aveva adeguatamente valutato la facoltà dei lavoratori di farsi
sostituire e di scambiare turni senza avvertire l’Agenzia, la disponibilità data di
volta in volta dagli sportellisti per essere inseriti nei turni predisposti dall’Agenzia
in base al calendario degli eventi sportivi, la libertà degli stessi di revocare la
propria disponibilità. Ci si duole, poi, che la Corte territoriale non abbia comunque
constatato che l’INPS non aveva provato, per ciascun sportellista, la natura
subordinata del singolo rapporto e che non abbia disposto d’ufficio una CTU, al
fine del calcolo dei contributi e della sanzioni civili; si deduce altresì che la durata
temporanea di ciascun rapporto avrebbe dovuto far “presupporre”, ai sensi
dell’art. 23 della I. n. 56 del 1987, l’esistenza di una clausola della contrattazione
collettiva da cui risultasse prevista quella specifica ipotesi di assunzione a
termine.

4.—

1

motivi di ricorso, scrutinabili congiuntamente per reciproca

connessione, non possono trovare accoglimento per le ragioni reiteratamente
espresse da questa Corte in controversie analoghe (Cass. n. 21497 del 2014;
Cass. n. 9343 del 2005; Cass. n. 2970 del 2001; Cass. n. 9659 del 1999; Cass.
n. 6761 del 1999; Cass. n. 5340 del 1999; Cass. n. 5045 del 1999; Cass. n. 6086

2

rapporto come coordinato e continuativo.

R.G. n. 1033/2011

el 1991) e che il Collegio ritiene di ribadire alla stregua delle osservazioni che
seguono.
4.1.— L’art. 2094 c.c., cui si deve la definizione normativa di chi sia
“prestatore di lavoro subordinato”, illustra emblematicamente la verticalità di un
rapporto nel quale il lavoro è reso “alle dipendenze e sotto la direzione”

Pacifico indirizzo di questa Corte offre contenuto alla norma ed individua
l’elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro
autonomo nell’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e
disciplinare del datore; subordinazione, quindi, da intendersi come vincolo di
natura personale che assoggetta il prestatore ad un potere datoriale che si
manifesta nella eterodirezione, con conseguente limitazione della libertà del
dipendente.
Pochi dubbi allorquando la relazione di supremazia si concreta
nell’emanazione di ordini specifici, nell’esercizio di una assidua e costante attività
di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni, nello stabile e
continuativo inserimento nell’organizzazione produttiva dell’impresa.
Constatato, però, che qualsiasi attività umana economicamente rilevante può
essere astrattamente oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che autonomo
(cfr. Cass. n. 326 del 1996; Cass. n. 5710 del 1998; Cass. n. 26896 del 2009;
con le precisazioni di Cass. n. 18692 del 2007 e Cass. n. 6570 del 2000), qualora
l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia
agevolmente apprezzabile a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, può farsi
ricorso ad elementi dal carattere sussidiario e funzione indiziaria (per tutte: Cass.
SS.UU, n. 379 del 1999, con la risalente giurisprudenza ivi richiamata) che, lungi
dal prescindere dall’essenzialità della subordinazione, ne accertano in via indiretta
l’esistenza quali evidenze sintomatiche di un vincolo non rintracciabile aliunde.
Appare chiaro che la mera applicazione dei singoli indici rivelatori rimane
muta o può essere addirittura fuorviante se non si accompagna ad una globale
visione di insieme che attribuisca maggiore o minor valore ad alcuni di essi a
seconda delle peculiarità della prestazione di cui si discute; vale, cioè, il
paradigma logico secondo cui gli indizi, proprio perché tali, vanno letti
congiuntamente affinché il processo inferenziale conduca a risultati univoci.
Ancora le Sezioni unite di questa Corte (n. 379/99 cit.) insegnano come “ciò
che deve negarsi è soltanto l’autonoma idoneità di ciascuno di questi elementi,

3

dell’imprenditore.

R.G. n. 1033/2011

considerato singolarmente, a fondare la riconduzione del rapporto in
contestazione all’uno o all’altro tipo contrattuale (id est, a costituire il criterio,
generale ed astratto, preordinato a siffatto risultato specifico), non anche la
possibilità che, in una valutazione globale dei medesimi, funzionale alla suddetta
indagine prioritaria e decisiva sulla sussistenza del requisito della subordinazione,

dell’effettività di tale sussistenza”.
4.2.— Parte ricorrente, deducendo in fatto che gli addetti rispetto ai quali è
stata accertata l’omissione contributiva avevano stipulato contratti di
collaborazione coordinata e continuativa per il periodo 2001 – 2002, rammenta
quella giurisprudenza che valorizza il reciproco affidamento delle parti e la
concreta disciplina giuridica del rapporto quale voluta dalle medesime
nell’esercizio della loro autonomia contrattuale; in questa prospettiva allorquando
i soggetti, nel regolare reciproci interessi, abbiano dichiarato di voler escludere
l’elemento della subordinazione, configurando, esplicitamente, rapporti di
collaborazione autonoma, non sarebbe possibile pervenire ad una diversa
qualificazione se non si dimostra che l’essenziale elemento della subordinazione si
sia di fatto realizzato nel concreto svolgimento del rapporto medesimo.
in realtà da tempo è consolidato il principio secondo cui la formale
qualificazione delle parti in sede di conclusione del contratto individuale non
impedisce di accertare il comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del
rapporto di lavoro, al fine della conseguente qualificazione giuridica dello stesso
come lavoro autonomo ovvero lavoro subordinato, sia nel caso in cui le parti, pur
volendo attuare un rapporto di subordinazione, abbiano simulatamente dichiarato

di volere un rapporto di lavoro autonomo ai fine di eludere la disciplina legale
inderogabile in materia, sia nell’ipotesi in cui tale volontà sia autentica, ma
durante lo svolgimento del rapporto le parti stesse con comportamenti
concludenti abbiano manifestato l’intenzione di mutare la natura del rapporto
ponendo in essere un rapporto di lavoro subordinato (tra le molte: Cass. n. 7024
del 2015; Cass, n. 22289 del 2014; Cass. n. 19568 del 2013; Cass. n. 19114 del
2013; Cass. n. 13858 del 2009; Cass. n. 20361 del 2005; Cass. n. 18660 del
2005; Cass. n. 16144 del 2004; Cass. n. 13872 del 2004; Cass. n, 6645 del
1999; Cass. n. 7885 del 1997; Cass. SS.UU. n. 61 del 1999).
Orientamento adeguato rispetto alle indicazioni offerte in argomento dalla
Corte Costituzionale che, stante l’indisponibilità dei diritti stabiliti dalla

pAAP

4

essi vengano assunti, come concordanti, gravi e precisi indici rivelatori

R.G. n. 1033/2011

Costituzione a tutela del lavoro subordinato, non ha consentito al legislatore, ed a
fortiori alle parti, di negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro
subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura (Corte Cost. sent.
n. 121 del 1993 e n. 115 del 1994; più di recente v. sent. n. 76 del 2015 che, a
fronte del moltiplicarsi degli interventi legislativi di qualificazione espressa dei

ruolo sistematico di rilievo, sia nell’opera adeguatrice dell’interprete, sia nel
vaglio di costituzionalità, tuttavia escludendo nella specie l’illegittimità della
disciplina dell’incaricato di guardia infermieristica negli istituti di prevenzione e
pena).
Detto orientamento impedisce di attribuire valore preclusivo di ogni ulteriore
indagine alla dichiarazione contrattuale di qualificazione del rapporto ma non
ostacola un iter interpretativo che, partendo dal dato volontaristico, si curi di
accertare se il contenuto concreto del rapporto e le sue effettive modalità di
svolgimento siano conformi alle pattuizioni stipulate ovvero siano piuttosto propri
del rapporto di lavoro subordinato (cfr. Cass. n. 12926 del 1999; Cass. n, 5665
del 2001), in particolare laddove non si ravvisi una situazione di chiara debolezza
contrattuale del lavoratore (cfr. Cass, n. 12085 del 2003; Cass. n. 15001 del
2000; Cass. n. 7796 del 1993; Cass. n. 3170 del 1990) o quando le concrete
modalità di svolgimento dello stesso lascino margini di ambiguità e/o di
incertezze (v. Cass. n. 11207 del 2009; Cass. n. 13884 del 2004; Cass. n. 17549
del 2003; Cass. n. 12364 del 2003; Cass. n. 6673 del 2003; Cass. n. 7931 del
2000) !
In tal senso evidentemente la Corte Costituzionale ha di recente espresso
l’avviso che “il

nomen iuris adoperato dai contraenti, sfornito di un valore

assoluto e dirimente, non può essere del tutto pretermesso e rileva come
elemento sussidiario, quando si riveli difficile tracciare il discrimine tra
l’autonomia e la subordinazione” (sent, n. 76/2015 cit.).
4.3.— Tanto premesso occorre ribadire i confini del sindacato di legittimità in
ordine alla qualificazione del rapporto di lavoro offerta dai giudici di merito.
In gran parte delle sentenze già citate che affrontano il tema si legge che la
valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad
includere il rapporto controverso nello schema contrattuale del rapporto di lavoro
subordinato o autonomo costituisce accertamento di fatto, per cui è censurabile
in Cassazione solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al

5

rapporti di lavoro, ha ribadito che l’indisponibilità del tipo negoziale ricopre un

R.G. n. 1033/2011

caso concreto (adde Cass. n. 14434 del 2015; Cass. n. 4346 del 2015; Cass. n.
9808 del 2011; Cass. n. 23455 del 2009; Cass. n. 26896 del 2009).
Invero non par dubbio che il prestare “il proprio lavoro intellettuale o manuale
alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore” (art. 2094 c.c.) costituisce
un fatto, sebbene possa atteggiarsi con modalità proteiformi nella varietà delle

Parimenti si traduce in accadimenti della vita reale l’assoggettamento del
lavoratore ai potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro,
con vincolo di natura personale per la messa a disposizione delle energie
lavorative, con cui la giurisprudenza di questa Corte individua l’elemento
essenziale della subordinazione.
Naturalmente fatti, di natura processuale secondaria, sono anche quelle
circostanze descritte come elementi sussidiari e funzione indiziaria dai quali
muovere affinché la loro concorrenza possa indurre la prova circa la ricorrenza
della subordinazione.
L’accertamento in ordine alla ricostruzione di ciascuno di questi fatti, principali
e secondari, e del come si siano verificati nella vicenda storica che origina la
controversia compete ai giudici di merito.
Ad essi spetta anche la valutazione dei fatti che concretano gli indici
sintomatici della subordinazione, al fine di esprimere un giudizio complessivo dei
medesimi che sintetizzi le ragioni per cui da essi si sia tratto il convincimento
circa la sussistenza o meno della subordinazione rcmte:51:Ma. Trattandosi di giudizi di fatto questa Corte può sottoporli a sindacato nei limiti
consentiti da una prospettazione del vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.,
nella formulazione tempo per tempo vigente.
Inoltre il giudice di legittimità può sindacare la sussunzione operata
dall’impugnata sentenza, sempre nei limiti di una censura appropriata, negando per dirla con la decisione delle 55.L111. n. 379/99 già citata – che un singolo
elemento sintomatico possa fondare la riconduzione del rapporto in contestazione
all’uno o all’altro tipo contrattuale, e cioè “a costituire il criterio, generale ed
astratto, preordinato a siffatto risultato specifico”, dovendo invece essere
praticata una valutazione globale dei medesimi, quali “concordanti, gravi e precisi
indici rivelatori” dell’effettività della sussistenza della subordinazione.

AAA

6

relazioni lavorative.

R.G. n. 103312011

5.—

Venendo alla controversia che ci occupa la stessa può essere

agevolmente risolta alla stregua dei criteri di giudizio appena richiamati.
Invero nei motivi di ricorso nella sostanza si critica la valutazione effettuata
dalla Corte fiorentina in ordine alla riconduzione dei rapporti in controversia
all’area della subordinazione; si contesta la significatività attribuita a taluni indici

trascurata la circostanza dell’esistenza di contratti formalmente qualificati come
di collaborazione coordinata e continuativa.
Orbene si tratta di censure che chiaramente attingono gli accertamenti fattuali
condotti dal giudice del merito, il quale, con adeguata motivazione, ha valorizzato
taluni indici comunemente ritenuti sintomatici della subordinazione, quali
l’espletamento del lavoro in turni, la firma di presenza, la fissità della postazione
lavorativa, la natura esecutiva ed elementare delle mansioni svolte, l’utilizzo di
macchine e programmi aziendali, il controllo a la sorveglianza costanti di un
dipendente della società, la retribuzione commisurata alla durata del turno, etc.,
e, valutando i medesimi nel loro insieme, in una visione sintetica e non atomistica
relazionata alla specificità del caso concreto, la Corte territoriale ha ricavato il
convincimento che di subordinazione si trattasse.
Rispetto a tale convincimento la società non può ricorrere per cassazione al
fine di opporre un diverso convincimento, criticando la sentenza impugnata per
aver dato credito a talune circostanze, che si assumono ciascuna priva di valore
significativo, piuttosto che ad altre, ritenute al contrario più rilevanti, con ciò
assumendo erroneamente di avere individuato vizi di motivazione idonei a
determinare l’annullamento della sentenza impugnata.
Come noto, infatti, il vizio di motivazione non conferisce affatto al giudice di
legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta
al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice
di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità,
per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito
attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie.
Per conseguenza, secondo una pacifica affermazione, il vizio di motivazione,
sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima a
mente della formulazione dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. pro tempore vigente,
può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano

7

sintomatici piuttosto che ad altri; si lamenta, in particolare, che sia stata

R.G. n. 1033/2011

rinvenibil9 tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della
controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un
insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da
non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base
della decisione; al contempo deve osservarsi che il compito di valutare le prove e

proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo
quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in
via esclusiva al giudice del merito; dunque le censure concernenti i vizi di
motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o
illogicità che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito
e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali
diversa da quella operata nella sentenza impugnata. Infine va considerato che,
affinché la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata
adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, al fine di
confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è
sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in
questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente
incompatibili con esse.
In particolare, tanto più in giudizi nei quali la decisione è il frutto di selezione
e valutazione di una pluralità di elementi, tutti concorrenti a supportare la prova
del fatto principale, il ricorrente non può limitarsi a prospettare una spiegazione
di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile
o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poiché è necessario che tale
spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile (da ultimo, Cass. n.
25927 del 2015).
Ne consegue che non avendo autonomo valore decisivo (inteso nel senso che
l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con
certezza e non con grado di mera probabilità) né l’omessa considerazione della
qualificazione giuridica offerta dalle parti per quanto innanzi ricordato, né tanto
meno che il singolo lavoratore fosse libero di accettare o non accettare l’offerta di
prestazione ovvero di farsi o meno sostituire da altri (circostanze già ritenute
“irrilevanti” da Cass. n. 9343 del 2005), le valutazioni svolte e le coerenti
conclusioni della Corte fiorentina configurano un’opzione interpretativa del
materiale di causa del tutto ragionevole che, pur non escludendo la possibilità di

8

di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonché di individuare le fonti del

R.G. n, 1033/2011

altre scelte interpretative anch’esse ragionevoli, è espressione di una potestà
propria del giudice del merito che non può essere sindacata nel suo esercizio
(cfr., ex plurimis, Cass. n. 7123 del 2014).
Infine si palesa infondato il secondo motivo di ricorso anche nella parte in cui
si lamenta che la Corte territoriale non avrebbe comunque constatato che l’INPS

rapporto, in quanto i giudici d’appello hanno evidentemente ritenuto che detta
prova era stata fornita, con giudizio che ha resistito al vaglio di legittimità; circa
la doglianza che non sarebbe stata disposta d’ufficio una CTU è sufficiente
rilevare che l’esercizio discrezionale del potere di avvalersi dell’opera di un
consulente tecnico non è sindacabile da questa Corte con censure di carattere
così generico.
Altrettanto privo di pregio l’assunto secondo cui la durata temporanea di
ciascun rapporto avrebbe dovuto far “presupporre”, ai sensi dell’art. 23 della I.

n.

56 del 1987, una clausola della contrattazione collettiva da cui risultasse prevista
quella specifica ipotesi di assunzione a termine, atteso che la prova dell’esistenza
di una clausola che stabilisce il termine di durata al rapporto di lavoro
subordinato grava su chi la deduce.
6.— Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese liquidate in euro 4.100,00, di cui euro 4.000,00 per compensi professionali,
oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 marzo 2016
I

non aveva provato, per ciascun sportellista, la natura subordinata del singolo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA