Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11013 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 26/04/2021), n.11013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3083/2016 proposto da:

B.P., B.L., domiciliati in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Baldassini Rocco, giusta

procura speciale per Notaio Dott. L.C. di Empoli – Rep.

n. 212.980 del 26.10.2015;

– ricorrenti –

contro

Città Metropolitana di Firenze, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Corso d’Italia n. 102, presso lo

studio dell’avvocato Mosca Giovanni Pasquale, rappresentata e difesa

dall’avvocato De Luca Anna Lucia, giusta nuova procura speciale

autenticata dal Segretario Generale Dott. M.P. in data

23.9.2020;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1517/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

il tribunale di Firenze con sentenza del 19.11.2001 condannava la Provincia di Firenze a pagare a B.P., B.L. e V.A. la somma di Lire 513.000.000, oltre rivalutazione ed interessi a titolo di indennizzo per la perdita, a seguito di occupazione appropriativa, di un terreno di loro proprietà sito in Castelfiorentino, occupato per la realizzazione di un istituto scolastico, senza che nei termini fissati fosse stato emesso il decreto di esproprio. Nel giudizio erano stati chiamati anche la Regione Toscana e il Comune di Castelfiorentino.

La Provincia di Firenze, nel proporre appello contestava la ritenuta edificabilità del terreno, la misura dell’indennizzo e il cumulo di rivalutazione e interessi riconosciuto in sentenza.

La Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, determinava la somma dovuta agli appellati in Euro 146.020,10 con decorrenza di rivalutazione e interessi dal 20.7.1984. La Corte affermava che la possibilità di edificazione scolastica comportava la sussistenza della vocazione edificatoria, anche perchè, sebbene di regola tale realizzazione fosse prevalentemente pubblica, nulla escludeva che la stessa potesse essere realizzata da privati.

La Provincia di Firenze impugnava tale sentenza per Cassazione, censurando con un primo motivo (che veniva accolto) la natura edificatoria del terreno destinato ad edilizia scolastica pubblica, contestando con un secondo motivo (che veniva assorbito) l’errata liquidazione del danno, lamentando con un terzo motivo (che veniva rigettato), la regolamentazione delle spese e contestando con un quarto motivo (che veniva rigettato) la statuizione concernente la rivalutazione monetaria della somma determinata a titolo di ristoro. Da parte loro, i B. proponevano ricorso incidentale (che veniva assorbito) per censurare l’errata liquidazione del danno.

Riassunta la causa davanti alla Corte d’appello, B.P. e B.L. – preso atto della ritenuta natura non edificatoria del terreno per come statuito da parte della Suprema Corte – ritenevano che la Corte distrettuale dovesse determinare, in sede di rinvio, il risarcimento del danno (e non già un’indennità di esproprio) sulla base del valore venale del terreno alla luce della pluralità di destinazioni che lo stesso poteva ricevere. La Provincia di Firenze chiedeva, invece, che la natura non edificabile del terreno imponesse la ricerca del valore di mercato dell’area, come terreno agricolo.

All’esito di CTU, la Corte d’appello condannava la Provincia di Firenze al risarcimento del danno per l’occupazione appropriativa, determinato nell’importo di Euro 43.717,83.

A supporto della pronuncia, e in adesione alla consulenza d’ufficio (che aveva evidenziato l’impossibilità di utilizzare il criterio sintetico-comparativo per l’assenza di un sufficiente numero di aree similari ma anche l’inattendibilità dei dati forniti dai consulenti di parte), la Corte d’appello riteneva che l’utilizzo più verosimile, per determinare il valore di mercato per uso agricolo, fosse quello di parco/giardino, e non quello di parcheggio pubblico/privato, come richiesto dal CTP di parte.

Avverso quest’ultima sentenza, i Signori B. hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, mentre la Provincia di Firenze ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e della L. n. 865 del 1971, artt. 15 e 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte d’appello in sede di rinvio pur confermando la natura non edificabile del terreno (secondo il dictum della Cassazione), ne aveva determinato il valore in funzione del valore agricolo medio violando le norme di cui alla rubrica nel testo e nell’interpretazione susseguenti alla sentenza n. 181/11 della Corte Costituzionale.

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente, la Corte d’appello aveva posto a carico dei ricorrenti le spese di giudizio nella misura di due terzi e compensandole per il restante terzo, senza tenere conto che la soccombenza reciproca era stata determinata dal cambiamento (in termini sfavorevoli ai proprietari) della giurisprudenza, in materia di edificabilità scolastica, sopraggiunto in corso di causa.

Il primo motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata basata sull’affermazione che la destinazione a parcheggio dell’area non fosse contemplata dal piano urbanistico che la ricomprendeva (come invece ipotizzato dal ctp di B.P. e B.L.).

Il secondo motivo è infondato, alla luce dell’insegnamento di questa Corte secondo cui, “In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (Cass. n. 24502/17).

Nel caso di specie, era nella facoltà discrezionale della Corte compensare sia pure solo parzialmente le spese di lite.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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