Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11012 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/05/2017, (ud. 19/05/2016, dep.05/05/2017),  n. 11012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2204-2014 proposto da:

S.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TIEPOLO, 21, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DE BELVIS,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO DORI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

KEMET ELECTRONICS ITALIA S.R.L., già ARCOTRONICS TECHNOLOGIES

S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LEOPOLDO FREGOLI

8, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SALONIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANLUIGI LAUS, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 973/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/01/2013 R.G.N. 982/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato COZZOLINO FABIO MASSIMO per delega orale Avvocato

SALONIA ROSARIO e Avvocato LAUS GIANLUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza emessa in data 30/4/2013, la Corte di Appello di Bologna rigettava il gravame interposto da S.S., nei confronti della Kemet Electronics Italia S.r.l., avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva respinto il ricorso proposto dal S. volto ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa dalla società datrice di lavoro, in data 3-4-2007;

Per la cassazione della sentenza ricorre il S. articolando due motivi ulteriormente illustrati da memoria depositata ex art. 378 codice di rito.

La Kemet Electrinics Italia S.r.l. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe errato nella sussunzione del fatto addebitato ad esso ricorrente nelle ipotesi contemplate dagli artt. di cui si denunzia la violazione, posto, che mancherebbe la necessaria proporzionalità tra fatto e sanzione e che l’insubordinazione addebitata al lavoratore non può costituire una ipotesi così grave da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, posto che, a parere del ricorrente, le espressioni usate nella risposta per iscritto al superiore gerarchico non hanno una carica offensiva tale da ledere l’onore della persona cui erano indirizzate.

1.1. Il motivo non è fondato, poichè la Corte di merito ha operato una corretta sussunzione della fattispecie nella normativa relativa all’obbligo di entrambe le parti di attenersi ai doveri di correttezza e buona fede nell’attuazione del rapporto di lavoro: artt. 1175 e 1375 c.c.. Tali disposizioni sono caratterizzate dalla presenza di elementi “normativi” e di clausole generali (Generalklauseln), il cui contenuto, elastico ed indeterminato, richiede, nel momento giudiziale e sullo sfondo di quella che è stata definita la “spirale ermeneutica” (tra fatto e diritto), di essere integrato, colmato, sia sul piano della quaestio facti che della quaestio iuris, attraverso il contributo dell’interprete, mediante valutazioni e giudizi di valore desumibili dalla coscienza sociale o dal costume o dall’ordinamento giuridico o da regole proprie di determinate cerchie sociali o di particolari discipline o arti o professioni, alla cui stregua poter adeguatamente individuare e delibare altresì le circostanze più concludenti e più pertinenti rispetto a quelle regole, a quelle valutazioni, a quei giudizi di valore, e tali non solo da contribuire, mediante la loro sussunzione, alla prospettazione e configurabilità della tosa res (realtà fattuale e regulae iuris), ma da consentire inoltre al giudice di pervenire, sulla scorta di detta complessa realtà, alla soluzione più conforme al diritto, oltre che più ragionevole e consona. Queste specificazioni del parametro normativo hanno natura di norma giuridica, come in più occasioni sottolineato da questa Corte, e la disapplicazione delle stesse è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge. Pertanto, l’accertamento della ricorrenza, in concreto, nella fattispecie dedotta in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, è sindacabile nel giudizio di legittimità, a condizione che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli – standards – conformi ai valori dell’ordinamento esistenti nella realtà sociale (Cass. n. 25044/2015; Cass. n. 8367/2014; Cass. n. 6498/2012; Cass. n. 5095/2011; Cass. n. 25144/2010).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, nell’applicare le clausole generali di cui agli artt. 2106 e 2119 c.c. ha operato una corretta valutazione sotto il profilo della correttezza del metodo seguito e con il rispetto dei criteri e dei principi desumibili dall’ordinamento generale, ed in particolare, dei principi costituzionali, avuto riguardo alla disciplina peculiare in cui la fattispecie si colloca.

2. Con il secondo mezzo di impugnazione il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, un “error in procedendo”, nonchè l’omesso espletamento dell’istruttoria orale di causa circa il reale accadimento dei fatti, lamentando che i fatti di causa non sarebbero andati nel modo descritto dalla Corte di merito.

2.1 Il motivo è inammissibile, poichè, nella sostanza, è formulato con censure riferibili ad uno o più vizi tra quelli di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1. Ed al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, dinanzi ad un motivo che conteneva censure astrattamente riconducibili ad una pluralità di vizi tra quelli indicati nell’art. 360 c.p.c., ha ribadito la propria giurisprudenza che stigmatizza tale tecnica di redazione del ricorso di legittimità, ponendo in evidenza “la impossibilità di convivenza, in seno al medesimo ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità” (Cass., S.U., nn 26242/2014; 17931/2013).

Nel motivo in esame viene dedotto un error in procedendo in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e viene censurato altresì una omissione nell’istruttoria attinente al reale accadimento dei fatti, mentre, come è noto, l’error in procedendo va dedotto (e specificato, la qual cosa, nella fattispecie, non è avvenuta) nel ricorso per cassazione a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Pertanto è altresì superfluo soffermarsi sul fatto che la censura relativa al “vizio di motivazione” sarebbe stata comunque inammissibile per la formulazione non più consona con le modifiche introdotte all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile, ratione temporis, al caso di specie poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 30/4/2013.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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