Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11011 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/05/2017, (ud. 19/05/2016, dep.05/05/2017),  n. 11011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2088-2014 proposto da:

S.N., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

SERVIRAIL ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, P.I. (OMISSIS), in persona

del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti; TRENITALIA S.P.A. p.i.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 554/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/06/2013 R.G.N. 1322/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato TRIBULATO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato MAGAGLIO MARCO per delega orale Avvocato MORRICO

ENZO;

udito l’Avvocato ZARLATTI CARLA per delega Avvocato SCHITTONE

NICOLO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’estinzione per R. e

rigetto per il resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte territoriale di Torino, con sentenza depositata il 12/6/2013, respingeva il gravame interposto da M.M., + ALTRI OMESSI

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso il M. e gli altri lavoratori affidandosi a quattro motivi.

Trenitalia S.p.A. e Servirail S.r.l. in liquidazione hanno resistito con controricorso.

Tutte le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 codice di rito.

Il R. ha depositato atto di rinuncia, in data 27/6/2014, al ricorso di legittimità per intervenuta transazione, chiedendo la compensazione delle spese di lite; a sua volta, Trenitalia S.p.A. depositato atto di accettazione della rinunzia del R. al ricorso, unitamente al verbale di conciliazione sottoscritto dal R. e da Trenitalia in data 20/6/2014.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c., deve dichiararsi l’estinzione del processo tra R.S. e Trenitalia S.p.A., poichè, come rappresentato in narrativa e come risulta per tabulas, il lavoratore ha rinunziato al ricorso di legittimità e la società ha accettato la rinunzia per intervenuta transazione, in data 20/6/2014, tra le dette parti.

Conseguentemente, va dichiarata la cessazione della materia del contendere tra il R. e la Servirail S.r.l. in liquidazione. Nulla va disposto in ordine alle spese tra R. e Trenitalia, stante l’accettazione della rinuncia e rilevato che nel predetto verbale le parti si sono già accordate per la compensazione delle stesse. Tra R. e Servirail, ne va poi disposta la compensazione.

Quanto agli altri ricorrenti, vanno esaminati i quattro motivi di ricorso articolati.

1. Con il primo motivo si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29; art. 1655 c.c.; D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 84; art. 41 Cost., nonchè, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la errata motivazione della sentenza oggetto del giudizio di legittimità. In particolare, si lamenta che il ragionamento della Corte territoriale sia errato ed assunto in violazione di legge, laddove non considera che l’autonomia imprenditoriale, salvaguardata dall’art. 41 Cost., non può mai spingersi sino alla violazione delle norme di legge ed altresì che nel sistema giuridico italiano è vietato appaltare manodopera (al di fuori dei limiti di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 4, 5, 20 e 21) e che, in caso di contratti siglati in violazione della normativa operante in materia, la magistratura deve sindacare il contratto impugnato applicando le sanzioni previste dal legislatore (cfr. D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 27 e 29).

2. Con il secondo motivo i tricorrenti denunziano, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e l’omessa motivazione, perchè la Corte di Appello ometteva di pronunziarsi sulla richiesta di ammissione di prova per testi formulata dai ricorrenti in primo grado e riproposta con il ricorso in appello.

3. Con il terzo motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29; art. 1655 c.c.; D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 84; nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, , – l’omesso esame e il difetto di motivazione su fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti”. Più specificamente, si deduce che la Corte distrettuale non abbia tenuto nel debito conto il fatto che fosse Trenitalia S.p.A. a dettare i tempi e le modalità di svolgimento delle prestazioni di lavoro dei ricorrenti.

4. Con il quarto mezzo di impugnazione i ricorrenti denunziano la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, nonchè, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “l’erronea motivazione”, lamentando che la Corte di merito abbia identificato il rischio di impresa con quello afferente alla mancata esecuzione del servizio pattuito, giungendo, in tal modo, ad identificare il rischio di impresa con le conseguenze dell’inadempimento contrattale, con il mancato pagamento della prestazione in caso di mancata esecuzione del contratto. Senza considerare che nella fattispecie manca il rischio di impresa e che la stessa società appaltatrice non ha alcun interesse alla qualità del servizio offerto, poichè la remunerazione resta invariata a prescindere dalla detta qualità.

Va, innanzitutto, rilevato che il ricorso per cassazione di cui si discute è stato tempestivamente proposto, poichè la sentenza della Corte di Appello di Torino è stata depositata il 12/6/2013 e, secondo quanto risulta documentalmente, il ricorso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica alle controparti il 6/12/2013; tali notifiche sono state effettuate a mezzo posta con raccomandate A/R spedite il 9/6/2013 presso i procuratori costituiti in secondo grado nei domicili rispettivamente eletti. La notifica alla Servirail è andata a buon fine in data 12/12/2013, mentre quella a Trenitalia, effettuata presso avv. Giorgio Frus, nel domicilio eletto in Torino, via Bligny, n. 0, non è andata a buon fine per – irreperibilità del destinatario-sconosciuto”, come si evince dalla cartolina in atti, con sottoscrizione dell’addetto al recapito del 12/12/2013. Si è resa, pertanto, necessaria una seconda notifica che, dagli atti, risulta essere stata effettuata il 20/12/2013, presso il medesimo avvocato e presso lo stesso domicilio; notifica, quest’ultima, andata a buon fine, essendo stato ritirato l’atto in data 30/12/2013.

1.1 Venendo ora a considerare i motivi di ricorso, va rilevato che il primo motivo non può essere accolto, poichè proposto in violazione del principio più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014, cit.). Il ricorso per cassazione deve, pertanto, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 1435/2013; Cass. n. 23675/2013; Cass. n. 10551/2016). Nella fattispecie, i ricorrenti denunziano l’omesso esame, da parte del giudice di merito delle clausole del contratto di appalto che non vengono, però riportate, in violazione dell’art. 366, n. 6 codice di rito.

Peraltro, per quanto specificamente attiene al dedotto “vizio di motivazione”, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel -contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 12/6/2013, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”.

E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue in ordine ai motivi di appello proposti.

2.1 Il secondo motivo è inammissibile.

In ordine al denunziato “vizio di motivazione” valgano le considerazioni già espresse sub 1.1.

In ordine alla valutazione degli elementi probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte, qualora il ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’errata valutazione di prove o la mancata ammissione delle stesse ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione alle risultanze istruttorie, laddove avesse ammesso le prove di cui si lamenta la non ammissione da parte dei ricorrenti (cfr. Cass. n. 6023 del 2009). La qual cosa, nella fattispecie, non è avvenuta.

Nel caso di specie, inoltre, la contestazione, peraltro del tutto generica, sulla non ammissione dei mezzi di prova si risolve in una inammissibile richiesta di riesame di verifica dell’esistenza di fatti posti, a dire dei ricorrenti, a fondamento della decisione oggetto del giudizio di legittimità (Cass. n. 6023 del 2009, cit.), finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).

3.1 Non può essere accolto neppure il terzo motivo per le identiche considerazioni già svolte sub 1.1, poichè i ricorrenti fanno riferimento a documenti che non producono, omettendo, altresì, di indicare la esatta collocazione negli atti di causa.

4.1 Il quarto mezzo di impugnazione è inammissibile poichè è formulato in modo generico; peraltro, lo stesso afferisce a censure riguardo alle quali i ricorrenti non specificano se siano state riproposte dinanzi alla Corte di merito e, dunque, le stesse appaiono nuove nel presente giudizio.

Per tutto quanto in precedenza esposto il ricorso va respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara estinto il processo tra R. Simone e Trenitalia S.p.A.; nulla per le spese tra i medesimi; dichiara la cessazione della materia del contendere tra il R. e Servirail Italia S.r.l. e compensa le spese; rigetta il ricorso degli altri ricorrenti e li condanna a pagare le spese di legittimità nei confronti delle società contro ricorrenti, liquidate per ciascuna in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ad eccezione del R., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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