Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11010 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 26/04/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 26/04/2021), n.11010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24664-2016 proposto da:

KUWAIT PETROLEUM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 130,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO MARIA TERENZIO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AVENTINA 3/A,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA PALOMBI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BENEDETTO SPINOSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2219/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/04/2016 R.G.N. 6755/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. BALESTRIERI FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ENRICOR MARIA TERENZIO;

udito l’Avvocato BENEDETTO SPINOSA.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma D.C., dopo aver esposto di essere stato assunto in data 4.6.07, con contratto di lavoro a tempo determinato, reiteratamente prorogato, da Adecco Italia s.p.a., ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e 21, per prestare servizio presso l’impresa utilizzatrice (Kuwait Petroleum Italia s.p.a.), nonchè di essere stato successivamente assunto con contratto di lavoro a tempo determinato da Manpower s.p.a., ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e 21, per prestare servizio presso l’impresa utilizzatrice Mares s.r.l., appaltatrice di Kuwait, conveniva la società utilizzatrice (Kuwait Petroleum Italia), innanzi al Tribunale di Roma al fine di sentir dichiarare la sussistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della società utilizzatrice, con condanna della convenuta al pagamento dell’indennità risarcitoria prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, con regolarizzazione contributiva e vittoria di spese.

Il Giudice, all’esito dell’attività istruttoria, dichiarava il ricorso parzialmente fondato. Quanto al primo contratto, rilevava che i vizi formali denunciati con riferimento al contratto di lavoro intercorso tra parte ricorrente e società di somministrazione non fossero idonei a, fondare la richiesta di costituzione di un rapporto di lavoro tra lavoratore ed utilizzatore. Dichiarava, invece, fondati i rilievi relativi alla regolarità formale del contratto di somministrazione, in quanto privo delle ragioni legittimanti il ricorso alla somministrazione di mano d’opera. A fronte di ciò dichiarava, dunque, l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra parte ricorrente e la Kuwait Petroleum Italia s.p.a., a far data dal 4.6.07, con l’obbligo per la società convenuta di ripristinare il rapporto, riammettendo in servizio il D. con le mansioni ed inquadramento già applicati.

Il Tribunale dichiarava poi infondato il capo di domanda volto ad ottenere la condanna della convenuta al pagamento dell’indennità risarcitoria prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, ritenendo che tale norma non potesse trovare applicazione anche all’ipotesi di somministrazione a tempo indeterminato. Dichiarava, infine, inammissibile la domanda di regolarizzazione della posizione contributiva in quanto diretta nei confronti di un soggetto terzo rispetto al giudizio. Condannava la società convenuta al pagamento delle di lite.

Avverso detta sentenza proponeva appello la società KPI.

In particolare deduceva l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che il contratto di somministrazione violasse i requisiti di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e 21. Riteneva l’appellante che la causale indicata nel contratto di somministrazione non si limitava a ripetere pedissequamente la formulazione dell’art. 21, comma 1, lett. c), bensì precisava come il ricorso alla somministrazione fosse stato determinato dall’implementazione di un progetto, non nell’ambito dell’azienda in generale, ma in un settore specifico.

Secondo l’appellante i requisiti di specificità della causale del contratto di somministrazione (quali la durata del progetto, il numero dei lavoratori addetti, le mansioni loro affidate), non erano previsti dalle citate norme. Lamentava infine l’erroneità della decisione nella parte in cui aveva ritenuto non applicabile anche alla somministrazione la disciplina di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 con riferimento alle conseguenze risarcitorie.

Resisteva il D..

Con sentenza depositata il 21.4.16, la Corte d’appello di Roma, confermata nel resto la pronuncia impugnata, condannava la società a corrispondere al lavoratore l’indennizzo L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 5, quantificato in sette mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società, affidato a due motivi; resiste il D. con controricorso.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, art. 21, comma 1, e art. 27, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte di merito ritenne erroneamente generiche le causali assuntive.

2.- Con secondo motivo la ricorrente denuncia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) un vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, e cioè la sussistenza delle ridette causali così come emerso dalla prova testimoniale espletata in primo grado.

3. I due motivi, che possono congiuntamente esaminarsi stante la loro connessione, sono sostanzialmente inammissibili inerendo il primo l’interpretazione delle clausole contrattuali assuntive alla luce degli elementi emersi dall’istruttoria, con ragionamento logico ed immune da vizi giuridici, da parte del giudice di merito.

Questi ha infatti evidenziato la necessità, ex art. 20 comma 4 cit., che la somministrazione a termine si basi su specifiche esigenze tecnico, organizzative, produttive o sostitutive, e che tali non potevano individuarsi nella generica dizione di “picco di attività legato ad implementazione di un nuovo progetto in ambito IT”, evidenziando la mancata specificazione del progetto, del prevedibile tempo della sua durata, del numero di lavoratori richiesti, delle mansioni ad essi affidate, nonchè l’assenza di specificazione di dati inerenti i menzionati “picchi” (pagg.3-4 sentenza impugnata).

La società ricorrente non censura l’iter giuridico suddetto, limitandosi a sostenere che le causali assuntive erano specifiche, anche considerato che la legge (in materia di contratti a termine) prevede che essi possano riferirsi anche all’ordinaria attività di impresa.

Orbene tale deduzione, anche a voler prescindere dalla indicata necessità assuntiva per picchi produttivi, non esclude i pacificamente che nell’ambito indicato la causale debba comunque essere specifica. Quanto al secondo mezzo la società ricorrente contesta esplicitamente la valutazione delle prove assunte in giudizio, in palese violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 novellato.

4. Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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