Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11010 del 06/05/2010

Cassazione civile sez. I, 06/05/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 06/05/2010), n.11010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4882-2005 proposto da:

AGRIPLASTICA SRL IN LIQUIDAZIONE (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSSERIA 2, presso l’avvocato PLACIDI ALFREDO, rappresentata e difesa

dall’avvocato SCORCIA SCIPIONE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA AGRIPLASTICA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1128/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 13/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agriplastica s.r.l., mentre era in liquidazione, propose istanza di ammissione al concordato preventivo. La società fu ammessa al concordato, ma il Tribunale di Bari ne dichiarò, poi, il fallimento per non aver provveduto ad effettuare il deposito cauzionale di L. 100.000.000 nel termine concessole. Avverso detta sentenza la società propose opposizione, chiedendo la revoca della dichiarazione di fallimento e la condanna al risarcimento del danno dei creditori, che avevano proposto istanza di fallimento. Il Tribunale adito respinse l’opposizione. Tale sentenza fu impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Bari, che con sentenza 9.11-13.12.2004 rigettò il gravame.

Avverso detta sentenza la Agriplastica s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. La intimata curatela del Fallimento della Agriplastica non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 5, L. Fall. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Deduce la ricorrente che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto nella debita considerazione il fatto che una società in liquidazione non può essere dichiarata fallita quando con le proprie sostanze è in condizione, una volta liquidate, di fare fronte al pagamento di tutti i debiti; ciò perchè nella ipotesi di impresa che si trova in stato di liquidazione – non avendo questa quale obbiettivo di restare sul mercato, ma quello esclusivo di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali – la nozione di insolvenza va riferita alla valutazione comparativa fra elementi attivi del patrimonio e massa debitoria, con la conseguenza che, se l’attivo può assicurare il pagamento in misura eguale e totalitaria dei creditori, non vi è spazio per l’apertura della procedura concorsuale.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 6, L. Fall. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il fallimento della Agriplastica sarebbe stato dichiarato in aperta violazione dell’art. 6, L. fall., essendo stato dichiarato a seguito di iniziative di creditori che in realtà non erano tali, essendo portatori di crediti contestati, risultati poi inesistenti.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione, falsa applicazione della L. Fall., art. 162, u.c., e L. Fall., art. 163, u.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

La ricorrente lamenta che le sia stato concesso un termine troppo breve per il deposito cauzionale per le spese della procedura e che, comunque, il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare il fallimento senza avere verificato in concreto la esistenza dello stato di insolvenza, non potendo ritenersi, come ritenuto illegittimamente dal Tribunale, che la proposta di concordato abbia valenza confessoria dello stato di insolvenza.

I tre motivi di ricorso, che essendo connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

La L. Fall., art. 163, comma 1, n. 4, dispone che il Tribunale, se riconosce ammissibile la proposta di concordato, con il decreto che dichiara aperta la procedura di concordato preventivo “stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l’intera procedura”.

Il citato art. 163, comma 2, L. Fall., statuisce che qualora il ricorrente non esegua il deposito previsto, il tribunale dichiara d’ufficio il fallimento del debitore. Tale normativa è stata interpretata da questa Suprema Corte di cassazione, affermando che la necessità del deposito della somma, che si presume necessaria per l’intera procedura di concordato preventivo, prescinde dalla distinzione tra concordato con cessione o senza cessione dei beni, poichè in entrambi i casi la necessità della somma di danaro liquido, la cui misura è affidata alla prudenza ed alla previsione del tribunale, costituisce, soprattutto nella prima fase della procedura, un mezzo essenziale per la sua gestione (cfr. cass. n. 2991 del 1994);

che il termine di otto giorni fissato dal tribunale per il deposito della somma predetta ha carattere perentorio (cfr. in tal senso cass. n. 7598 del 1993);

che il concordato preventivo si pone come procedura alternativa rispetto alla dichiarazione di fallimento, avendo entrambi un identico presupposto: lo stato di insolvenza dell’imprenditore (art. 160 L. Fall.);

che, ove non venga effettuato il deposito della somma in questione, deve essere dichiarato d’ufficio il fallimento, atteso che, non potendo la procedura di concordato preventivo in alcun modo proseguire, il fallimento si pone come l’unica alternativa ammissibile (cfr. cass. n. 2917 del 2000) La Corte d’Appello nella propria decisione ha fatto applicazione di detti principi, evidenziando che il termine per il deposito della somma necessaria per le spese della procedura era stato addirittura prorogato e che, nonostante tale proroga, la società ricorrente non aveva provveduto al deposito di detta somma ed affermando che, quindi, correttamente ne fu dichiarato il fallimento, atteso che anche il concordato preventivo presuppone che l’imprenditore versi in stato di insolvenza e che, una volta che sia mancato il deposito della somma che costituisce presupposto indefettibile per la prosecuzione della procedura, il giudice non è tenuto ad indagare ulteriormente in ordine alla sussistenza del presupposto oggettivo del fallimento.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto, senza alcuna pronuncia sulle spese, non essendosi la parte intimata difesa in questa fase del giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2010

 

 

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