Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11009 del 19/05/2011

Cassazione civile sez. III, 19/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 19/05/2011), n.11009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.C. (OMISSIS), in proprio e nella qualità di

legale rappresentante pro tempore della SAVIAN IMMOBILIARE S.A.S.,

elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato INFANTE VINCENZO

con studio in 80138 NAPOLI, CORSO UMBERTO I n. 90, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza non definitiva n. 1790/2005, emessa l’8/6/2005,

depositata l’ll/7/2005 nonchè la sentenza definitiva n. 373/2006,

emessa l’8/2/2006, depositata il 9/3/2006, entrambe della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI – SECONDA SEZIONE CIVILE, R.G.N. 1362/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilità o il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.A. adiva il Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Pozzuoli, deducendo di aver stipulato in data 1.6.1979 con il locatore D.C. un contratto di locazione ad uso abitativo e che il rapporto di locazione era durato fino al 28.11.2000.

Precisava l’istante che il rapporto contrattuale, insorto col D., era proseguito, dal gennaio 1992 con la Savian s.r.l., poi trasformatasi in s.a.s. Savian Immobiliare. Sosteneva di aver versato, sin dall’inizio della locazione un canone maggiore di quello legale e chiedeva determinarsi il canone legale con conseguente condanna dei locatori al pagamento dei relativi importi, o della diversa somma da determinarsi a mezzo C.T.U. Il Tribunale di Napoli, Sez. Distaccata di Pozzuoli, determinava in Euro 86,47 il canone “legale” mensile al 1979 (epoca di insorgenza del rapporto locativo), calcolando, poi, quello dovuto per le annualità dal 1985 al 2000.

Quanto all’esperita riconvenzionale, riteneva comunque prescritta la domanda del D.. Proponeva appello il R..

Con sentenza non definitiva dell’8.6-1.7.2005 la Corte distrettuale rigettava il motivo del gravame principale relativo alla mala fede del locatore, nonchè il motivo relativo al mancato inserimento nel calcolo della superficie convenzionale dell’area a verde; dichiarava inammissibile il motivo del gravame incidentale relativo all’omesso inserimento del posto auto nel calcolo della superficie convenzionale.

Con sentenza definitiva del 9.3.2006 la corte d’appello di Napoli condannava gli appellati alla restituzione in favore del R. del complessivo importo di Euro 9.293,75, oltre interessi legali;

riduceva ad Euro 263,82, oltre interessi legali, la condanna del R. in favore della Savian Immobiliare.

Propone ricorso per cassazione D.C. con due motivi. Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi del ricorso parte ricorrente denuncia rispettivamente:

1) che ha errato la Corte di merito nel ritenere frutto di errore il coefficiente di rivalutazione. In ciò si ravvisa violazione di legge art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 24;

2) violazione di legge art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 24.

Secondo il ricorrente il Tribunale ha ritenuto che, per il periodo controverso, il coefficiente di rivalutazione è di 77,475, fornendo un chiarissimo iter logico – giuridico, mentre la Corte d’appello, pur non ritenendo valido tale coefficiente, non dice come e perchè giunga ad una diversa conclusione. In ciò parte ricorrente ravvisa nullità della sentenza per omessa, insufficiente motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia.

Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: Il principio da adottare nell’aggiornamento del canone è quello della c.d. variazione assoluta oppure della variazione relativa.

Il motivo è inammissibile per la evidente genericità del quesito in quanto quest’ultimo non contiene un chiaro riferimento all’impianto motivazionale della sentenza. Esso in particolare non costituisce una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire a questo giudice di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata e si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Cass., 30 ottobre 2008, n. 26020).

Con il secondo motivo del ricorso, erroneamente indicato come terzo, D.C. sostiene che erra la Corte nel non ritenere nel calcolo della superficie convenzionale il posto auto e in ciò si ravvisa violazione di legge. Art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 13, lett. c. Insufficienza e contraddittoria motivazione. Art. 360 c.p.c., n. 5. circa un punto controverso e decisivo per il giudizio. Sostiene in particolare parte ricorrente che dal contratto di locazione, dalle ammissioni dello stesso R., nonchè dalle espletate c.t.u. risulta l’esistenza del posto auto il quale contribuisce al calcolo della superficie convenzionale. Si ravvisa il vizio di violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 24.

Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: Sull’ammissioni concordi delle parti e delle risultanze processuali anche in mancanza di una specifica richiesta di mezzo istruttorio deve il Giudice ritenere per dimostrato il fatto.

Il quesito non è correttamente formulato in quanto privo di una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa -che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (Cass., 28 settembre 2007, n. 20360).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato mentre, in assenza di attività difensiva di parte intimata non vi è luogo a disporre sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e non dispone sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011

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