Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11001 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 06/04/2017, dep.05/05/2017),  n. 11001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10696/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ARREDO INOX SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 287,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO TORTO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE FALCONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 542/04/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata il 28/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della Arredo Inox srl (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 542/04/2014, depositata in data 28/03/2014, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni di due avvisi di accertamento emessi per maggiori IRPEF, IRAP ed IVA dovute in relazione agli anni d’imposta 2003 e 2004, a seguito del disconoscimento di componenti negativi correlati a fatture ritenute dall’Ufficio fittizie e relative ad operazioni inesistenti, – è stata riformata a decisione di primo grado, che aveva respinto i ricorsi della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame della contribuente, hanno sostenuto che, non spettando al contribuente provare l’effettività delle operazioni asseritamente fittizie ma all’Amministrazione finanziaria dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, nella specie, l’Amministrazione non aveva fornito “elementi presuntivi” aventi, “nè singolarmente nè complessivamente”, “carattere di gravità, precisione e concordanza”.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la resistente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per motivazione apparente, in violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

2. La censura è fondata.

Preliminarmente, in punto di ammissibilità del motivo, il vizio va qualificato, valutato il contenuto della censura, come implicante un error in procedendo e non un vizio di violazione di legge (cfr. Cass. 19882/2013: “Ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non è necessaria l’esatta indicazione delle norme di legge delle quali si lamenta l’inosservanza” essendo necessario, invece, che si faccia valere un vizio astrattamente idoneo ad inficiare la pronuncia. Ne consegue che è ammissibile il ricorso col quale si lamenti la violazione di una norma processuale sotto profilo della violazione di legge, anzichè sotto il profilo dell’error in procedendo” di coi all’ipotesi dell’art. 360 c.p.c., n. 4″).

Questa Corte (Cass. n. 16433/2015; Cass. 7992/2016) ritenuto che ricorre il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione del difetto assoluto o della motivazione apparente, quando il giudice di merito apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero, ai contrario; affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (cfr. anche Cass. n. 871/2009).

Nel caso di specie, la CIR ha totalmente tralasciato di esaminare il fatto controverso, rappresentato dalle modalità concrete che hanno caratterizzato l’emissione di fatture per operazioni asseritamente inesistenti, ipotizzato sulla base di un compendio di elementi riportati nel p.v.c., giungendo in modo assolutamente incomprensibile alla conclusione che il contegno della società contribuente doveva ritenersi legittimo.

Il mero richiamo della giurisprudenza di legittimità in tema operazioni inesistenti e degli elementi necessari affinchè possa ritenersi la responsabilità dal punto di vista fiscale del soggetto cessionario, che la C.T.R. ha compiuto nella sentenza qui scrutinata, non è stato, infatti, in alcun modo agganciato all’esame delle vicende di acquisto acquisto/vendita delle punzonatrici da parte della società contribuente. Ciò rende impossibile (anche per la sommaria ricostruzione della parte in fatto) verificare se la C.T.R. abbia preso in considerazione i fatti controversi e decisivi per i giudizio, rappresentati dalle operazioni commerciali in esame e dalle modalità concrete che le avevano caratterizzate, anche ai fine di vagliare in concreto l’elemento della buona fede del cessionario.

Sul punto va infatti rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui qua s fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr. Cass. n. 13083/2014 e Cass. 428/2015).

3. Il secondo motivo è assorbito.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso (assorbito il secondo), va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Calabria, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito i secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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