Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 110 del 04/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 04/01/2017, (ud. 08/11/2016, dep.04/01/2017),  n. 110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.E.M., B.A. (OMISSIS), B.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACCIAIOLI 7,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO TAMIETTI, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PAOLA PORZIO, CARLA TELATIN;

– ricorrenti –

contro

B.R., B.O., B.G., A.S.,

P.G., M.D., MA.AN.MA., L.D.,

S.A., Z.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1787/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

uditi gli Avvocati PAOLO TAMIETTI, CARLA TELATIN difensori dei

ricorrenti che hanno chiesto

l’accoglimento del ricorso e delle difese esposte;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo e

per il rigetto dei restanti motivi di ricorso.

Fatto

CONSIDERATO in FATTO

B.A., L. e M. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza le parti odierne intimate a ciascuna delle quali erano stati venduti – con atti del 21 novembre 1986 e 29 gennaio 1987 – immobili di proprietà del loro padre B.S., deceduto nel (OMISSIS).

Parti attrici esponevano che gli atti di vendita erano stati rogati in base ad una procura generale conferita dal B.S. alla moglie Polato Rina, ma affetta da nullità in quanto la sottoscrizione apposta in calce alla procura stessa rivelava lo stato di incapacità del medesimo B. al momento della redazione dell’atto.

Veniva, quindi, domandata la declaratoria di nullità degli atti stipulati dalla procuratrice.

Con altro atto di citazione le medesime parti attrici convenivano in giudizio innanzi allo stesso Giudice B.R., O. e G. chiedendo l’accertamento della nullità della procura generale rilasciata ad essi dal de cuius B.S. il 16 aprile 1986 e che fosse conseguentemente dichiarata la nullità del contratto di vitalizio stipulato l’8 novembre 1991 dalla P.R..

Riunite le cause dopo la costituzione degli anzidetti B., che contestano la domanda attorea e chiedevano condanna delle attrici al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., l’adito Tribunale – con sentenza, ex art. 281 sexies c.p.c., n. 767/2009 – rigettava le domande delle parti attrici, condanate alla refusione delle spese di lite, nonchè al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. (liquidati in Euro 2000,00 per ciascuno dei tre convenuti costituiti).

Le originarie parti attrici interponevano appello avverso la succitata decisione del Tribunale di prima istanza, appello resistito dai citati B., che instavano per la conferma della prima decisione.

L’adita Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1787/2012, rigettava l’appello, confermava l’impugnata decisione e condannava le appellanti al pagamento delle spese del giudizio. Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte territoriale ricorrono la B.A., L. ed E., con atto affidato a quattro motivi.

Non hanno svolto attività difensiva le parti intimate.

Diritto

RITENUTO in DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di Appello di Venezia ritenuto infondato il primo motivo di appello in ordine alla nullità della sentenza per mancata notifica del verbale di causa in uno alla sentenza emessa ex art. 281 sexies c.p.c. (con) conseguente violazione dell’art. 35 disp. att. c.p.c., e art. 132 c.p.c.”.

I motivo non può essere accolto.

Non vi è stata nessuna omessa motivazione così dome denunziato col motivo qui scrutinato.

La gravata decisione si è soffermata nella sua parte motiva (a f. 11) sulla questione, sollevata in secondo grado, relativa alla pretesa “omessa lettura – da parte del Giudice di prima istanza – della sentenza e della esposizione delle ragioni della decisione”. Non vi è, quindi, quella totale pretermissione delle argomentazioni di parte che solo può costituire valido motivo di censura per carenza motivazionale.

Al riguardo deve richiamarsi il noto e condiviso principio che questa Corte ha già avuto modo di affermare e per il quale:

“la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione….. altrimenti il relativo motivo di ricorso si risolve in una inammissibile istanza di revisione delle valutazione e del convincimento del Giudice del merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. civ., S.U. 25 ottobre 2013, n. 24148).

In ogni caso, come correttamente affermato proprio nella citata parte nella sentenza impugnata, dal verbale di udienza risulta la lettura della sentenza e tale verbale “costituisce atto pubblico dotato, come tale, di fede privilegiata” fino a querela di falso nell’ipotesi non esperita dalle parti appellanti odierne ricorrenti. Il motivo, pertanto, deve essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di Appello di Venezia – ritenuto infondato il secondo motivo di appello in ordine alla denunciata nullità della procura generale e conseguente violazione degli artt. 1418 e 1325 c.c..

Il motivo ripropone, nella sostanza, una questione già sollevata. Si tratta di quella inerente la nullità della procura generale conferita dal B.S. alla moglie P.R. (atto per notaio Bo., rep. (OMISSIS)), che parti ricorrenti costruiscono nella loro prospettazione come “nullità per carenza dell’accordo fra le parti valevole ad instaurare un corretto rapporto giuridico”.

Tanto in dipendenza, sempre secondo la prospettazione (Iene ricorrenti, di tutta una serie di elementi fattuali quali, ad esempio, “i movimenti della mano non coordinati”, la dicitura “firmato” di cui all’atto, la carenza di sottoscrizione che non costituirebbe “incapacità di intendere e volere”.

La questione – a ben vedere – risulta peraltro già affrontati nel corso del giudizio di merito con idonea valutazione in fatto suffragata da congrua motivazione: tanto deve evidenziarsi, alla stregua di quanto di seguito si specificherà, pur essendo in presenza di un motivo che formalmente denuncia la violazione di legge.

Al riguardo deve, infatti, osservarsi che il medesimo motivo svolge in apparenza censure di violazione di norme, ma – nella sostanza – finisce per incentrarsi esclusivamente sulla ricostruzione delle vicende di fatto già oggetto della valutazione congruamente svolta dai Giudici di merito.

Tanto anche in considerazione che, per di più, nel motivo manca del tutto l’enunciazione del principio giurisprudenziale o della regula juris che sarebbe stata violata, con l’effetto che limitandosi sostanzialmente a ripropone questioni di fatto già esaminate o ragioni di impugnazione già proposte in appello ed ivi rigettate, celandole sotto una apparente specificità dei motivi – la formulata censura cela, invece, una impropria istanza di riesame in punto di fatto della controversia.

Quanto all’aspetto – apparentemente risultante – della violazione di legge il motivo neppure è fondato.

La prospettazione dell’incapacità di intendere e di volero del B.S. non poteva mai essere considerata come causa di nullità per mancanza di consenso, ma come causa di annullabilità dell’atto ex art. 428 c.c. per vizio della volontà derivante da incapacità naturale (e nella concreta fattispecie l’azione di annullamento alla stregua della citata norma era, peraltro e come eccepito, prescritta).

Il motivo, nel suo complesso, deve – pertanto – essere respinto.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano il vizio di “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di Appello di Venezia ritenuto infondato il terzo motivo di appello in ordine alla erroneità della condanna per lite temeraria e conseguente violazione dell’art. 96 c.p.c.”.

Con il motivo in esame (anch’esso proposto innanzi a questa Corte con il medesimo ordine con cui veniva proposto analogo motivo di appello) si svolge doglianza in punto di conferma, da parte della Corte territoriale, della condanna al risarcimento ex art. 96 c.p.c. irrogata dal Giudice di prime cure.

La doglianza ed il motivo sono infondati.

Nella ipotesi in esame la Corte territoriale non ha errato nel confermare la predetta condanna del Tribunale di prima istanza.

Risultava, infatti, accertata sia la proposizione di una domanda “manifestamente infondata”, che la ricorrenza del danno ben “desumibile da nozioni di comune esperienza” (quali, ad esempio, gli oneri di ogni genere per affrontare l’avversa ingiustificata iniziativa giudizi aria).

Il tutto come da noto e condiviso principio giurisprudenziale (Cass. civ., Sent. 27 novembre 2007, n. 24645 e 23 agosto 2011, 17485) correttamente applicato dalla Corte di merito e neppure contrastato col motivo che non enuncia altro pertinente e contrario principio, nè indica adeguate e sufficienti ragioni per mutare l’orientamento di cui al medesimo suddetto principio.

Il motivo deve, pertanto, essere rigettato.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Viene, col motivo qui scrutinato, fatta questione sul mancato riferimento della motivazione della sentenza gravata “ai gravi motivi che portarono il Presidente del Collegio in data 4 maggio 2010 a sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata” (di primo grado).

Il motivo è del tutto inammissibile in quanto la sospensione presidenziale di cui innanzi costituisce un atto endoprocedimentale del tutto autonomo, dato allo stato degli atti ed insuscettibile di sostanziare la censura svolta.

Il motivo è, pertanto, essere inammissibile.

5.- Alla stregua di quanto innanzi esposto e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2017

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