Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 110 del 04/01/2011

Cassazione civile sez. I, 04/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 04/01/2011), n.110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.R. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ZAMPIERI NICOLA, PANA FLAVIO FRANCESCO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 18989/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

13/05/08, depositato il 20/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO ABBRITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore: “1.- Con il decreto impugnato la Corte di appello di Venezia ha rigettato la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta da A.R.P. in riferimento al giudizio promosso innanzi alla Corte dei conti, con ricorso del 9.3.2000, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto ad ottenere la riliquidazione della pensione sulla base di tutti gli aumenti stipendiali di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro dei ferrovieri 1.1.1993 – 31.12.1995, definito con sentenza di rigetto del 27.12.2005.

Ha osservato la Corte di appello che per effetto della inequivoca normativa esistente e delle interpretazioni giurisdizionali espresse al piu’ alto livello (sezioni riunite della Corte dei Conti), anche costituzionale (Corte cost. n. 226/93; n. 409/95 e n. 62/99), l’attore non poteva non essere consapevole dell’infondatezza delle proprie istanze e quindi, data tale consapevolezza, doveva escludersi che avesse sofferto l’asserito danno morale o il danno esistenziale conseguente allo stato d’ansia connesso ad una inesistente incertezza dell’esito della causa.

Contro il decreto della Corte di merito l’istante ha proposto ricorso per cassazione affidato a dieci motivi con diciannove quesiti.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso.

2.- Con i motivi di ricorso il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto formulando i seguenti quesiti in relazione a ciascun motivo:

a) 1. Vero che in base alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali (ratificata con L. n. 848 del 1955), e alla L. n. 89 del 2001 la Corte d’appello adita per l’equa riparazione non puo’ compiere autonomi accertamenti di merito sulla temerarieta’ delle domande azionate nel giudizio di cui si denuncia l’eccessiva durata?” 2. Vero che ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, e alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo il diritto all’equa riparazione prescinde dall’esito del giudizio irragionevolmente protrattosi nel tempo per cui le sofferenze ed ai patemi d’animo che l’interessato assume di aver subito, per l’incertezza e l’ansia derivata dalla prolungata attesa dell’esito del giudizio, vanno risarciti a prescindere dall’esito del giudizio di cui si denuncia l’eccessiva durata? 3. Vero che ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, e alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo l’ansia e la sofferenza – e quindi l’esistenza danno non patrimoniale – per l’eccessivo prolungarsi della causa costituiscono i riflessi psicologici che la persona normalmente subisce per il perdurare dell’incertezza sull’assetto delle posizioni coinvolte dal dibattito processuale, per cui il risarcimento del danno connesso all’eccessiva durata della causa puo’ essere negato solo qualora sia stata tempestivamente eccepita e provata nel giudizio la proposizione della lite temeraria o al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2? 4. Vero che ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, e alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo la consapevolezza sulla infondatezza del ricorso di cui si chiede il risarcimento del danno a causa dell’eccessiva durata va accertato considerando l’eta’ e la preparazione anche scolastica della persona coinvolta nel dibattito processuale?” b) “5. Vero che nozione di stipendio integralmente percepito contenuta nel Testo Unico approvato con il D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 29 secondo cui, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza, la base pensionabile e’ costituita dall’ultimo stipendio integralmente percepito, deve essere intesa non nel senso di stipendio concretamente riscosso, ma nel senso di entrato a far parte della sfera giuridico – patrimoniale del soggetto prima del suo collocamento a riposo, per cui va riferita, in caso di scaglionamento del diritto, a tutti gli aumenti contrattuali allo stipendio per il quale il dipendente ha maturato il diritto all’atto del collocamento a riposo?” e) 6. Vero che l’art. 37 del CCNL del personale dipendente dalla Ferrovie dello Stato al fine di garantire la copertura economica ai nuovi minimi tabellari, prevedeva espressamente uno scaglionamento dei miglioramenti contrattuali spettanti al personale ferroviario in due tranches a decorrere dal 1 ottobre 1994 e dal 1 ottobre 1995″, prevedendo la rateizzazione solo quale modalita’ di corresponsione di un unico beneficio, unitariamente attribuito dal contratto a tutto il personale in servizio alla data di vigenza del contratto? d) 7. Vero che in base ai principi di non contestazione, di lealta’, probita’ ed economia principio di economia che deve informare il processo desumibili anche dall’art. 167 c.p.c. e dall’art. 111 Cost.

la Corte d’appello adita per l’equa riparazione non puo’ rilevare d’ufficio l’eventuale assenza del danno (connessa alla pretesa temerarieta’ della domanda azionata nel giudizio di cui si denuncia l’eccessiva durata) qualora la parte convenuta non abbia dedotto e fornito la rigorosa prova della palese infondatezza della domanda? 8. Vero che in base all’art. 2697 c.c. il Ministero dell’Economia ha l’onere di dedurre e provare i fatti che eccezionalmente escludono l’esistenza del danno non patrimoniale ivi compresa l’eventuale temerarieta’ della lite o piena consapevolezza della manifesta infondatezza della domanda azionata?” e) “9. Vero che la “legitimatio ad causam”, sotto il profilo di legittimazione a contraddire, costituisce una condizione dell’azione attinente alla verifica della regolarita’ processuale del contraddittorio, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ed intesa come diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una qualsiasi decisione di merito – la cui esistenza e’ da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte attrice, prescindendo dalla effettiva titolarita’ del rapporto dedotto in causa?” 10. Vero che pertanto qualora si costituisca in giudizio un ente diverso da quello convenuto in giudizio il Giudice deve dichiarare inammissibile la costituzione e tutti gli atti processuali posti in essere per difetto di legittimazione processuale rilevabile ex officio dal giudice in ogni stato e grado del processo?” 11. Vero che la Presidenza del Consiglio dei Ministri nei giudizi in cui e’ convenuto il Ministero non e’ legittimata a proporre l’eccezione di manifesta infondatezza del giudizio della cui eccessiva durata si chiede il risarcimento del danno e/o di insussistenza del danno non patrimoniale, trattandosi di eccezione de iure tertii (il Ministero dell’Economia).

12. Vero che l’improponibilita’ di tale eccezione e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche nel giudizio di cassazione, anche se la questione non abbia formato oggetto di espressa pronuncia da parte dei giudici di merito? g) 13. Vero che l’erroneita’ nelle indicazioni richieste dall’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 2, in relazione all’art. 167 c.p.c. comporta l’assoluta incertezza circa l’identita’ della parte, e quindi una nullita’ della memoria di costituzione in giudizio che rechi nell’intestazione dell’atto il nominativo del Ministero dell’Economia e nelle conclusioni il nominativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri? h) 14. Vero che nell’ordinamento vigente al momento della proposizione del ricorso alla Corte dei Conti (anno 2000) l’esistenza di precedenti decisioni giurisdizionale di analoga fattispecie non precludono la proposizione della domanda giudiziaria, atteso che non esisteva, nel nostro ordinamento, un principio – come lo stare decisis degli ordinamenti anglosassoni – che vincoli il giudice al rispetto di una precedente pronuncia? 15. Vero che nell’ordinamento vigente al momento della proposizione e decisione del ricorso alla Corte dei Conti (anno 2000) l’orientamento della giurisprudenza non si era ancora consolidato in relazione alla fattispecie azionata in giudizio? i) 16. Vero che la pregressa giurisprudenza elaborata al riguardo dalla Corte europea costituisce la prima e piu’ importante guida nel ricostruire i lineamenti del diritto all’equa riparazione previsto anche dalla L. n. 89 del 2001? 17. Vero che secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo (cfr. tra altre, Carnevali c. Italia n. 37147 – 97; Prisca e altri c. Italia n. 14660 – 90; 4 Donni c. Italia n. 29128 – 95) la soccombenza non incide sul diritto alla equa riparazione comportando la prova dell’eccessiva durata del processo l’automatica violazione dell’art. 6 C.E. e il conseguente diritto al risarcimento del danno morale o non patrimoniale? l) 18. Vero che il danno non patrimoniale sofferto dalla parte per l’eccessiva durata del processo costituisce una conseguenza della violazione che si verifica normalmente secondo l’id quod plerumque accidit e non necessita pertanto di alcun sostegno probatorio relativo al singolo caso? 19. Vero che il giudice in mancanza di apposita contestazione da parte della P.A. convenuta deve quindi ritenerlo sussistere ogni qualvolta non vengano specificamente dedotte dalla parte convenuta, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente? 3.- Le censure sub e), f) e g) (quesiti da 9 a 14) sono manifestamente infondate perche’ la domanda e’ stata proposta contro il Ministero dell’Economia, che risulta quale parte convenuta anche dal decreto impugnato. Talche’ l’errore materiale segnalato dal ricorrente non ha certo avuto come conseguenza di determinare l’assoluta incertezza sulla parte costituita a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.

4.- Quanto al fondo del ricorso, tutti i restanti motivi – esaminabili congiuntamente per l’intima connessione – sono manifestamente infondati perche’ la decisione impugnata e’ conforme alla giurisprudenza della S.C. secondo la quale in tema di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 l’ansia e la sofferenza – e quindi il danno non patrimoniale – per l’eccessivo prolungarsi del giudizio costituiscono i riflessi psicologici che la persona normalmente subisce per il perdurare dell’incertezza sull’assetto delle posizioni coinvolte dal dibattito processuale e, pertanto, se prescindono dall’esito della lite (in quanto anche la parte poi soccombente puo’ ricevere afflizione per l’esorbitante attesa della decisione), restano in radice escluse in presenza di un’originaria consapevolezza della inconsistenza delle proprie istanze, dato che, in questo caso, difettando una condizione soggettiva di incertezza, viene meno il presupposto del determinarsi di uno stato di disagio (Sez. 1, n. 25595/2008, in una fattispecie – analoga a quella concreta – in cui la corte d’appello aveva negato rilevanza alla durata del giudizio avanti alla Corte dei Conti, promosso in materia di riconoscimento di miglioramenti economici sulla pensione, non dovuti secondo “massiccia, pregressa ed anche recente e recentissima giurisprudenza”. In senso conforme v. anche C. n. 17650/2002).

Peraltro, la individuazione e la valutazione degli eventuali elementi in presenza dei quali puo’ positivamente escludersi il patema d’animo (e quindi il danno morale) configurano attivita’ istituzionalmente riservata al Giudice di merito, il quale ne ha dato nella specie esaustiva e persuasiva motivazione, sicche’ il relativo giudizio non e’ censurabile in sede di legittimita’.

Viceversa, il ricorrente pretende che questa Corte, attraverso un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, peraltro denunciando la violazione di norme che la Corte dei Conti ha interpretato, rigettando la domanda nel giudizio presupposto, operi un controllo, equivalente in concreto alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il Giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata; revisione che si risolverebbe sostanzialmente in una nuova formulazione del giudizio di fatto, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al Giudice di legittimita’. Va negato, invero, che alla Corte di cassazione competa un potere di riesaminare e valutare il merito della causa, potendo solo controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal Giudice del merito, cui soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, con l’unico limite di supportare con adeguata e congrua motivazione l’esito del procedimento accertativo e valutativo seguito.

D’altra parte, nel nostro ordinamento processuale vige il principio di acquisizione, talche’ – integrando l’esistenza del danno come conseguenza della violazione del termine ragionevole il fatto costitutivo della domanda – qualora dagli stessi documenti prodotti dall’attore emerga l’insussistenza del diritto azionato, ben puo’ il giudice formare il proprio convincimento ex actis a prescindere da una specifica contestazione da parte del convenuto, il quale si sia limitato a dedurre la necessita’ di provare il danno non patrimoniale subito nel giudizio irragionevolmente protrattosi. Cio’ in quanto la piena consapevolezza nella parte processuale civile della infondatezza delle proprie istanze o della loro inammissibilita’ rende inesistente il danno non patrimoniale, perche’ tale consapevolezza fa venire meno l’ansia ed il malessere correlati all’incertezza della lite, essendo con gli stessi incompatibile (Sez. un., sent. n. 1338/2004).

Il ricorso, quindi, puo’ essere deciso in camera di consiglio”.

Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.

2.- Il Collegio ritiene di non poter condividere le conclusioni della relazione alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la circostanza che la causa di merito abbia avuto esito negativo, sia pure prevedibile, e’ irrilevante ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, giacche’ l’esito favorevole della lite non condiziona il diritto alla ragionevole durata del processo, ne’ incide di per se’ sulla pretesa indennitaria della parte che abbia dovuto sopportare l’eccessiva durata della causa, salvo che essa si sia resa responsabile di lite temeraria o, comunque, di un vero e proprio abuso del processo;

l’esito sfavorevole del giudizio puo’ tuttavia incidere riduttivamente sulla misura dell’indennizzo, allorche’ la domanda sia stata proposta in un contesto tale da renderla, se non temeraria, comunque fortemente aleatoria (Sez. 1^, 2009/24107. Conf.

2008/25595). Nella concreta fattispecie, invero, la motivazione della Corte di merito non consente di ritenere che il ricorrente abbia azionato una pretesa temeraria.

Pertanto, cassato il decreto impugnato, la Corte, in applicazione degli standards europei circa la durata ragionevole del processo e accertato il ritardo nella misura di anni due e mesi nove, puo’ decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c. liquidando al ricorrente la somma di Euro 2.063,00.

Relativamente all’entita’ dell’indennizzo, invero, va applicato il principio consolidato per il quale i criteri di liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale puo’ tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purche’ motivate e non irragionevoli. Peraltro, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (Sez. 1, Sentenza n. 2184 0 del 14/10/2009).

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 2.063,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di euro 50 per esborsi, Euro 311,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; e per il giudizio di legittimita’ in Euro 595,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011

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