Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10999 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 26/04/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 26/04/2021), n.10999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6019-2015 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, (AREA

LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE), presso lo studio

dell’Avvocato ANNA TERESA LAURORA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SEVERINO LORETO;

– ricorrente –

contro

M.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 384/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 27/09/2014 R.G.N. 199/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato STEFANIA STAZI per delega verbale Avvocato SEVERINO

LORETO.

 

Fatto

1. Con sentenza del 27 settembre 2014, la Corte d’appello di Brescia rigettava l’appello di Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua opposizione al decreto con il quale la dipendente M.D. le aveva ingiunto il pagamento di somme liquidate in una sentenza in suo favore nei confronti della datrice, nonostante i due tentativi di pagamento da questa effettuati, in quanto inidonei alla costituzione in mora della creditrice e pertanto non estintivi dell’obbligazione.

2. A motivo della decisione, la Corte territoriale richiamava le disposizioni del D.Lgs. n. 231 del 2007 e in particolare dell’art. 49, in merito alle limitazioni e rigorose modalità da osservare: nel trasferimento, a qualsiasi titolo, di denaro, libretti di risparmio bancari o postali al portatore o titoli al portatore in Euro o in valuta estera; per il trasferimento per contanti, tramite intermediari abilitati (e Poste Italiane s.p.a. tra essi) mediante disposizione accettata per iscritto dagli stessi, previa consegna ai medesimi della somma in contanti, secondo un regolamento negoziale tra disponente ed intermediario qualificabile come contratto di deposito irregolare con prestazione al terzo (il beneficiario), ai sensi dell’art. 1777 c.c., comma 1, in relazione all’art. 1782 c.c.: con effetto di estinzione del debito, ai sensi dell’art. 1277 c.c., della comunicazione di accettazione dal debitore e, nei casi di mora del creditore, di liberazione del debitore dall’obbligazione, per effetto dell’eseguito deposito accettato ovvero validato, a norma dell’art. 1210 c.c..

3. Tuttavia, non producendosi tali effetti per i pagamenti in cui siano parte banche o Poste Italiane s.p.a., per il venir meno della peculiare connotazione di terzietà dell’intermediario alla transazione, la Corte bresciana escludeva che i due tentativi di pagamento compiuti dalla debitrice appellante (con bonifico domiciliato presso qualsiasi ufficio postale, emesso ad ottobre 2010 e non riscosso fino alla scadenza della sua validità, il 29 aprile 2011; con assegno postale vidimato indirizzato, come da richiesta della creditrice, presso lo studio del suo difensore, neppure riscosso entro il termine di validità, dal 20 giugno al 17 agosto 2011) integrassero le modalità prescritte dalla legge per la valida costituzione in mora della lavoratrice, nonostante la contrarietà a correttezza e buona fede della sua condotta, valutabile ai soli fini di escludere la decorrenza degli interessi.

4. Con atto notificato il 11 marzo 2015, la società ricorreva per cassazione con due motivi; la lavoratrice, pur ritualmente intimata, non svolgeva difese.

5. Assegnata per la trattazione all’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ed acquisite le conclusioni scritte rassegnate dal P.G., a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1 nella ravvisata insussistenza dei presupposti, la causa era quindi rinviata a nuovo ruolo e fissata all’odierna pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 1277,1210 e 1214 c.c., D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 49, per la non corretta interpretazione dell’ultima norma, non esonerante affatto gli intermediari, che non operino in tale qualità, dall’osservanza dei divieti vigenti per la generalità dei soggetti, non obbligandoli ma neppure autorizzandoli, nella gestione dei loro rapporti, al pagamento in contanti, libretti o assegni al portatore, valendo per essi le stesse regole stabilite dal D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 49, con erronea esclusione del mancato riconoscimento al bonifico della ricorrente dell’effetto estintivo dell’obbligazione previsto dalle norme denunciate, nè alla consegna dell’assegno postale “vidimato” (ossia garantito da precedente deposito) del carattere di offerta reale suscettibile di convalida, così respingendo la domanda di dichiarazione di validità del deposito liberatorio eseguito ai sensi del D.Lgs. cit., art. 49, comma 3.

2. Esso è infondato.

3. D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 49, art. 49, comma 3, impone le transazioni in denaro o con libretti di deposito bancari o postali al portatore o con titoli al portatore tra soggetti diversi (altrimenti vietate) tramite un intermediario abilitato (banche, Poste Italiane s.p.a., altri soggetti qualificati) (comma 1); regola il trasferimento per contanti per il loro tramite mediante disposizione accettata per iscritto dagli stessi intermediari abilitati, previa consegna ai medesimi della somma in contanti (comma 2), secondo un regolamento negoziale tra il disponente l’operazione e l’intermediario qualificabile alla stregua di deposito irregolare con prestazione al terzo (beneficiario della disposizione), ai sensi dell’art. 1777 c.c., comma 1 e art. 1782 c.c.; attribuisce alla comunicazione da parte del debitore al creditore dell’accettazione dell’intermediario l’effetto di estinguere l’obbligazione, ai sensi dell’art. 1277 c.c., comma 1 e, nel caso di mora del creditore, gli effetti liberatori del deposito previsti dall’art. 1210 c.c. (comma 3).

3.1. Ma la disciplina indicata si applica soltanto qualora l’intermediario si ponga quale terzo, garante della tracciabilità delle disposizioni in oggetto, tra soggetti comuni; non anche quando il medesimo agisca come parte in tali transazioni o le effettui in proprio, come detta il D.Lgs. cit., art. 49, comma 15, che esclude in tal caso l’applicabilità delle diposizioni previste dal primo, quinto e comma 7.

3.2. In particolare, l’inapplicabilità del trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in Euro o in valuta estera (comma 1) comporta la pari e coerente inapplicabilità del regolamento di accettazione scritta della disposizione di tali operazioni da parte dell’intermediario abilitato, depositario irregolare in funzione della prestazione al beneficiario (comma 2) e degli effetti estintivi o liberatori conseguenti (comma 3). Sicchè, Poste Italiane s.p.a. avrebbe dovuto procedere, come invece non ha fatto, alla costituzione in mora della propria dipendente creditrice secondo le disposizioni ordinarie contenute nell’art. 1210 c.c., art. 1212 c.c., artt. 73 e 74 disp. att. c.c..

3.3. La Corte territoriale ha dunque esattamente applicato la disposizione scrutinata, in esito ad un argomentato ragionamento interpretativo (da pg. 4 a pg. 6 della sentenza): il che esclude il vizio di violazione di legge denunciato, ossia di erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa; e così pure di falsa applicazione della legge, che consiste nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicano la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851).

3.4. Una volta esclusa l’applicabilità del D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 49, comma 3, per le ragioni illustrate, la Corte bresciana è pervenuta al corretto e coerente approdo decisorio di rigetto dell’impugnazione, fondandosi “l’appello di Poste Italiane… sulla applicazione del comma 3 alla fattispecie” (così al secondo capoverso, primo e secondo alinea di pg. 6 della sentenza): confermato anche dalla conclusione del motivo qui scrutinato, di censura di erroneo rigetto della “domanda di dichiarazione di validità del deposito liberatorio eseguito a mente del D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 49, comma 3” (così all’ultimo capoverso di pg. 21 del ricorso).

4. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla terza doglianza del proprio ricorso in appello, per non avere il Tribunale comunque ritenuto estinta l’obbligazione azionata in via monitoria per effetto di una datio in solutum, ai sensi dell’art. 1197 c.c., consistito nell’accettazione della società debitrice della proposta della lavoratrice creditrice di compimento di una prestazione (pagamento) diversa (con assegni), da quella dovuta (per contanti).

5. Anch’esso è infondato.

6. E’ vero che la denunciata omessa pronuncia sussiste, non avendola la Corte territoriale resa su un motivo di appello della società, debitamente trascritto nel suo contenuto (al p.to d.3 a pgg. 13 e 14 del ricorso), in modo da consentire a questa Corte, posto che la sentenza non ne ha trattato, l’adeguata individuazione dell’atto nel quale la doglianza ignorata è stata formulata (Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038); non potendo qui ravvisarsi, pur in assenza di espressa statuizione del giudice, una necessaria (e quindi implicita) reiezione di tale motivo, essendo piuttosto stata completamente omessa una decisione su di un punto indispensabile per la soluzione del caso concreto, integrante appunto il vizio denunciato (Cass. 4 giugno 2019, n. 15255; Cass. 16 marzo 2017, n. 6835).

6.1. Tuttavia, la questione può ben essere decisa, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi (Cass. 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass. 28 giugno 2017, n. 16171; Cass. 2 ottobre 2018, n. 23876), in quanto infondata.

6.2. La fattispecie non è ricostruibile alla stregua di una prestazione in luogo di adempimento, ai sensi e per gli effetti previsti dall’art. 1197 c.c., perchè la ricorrente ne ha offerto una prospettazione erronea.

Essa ha, infatti, invertito gli elementi costitutivi del negozio solutorio: a) il consenso (non già del creditore, ma) del debitore; b) alla (neppure esecuzione, ma) mera richiesta del creditore; c) di una diversa prestazione. Ed è noto che la sua integrazione esiga principalmente l’accettazione del creditore, eventualmente ravvisabile anche in una sua manifestazione tacita (Cass. 14 marzo 2006, n. 5447, con specifico riferimento all’ipotesi della pregressa e prolungata accettazione dal locatore dei canoni, corrisposti dal conduttore mediante l’invio di un assegno di conto corrente, anzichè nella forma dovuta e pertanto con una prestazione diversa, risultando così liberatoria, ai sensi dell’art. 1197 c.c.), ma sempre necessaria.

6.3. Nel caso di specie, proprio un tale consenso della parte creditrice è invece mancato, posto che la diversa prestazione della società datrice (debitrice) è stata rifiutata dalla lavoratrice (creditrice): sicchè, non si può configurare alcun negozio solutorio estintivo dell’obbligazione. Ma neppure idoneo alla produzione di alcun effetto liberatorio conseguente ad una mora della creditrice, non ritualmente costituita, per le ragioni dette in riferimento al primo motivo.

7. Dalle superiori argomentazioni discende allora il rigetto del ricorso, senza alcun provvedimento sulle spese, non avendo la lavoratrice intimata svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis e dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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