Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10998 del 06/05/2010

Cassazione civile sez. I, 06/05/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 06/05/2010), n.10998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19405-2008 proposto da:

E.C.F. (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliato in ROMA, P. LE DELLE BELLE ARTI 8, presso

l’avvocato SARAGO’ TIBERIO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA

ISTRUZIONE DELLA REGIONE SICILIANA E DELLA SOPRINTENDENZA DEI BENI

CULTURALI E AMBIENTALI DI TRAPANI, in persona dell’Assessore pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 997/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 05/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato T. SARAGO’ che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

lette le conclusioni scritte del Cons. Rel. BERNABAI: il ricorso

possa essere deciso in camera di consiglio, ricorrendo, prima facie,

la fattispecie di cui all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza emessa l’I aprile 2004 il Tribunale di Palermo condannava l’Assessorato regionale ai beni culturali e ambientali e la Sovrintendenza dei beni culturali e ambientali di Trapani a pagare in favore dell’avv. E.C.F. la somma di Euro 4121,00 a titolo di risarcimento del danno da perdita della produzione olearia conseguita ad un provvedimento illegittimo assunto dalla Sovrintendenza e poi annullato dal T.a.r., con il quale si era ordinata la riduzione in pristino del fondo, sul quale erano in corso lavori di sbancamento per l’impianto di un uliveto.

Il successivo gravame dell’avv. E.C., volto ad ottenere il risarcimento anche del pregiudizio alla reputazione e al decoro derivato dalla divulgazione nell’ambiente giudiziario di (OMISSIS) – ov’egli esercitava da molti anni la professione forense – del provvedimento amministrativo e della susseguente denuncia penale a suo carico, per gli stessi fatti, era respinto dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza 5 novembre 2007.

La corte motivava, in via preliminare, che erano inammissibili, perchè nuove,le allegazioni del reato di abuso di ufficio ravvisabile nella condotta della Pubblica amministrazione e della violazione del diritto alla riservatezza che sarebbe stata commessa mediante la comunicazione, da parte dell’Assessorato regionale ai beni culturali e ambientali, del provvedimento amministrativo e della denunzia penale al sindaco di Torino, contestualmente delegato, benchè incompetente, ad adottare i consequenziali provvedimenti esecutivi. Nel merito, rilevava la mancanza del nesso eziologico tra la condotta della Pubblica amministrazione e il danno derivato dal procedimento penale conclusosi con l’assoluzione con formula piena dell’avv. C., dato che l’esercizio dell’azione penale era riferibile all’iniziativa autonoma del Pubblico ministero, non vincolato, in tal senso, dalla denunzia inoltratagli.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’avv. E. C.F., deducendo 1) la contraddittorietà della motivazione, nel ritenere insussistente il nesso di causalità tra la denunzia infondata e il processo penale che ne era derivato ed inammissibile la prospettazione dell’abuso d’ufficio commesso con l’illegittimo ordine di ripristino dello stato dei luoghi, che non era nuova, perchè contestata già in primo grado;

2) la contraddittorietà della motivazione nel rigetto della domanda di risarcimento del danno all’immagine, conseguito alla comunicazione del provvedimento amministrativo e della denunzia penale al sindaco di Torino affinchè curasse la verifica della rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Resisteva con controricorso l’Assessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana e della Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Trapani.

Dopo la relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ. il ricorrente depositava una memoria difensiva.

All’udienza del 9 Febbraio 2010 il P.G. ed il difensore del ricorrente precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile per difetto del requisito di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., consistente nella chiara indicazione, per ciascuno dei motivi dedotti, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria.

In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis c.p.c, introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass. , sez. un., 01 ottobre 2007, n. 20603).

Ed è appena il caso d’aggiungere che l’onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per cui la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso – come, nella specie, si è limitato a fare il ricorrente – ma anche formulando, al termine di esso, una sintesi riassuntiva che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., sez. 3, 20 febbraio 2008, n. 4309).

Oltre a ciò, le censure si risolvono in una difforme valutazione dei fatti, volte ad introdurre un riesame nel merito, inammissibile in questa sede.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 Febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2010

 

 

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