Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10993 del 19/05/2011

Cassazione civile sez. III, 19/05/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 19/05/2011), n.10993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.V., (OMISSIS), C.D., P.

C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 36-B,

presso lo studio dell’avvocato SCARDIGLI MASSIMO, rappresentati e

difesi dall’avvocato DIAZ PIETRO NATALE giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

e contro

R.L., D.D. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 461/2005 della SEZ. DIST. CORTE D’APPELLO di

SASSARI, emessa il 16/09/2005, depositata il 26/09/2005; R.G.N.

396/2003;

udita, la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato MASSIMO SCARDIGLI (per delega Avvocato PIETRO NATALE

DIAZ);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Nella notte tra il (OMISSIS) G. P., alla guida della propria autovettura, uscì di strada nei pressi di un centro abitato, precipitando in una scarpata e decedendo di lì a poco, senza poter essere estratto dal veicolo.

I genitori e il fratello della vittima, sostenendo che due delle giovani ( D.D. e R.A.) che seguivano il P. con la propria autovettura non si fossero prontamente attivate per soccorrere il ferito, le convennero dinanzi al tribunale di Sassari per il risarcimento del danno.

Il giudice di primo grado respinse la domanda, escludendo sotto ogni profilo l’omissione di soccorso da parte delle convenute, che si erano immediatamente attivate accorrendo presso il P. e chiedendo aiuto, mentre altri giovani che si trovavano con loro avevano avvertito al guardia medica e i carabinieri.

La corte di appello di Cagliari, investita del gravame proposto dai familiari del P., lo rigettò, motivatamente osservando che, nei limiti delle loro possibilità, le appellate si erano attivate scendendo nella scarpata in cui era precipitata la vettura e chiedendo aiuto, onde la assoluta impredicabilità di qualsivoglia colpevolezza nella condotta tenuta da entrambe le giovani. La sentenza è stata impugnata da C.D. e V. e P.C. con ricorso per cassazione sorretto da un (apparentemente) unico, complesso motivo di doglianza, con il quale si lamentano vizi di apparenza e contraddittorietà della motivazione e di violazione di legge, ed al quale cui si aggiunge una ulteriore doglianza relativa alla asserita intempestività della domanda di condanna degli attori alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado.

La parti intimate non hanno svolto in questa sede attività difensiva.

Il ricorso è del tutto infondato, poichè mira ad una revisione dei fatti di causa sì come accertati e correttamente valutati dal giudice di merito con motivazione che, affatto esente da vizi logico – giuridici, si sottrae integralmente alle censure mossele, non consentendo, per altro verso, qualsivoglia ulteriore valutazione da parte di questa corte, attesi i noti limiti del giudizio di legittimità.

Le singole censure mosse alla sentenza della corte territoriale risultano, difatti, in parte inammissibili, in parte infondate.

Inammissibili in parte qua, poichè costituisce ius receptum di questa corte regolatrice il principio secondo cui, ove, nel ricorso per cassazione, pur denunziandosi violazione e falsa applicazione della legge con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità – il motivo è inammissibile poichè non consente alla Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento della denunziata violazione (e pluribus, Cass. n. 4777 del 1998). Il ricorso per Cassazione deve, difatti, contenere, a pena di inammissibilità, una esposizione dei motivi funzionale alla riforma della sentenza di merito che si dipani secondo i caratteri della specificità, completezza e riferibilità di ciascuno di essi alla decisione, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo comprensibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione – essendo d’altro canto esclusa la legittimità di un rinvio ad atti difensivi o a risultanze dei gradi di merito, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione con la quale non venga in alcun modo precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, ma dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la pronunzia impugnata.

Infondate, sotto altro aspetto, poichè tutte le critiche mosse alla sentenza impugnata sono irrimediabilmente destinate ad infrangersi sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello, dacchè esse, nel loro complesso, pur lamentando formalmente un vizio (peraltro del tutto generico) di violazione di legge e un (asseritamente) decisivo difetto di motivazione, si risolvono, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, da un canto, per la mancata trascrizione, in parte qua, degli atti di causa la cui interpretazione egli assume errata (con conseguente violazione del noto principio di autosufficienza del ricorso per cassazione), dall’altro, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5 non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove ed. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

Inammissibile risulta, infine, il motivo relativo alle spese processuali (rubricato come punto nono del ricorso), attesane la patente carenza di autosufficienza, essendo onere della parte riportare, sia pure in parte qua, il contenuto degli atti sui quali si fonda il preteso error iuris in cui sarebbe incorsa la corte di merito. Il ricorso è pertanto rigettato.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011

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