Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1099 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3651-2019 R.G. proposto da:

(OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via C. Colombo 436, presso lo studio

dell’avvocato Riccardo Riedi, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Alberto Brignolo;

– ricorrente –

contro

A.E., elettivamente domiciliata in Roma, via G.P. da

Palestrina, 63, presso lo studio dell’avvocato Stefania Contaldi,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Elena Ariu;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1471/2018 della Corte d’appello di Torino,

depositata il 01/08/2018;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15 ottobre 2020 dal Consigliere Dott. D’Arrigo

Cosimo.

 

Fatto

RITENUTO

Il Condominio “(OMISSIS)” ha intimato ad A.E. un precetto di pagamento in forza del decreto ingiuntivo n. 292/2014 emesso dal Tribunale di Asti. La A. proponeva opposizione deducendo, fra l’altro, l’inesistenza del titolo esecutivo in quanto sprovvisto della sottoscrizione del giudice che l’aveva emesso.

Il Tribunale accoglieva l’opposizione limitatamente ad una differenza di Euro 153,75 richieste a titolo di spese generali e la rigettava nel resto.

La A. impugnava tale decisione, riproponendo la questione dell’inesistenza del titolo esecutivo. La Corte d’appello di Torino, nel contraddittorio con il Condominio creditore, riteneva il gravame fondato, osservando che il segno grafico collocato in calce al decreto ingiuntivo e prima del timbro di deposito non potesse essere considerato come una sottoscrizione o sigla del giudice, in ragione della sua collocazione, delle dimensioni e della forma. Concludeva, quindi, che si trattasse semplicemente di una riga di sbarramento volta ad impedire la scritturazione di uno spazio bianco rimasto, nell’ultima pagina del provvedimento monitorio, fra la fine del testo e il timbro di cancelleria e che, dunque, la sottoscrizione del giudice non era semplicemente illeggibile ma “del tutto mancante”.

Avverso questa decisione il Condominio ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo. A.E. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Preliminarmente va dichiarata la tardività della memoria difensiva depositata da A.E. in data 9 ottobre 2020, in violazione del termine di cui all’art. 380-bis c.p.c..

Venendo all’esame del ricorso, ne va dichiarata l’inammissibilità.

Con l’unico motivo in esame il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la sottoscrizione del giudice inesistente. Invece, a parere del Condominio la sottoscrizione, pur se illeggibile, sarebbe semplicemente “manchevole”, ossia viziata, ma non del tutto mancante. Ciò non comporterebbe la radicale nullità del titolo esecutivo.

La questione solo apparentemente è declinata in termini di diritto. Invero, l’applicazione del principio giurisprudenziale invocato dal ricorrente presuppone che il segno grafico posto in calce al decreto ingiuntivo sia, almeno astrattamente, riconducibile alla nozione di firma, ancorchè illeggibile. Come abbiamo osservato, invece, la Corte d’appello ha escluso che quella riga rappresenti una sottoscrizione, attribuendole piuttosto il valore di sbarramento di uno spazio bianco contenuto nell’ultima pagina del provvedimento giudiziario. Si tratta di un apprezzamento di fatto, non suscettibile di censure di legittimità.

Una volta accertata nel merito la totale mancanza della sottoscrizione, la questione di diritto prospettata dal ricorrente diviene inammissibile.

Il ricorso, peraltro, non pone in discussione, in diritto, la circostanza che il provvedimento sprovvisto della sottoscrizione del giudice che lo emesso sia radicalmente inesistente.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, a carico della parte impugnante e soccombente, di un ulteriore importo pari al contributo unificato già dovuto per l’impugnazione proposta.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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