Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10985 del 26/04/2021

Cassazione civile sez. I, 26/04/2021, (ud. 11/02/2019, dep. 26/04/2021), n.10985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7756/2017 proposto da:

M.B., Ma.Fe., M.L., tutti elettivamente

domiciliati in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, n. 63, presso

l’Avv. Prof. Gianluca Contaldi, che li rappresenta e difende sia

congiuntamente che disgiuntamente all’Avv. Mario Fogliotti, per

procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrenti –

contro

Banca di Credito Cooperativo di Alba, Langhe, Roero e del Canavese

S.C., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, per procura in calce al controricorso,

dall’Avv. Lorenzo Bianco, ed elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. Simona Ponzianelli, in Roma, via Nicotera, n. 29;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1692/2016 della Corte di appello di TORINO,

pubblicata il 28 settembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/02/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con atto di citazione notificato il 21 febbraio 2015, M.B., Ma.Fe. e M.L. proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Ivrea n. 483/2014 del 14 agosto 2014, con la quale era stato revocato, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto di conferimento di alcuni beni immobili e mobili di loro proprietà nel trust denominato “(OMISSIS)”, a mezzo di atto rogato dal Notaio D.L.N. del (OMISSIS).

2. La Corte di appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello, accogliendo l’eccezione di inammissibilità dell’atto di citazione sollevata dalla Banca di Credito Cooperativo, sulla base delle seguenti considerazioni:

– era pacifico e non contestato che la copia notificata alla banca appellata dell’atto di appello mancava delle pagine contenenti l’esposizione di parte del motivo di impugnazione riferito alla illegittima liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, dell’istanza di sospensione della sentenza di primo grado, dell’intera vocatio in ius (ovvero di tutta la parte che iniziava con la parola “citano”, la denominazione della parte appellata, l’ufficio giudiziario “Corte di appello di Torino”, la data e l’ora dell’udienza, l’invito a costituirsi nel termine di 20 giorni prima, l’avvertimento relativo alle decadenze), la prima parte delle conclusioni in cui veniva richiesta la sospensione della sentenza di primo grado e la riforma della stessa; – era corretto che ai fini della valutazione dei vizi dell’atto di citazione in appello occorreva fare riferimento solo alla copia notificata di tale atto e che la totale assenza della vocatio in ius comportava la nullità dell’atto di citazione essendo tale requisito previsto dall’art. 163 c.p.c., espressamente richiamato dall’art. 342 c.p.c.;

– la Corte di Cassazione, con sentenza n. 18868 del 2014, aveva ritenuto l’incompatibilità dell’art. 164 c.p.c. con il giudizio di appello e, dunque, la sua non applicabilità, con la conseguenza che doveva essere esclusa la possibilità di sanatoria del vizio della vocatio in ius mediante la costituzione della parte appellata, rilevando che, nel caso in esame, non venivano in rilievo, meri errori materiali;

– sussisteva anche un vizio della editio actionis perchè mancava una parte del motivo riferito alla regolamentazione delle spese di causa, erano riportate le conclusioni solo in via subordinata e mancava del tutto la parte relativa alla proposizione e alla motivazione dell’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata;

– che tali omissioni non ledevano il diritto di difesa perchè i motivi di gravame potevano essere desunti dal complesso dell’atto, come affermato dagli appellanti, poteva valere solo con riferimento al rigetto della domanda ex art. 2901 c.c., atteso che le motivazioni a sostegno dell’appello su tale punto erano state svolte nella narrativa dell’atto di gravame, ma non con riguardo alla regolamentazione delle spese processuali e all’istanza di sospensione; inoltre mentre nella narrativa era stato dedotto un vizio di nullità della sentenza di primo grado per violazione del contraddittorio e un vizio di notifica della citazione in primo grado al convenuto contumace, nella parziali conclusioni contenute nella copia notificata non vi erano conclusioni su tale punto.

3. La sentenza della Corte di Appello di Torino è stata impugnata da M.B., Ma.Fe. e M.L., con ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, cui ha resistito la Banca di credito Cooperativo di Alba, Langhe, Roero e del Canavese S.C. con controricorso.

4. M.B., Ma.Fe. e M.L. hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 164,342 e 359 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Osservano i ricorrenti che molteplici precedenti delle sezioni semplici della Corte di Cassazione, fondandosi anche sulla sentenza delle Sezioni Unite, n. 15783/2005 (rectius: 2015), avevano sostanzialmente affermato l’applicabilità dell’art. 164 c.p.c. al giudizio di appello circa le nullità afferenti alla vocatio in ius e alla editio actionis, con il distinguo dell’operare della sanatoria ex tunc o ex nunc a seconda che si trattasse di nullità della vocatio o della editio actionis; nel caso in esame, nella copia notificata dell’atto di appello mancavano le pagine 17 e 18 (su un totale di 19 pagine), sicchè il petitum si poteva inequivocabilmente desumere dai motivi di appello che erano tutti svolti nelle pagine antecedenti a quelle mancanti; che la irrilevanza della mancanza delle pagine, agli effetti delle esigenze del contraddittorio e della difesa, emergeva dal contenuto della comparsa di costituzione e risposta della Banca appellata, che contraddiceva puntualmente ai motivi di appello; il difetto della vocatio in ius doveva, quindi, ritenersi sanato anche alla luce del principio della conservazione degli atti processuali e tenuto conto che la Corte di appello aveva deciso sulla base di un unico precedente della Corte (sentenza n. 18868/2014), che nel richiamare le Sezioni Unite n. 16/2000 (che, peraltro, riguardavano una caso diverso da quello in esame), non aveva tenuto conto delle successive Sezioni unite n. 15783/2002, che avevano affermato l’applicabilità dell’art. 164 c.p.c. al giudizio di appello; in ogni caso, la nullità della editio actionis avrebbe dovuto riguardare soltanto le omissioni riguardanti la regolamentazione delle spese processuali e l’istanza di sospensione e non l’intero atto di appello; i vizi di nullità della sentenza di primo grado erano eccezioni rilevabili d’ufficio attenendo alla regolare formazione del contraddittorio; aveva rilievo, in ultimo, l’attestazione da parte dell’Ufficiale giudiziario notificante della conformità della copia notificata all’originale della notifica.

1.1 Il motivo è fondato.

La decisione impugnata fa riferimento ad un precedente di questa Corte rimasto isolato, ancorato peraltro al mero rinvio alla pronuncia delle Sezioni Unite, n. 16 del 2000, inerente la diversa ipotesi d’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi d’appello, mentre l’indirizzo prevalente e più recente, cui il Collegio intende dare continuità, è nei termini seguenti: “la mancanza in una citazione di tutti i requisiti indicati nell’art. 164 c.p.c., comma 1, e, quindi di tutti gli elementi integranti la vocatio in ius non vale a sottrarla (anche se trattasi di citazione d’appello) all’operare dei meccanismi di sanatoria ex tunc previsti dai commi 2 e 3 della norma, quando essi operino in relazione al rapporto processuale introdotto con la costituzione dall’attore tramite il deposito della citazione nulla. Ne consegue che, quando la causa, una volta iscritta a ruolo, venga chiamata all’udienza di comparizione, che, per la mancanza dell’indicazione dell’udienza, sarà individuata ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., comma 4, il giudice, anche in appello, ove il convenuto non si costituisca, deve ordinare la rinnovazione della citazione ai sensi e con gli effetti dell’art. 164 c.p.c., comma 1, mentre se si sia costituito, deve applicare l’art. 164 c.p.c., comma 3, e ritenere sanata ex tunc la nullità della originaria citazione, salva la richiesta di concessione di termine per l’inosservanza del termine di comparizione” (Cass., 26 settembre 2019, n. 23979; Cass., 25 maggio 2018, n. 13079; Cass., 28 aprile 2010, n. 10231; Cass., 16 ottobre 2009, n. 22024; Cass., 4 febbraio 2009, n. 2683; Cass., 1 luglio 2008, n. 17951; Cass., 9 agosto 2007, n. 17474; Cass., 5 maggio 2004, n. 8539; Cass., 13 maggio 2002, n. 6820).

1.2 Ciò per quanto riguarda ovviamente i contenuti di cui si deduce la mancanza nella copia dell’atto notificata alla Banca appellata (copia cui, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, occorre aver riguardo, e non all’originale, ai fini della valutazione della validità dell’atto, senza, dunque, alcuna necessità di impugnare di falso la relata di notifica apposta dall’ufficiale giudiziario sull’originale, Cass., 13 settembre 2013, n. 20993; Cass., 11 febbraio 2008, n. 3205; Cass., 6 ottobre 2006, n. 21555) che attengono alla vocatio in ius e segnatamente l’indicazione dell’ufficio giudiziario (art. 163 c.p.c., comma 3, n. 1), l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione e l’invito a costituirsi nel termine e nelle forme ivi indicate, con avvertimento delle decadenze previste in caso di tardiva costituzione (art. 163 c.p.c., comma 3, n. 7).

Solo detti elementi, tra quelli cui è riferita la doglianza, sono infatti richiesti in funzione della attivazione del contraddittorio ed attengono pertanto a quella parte dell’atto di citazione il cui scopo, in conformità ai principi di cui all’art. 24 Cost., comma 2, e art. 101 c.p.c., è mettere il convenuto in condizioni di difendersi e contraddire, scopo al quale è ovviamente preordinata anche la fase della notificazione, giusta il disposto di cui all’art. 163 c.p.c., u.c..

1.3 Per ciò che concerne gli altri contenuti mancanti, ricondotti all’art. 163 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 (“la determinazione della cosa oggetto della domanda” e “l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”), deve farsi riferimento alla editio actionis, con la quale si definisce quella parte dell’atto – anch’essa presidiata da sanzione di nullità, ma nei limitati casi di cui all’art. 164 c.p.c., comma 4, – nella quale si determina la cosa oggetto della domanda, ovvero l’individuazione del bene della vita che vuole conseguire l’attore; nonchè i fatti costitutivi e le ragioni di diritto poste a fondamento della domanda.

In proposito va precisato che duplice è il contenuto e la funzione dell’atto di citazione, da un lato la funzione di convenire in giudizio colui nei cui confronti è proposto la domanda (vocatio in ius), dall’altro di rivolgere al giudice la domanda di tutela giurisdizionale previa affermazione del diritto di cui si chiede la tutela (editio actionis): si parla, al riguardo, di “atto doppiamente recettizio”.

Ancor più in particolare, si afferma che mentre i fatti attengono al “bene della vita richiesto”, gli elementi di diritto riguardano la “ragione giuridica della richiesta”: differenza che rileva allorquando la nullità viene comminata solo nel caso di mancata esposizione degli elementi di fatto e non si estende anche al mancato svolgimento delle ragioni di diritto (in applicazione del principio iura novit curia, che conferisce al giudice il potere di qualificare giuridicamente i fatti e di individuare le norme che legittimano l’accoglimento o il rigetto della domanda).

Con la conseguenza che mentre i vizi della vocatio in ius sono sanati dalla costituzione del convenuto, perchè la costituzione del convenuto riscontra il conseguimento dello scopo dell’atto di citazione, l’eventuale costituzione spontanea del convenuto, indipendentemente dal momento in cui si realizzi, non è mai sufficiente, di per sè, a sanare il vizi della editio actionis, essendo a tal fine necessaria che l’attore ponga in essere un’attività: il giudice, infatti, deve ordinare l’integrazione della domanda, fissando per tale adempimento un termine perentorio e rinviando la causa ad un’altra udienza; se l’attore ottempera il processo resta sanato, ma con effetti ex nunc, ovvero la domanda produce i propri effetti dal momento dell’integrazione della domanda, ma restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti.

Nell’ipotesi, invece, in cui il convenuto non si costituisce spontaneamente il giudice dispone d’ufficio la rinnovazione della citazione, a cura dell’attore, fissando a tal fine un termine perentorio. Questa Corte, anche di recente, ha individuato la editio actionis nella parte dell’atto di citazione in cui si concreta l’esercizio dell’azione e che vede come principale destinatario il giudice, sia nel senso che la giurisdizione civile contenziosa è condizionata alla proposizione di una domanda di parte, sia nel senso che il giudice deve essere messo in grado di emanare una pronuncia di merito che accerti l’esistenza o inesistenza del diritto fatto valere in giudizio (Cass., 15 gennaio 2020, n. 544).

1.4 Ciò posto, questo Collegio non ritiene, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, che la mancanza degli elementi indicati nel provvedimento impugnato abbia impedito la piena comprensione dei motivi di ricorso e pregiudicato la difesa avversaria, perchè, nel caso in esame, non è venuta in rilievo la “totale omissione” del petitum del giudizio, nè “l’assoluta incertezza” dello stesso.

1.5 In proposito, la Corte territoriale, con specifico riferimento alla editio actionis, ha affermato che mancava una parte del motivo riferito alla regolamentazione delle spese di causa; erano state riportate solo le conclusioni formulate in via subordinata ed era assente la parte relativa alla proposizione e alla motivazione dell’istanza di sospensione della esecutività della sentenza impugnata.

1.6 Ed invero, la mancanza solo di una parte del motivo riferito alla regolamentazione delle spese, la cui esplicazione comunque ha interessato anche le pagine non mancanti, non ha posto la Banca controricorrente nelle condizioni di non potere esplicare le sue difese, atteso che la parte mancante non ha reso difficile la comprensione della censura comunque esposta, pure se in maniera incompleta, nelle altre pagine dell’atto di citazione; mentre con riferimento alle conclusioni mancanti (che costituiscono la formulazione sintetica e globale della domanda al giudice nei suoi termini essenziali), non può prescindersi dalla considerazione, già svolta da questa Corte, che si tratta di un contenuto non essenziale all’individuazione del diritto fatto valere in giudizio e del provvedimento giurisdizionale richiesto.

Le conclusioni svolgono, piuttosto, uno scopo preparatorio dell’udienza, ovvero “quello di far sì che il processo, quale serie di atti diffusa nel tempo e destinata a concludersi con la statuizione di merito del giudice, si svolga in modo ordinato, ragionevole e non alluvionale”, con la conseguenza che debbono ritenersi “non indispensabili” nel senso predetto le “conclusioni” mancanti nella copia notificata e che “a tale parte dell’atto (le conclusioni) può assegnarsi solo il rilievo che si è sopra definito “preparatorio dell’udienza” (Cass., 15 gennaio 2020, n. 544, citata).

1.7 Deve escludersi, infine, che assuma rilievo, per quel che rileva in questa sede, anche la parte destinata alla fase incidentale della richiesta della sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, che non rientra nella descritta distinzione dei requisiti di forma-contenuto dell’atto di citazione che ha, come è noto, rilievo essenzialmente sul piano della disciplina della relativa nullità, in ragione del principio della tassatività delle ipotesi di nullità (art. 156 c.p.c., comma 1).

1.8 Nè rilevano i vizi di nullità della sentenza di primo grado per violazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario non parte del giudizio di primo grado e il vizio di notifica della citazione in primo grado al convenuto contumace M.L., trattandosi, in ogni caso, di ipotesi riconducibili al vizio della vocatio in ius, per le quali valgono le considerazioni già svolte, e in ogni caso questioni che involgono il rispetto del principio del contraddittorio e, dunque, rilevabili d’ufficio dal giudice.

1.9 Ciò posto, deve ricordarsi che l’art. 164 c.p.c., al fine di evitare dubbi interpretativi, nel testo novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 9 ha introdotto una disciplina molto più articolata dei casi di nullità della citazione e dei modi ed effetti della sanatoria, basata per l’appunto sulla netta distinzione tra vizi della citazione afferenti alla vocatio in ius (primi tre commi) e vizi concernenti la editio actionis (ultimi tre commi) e tale distinzione rileva fondamentalmente in relazione agli effetti, ex tunc nel primo caso, ex nunc nel secondo, delle fattispecie sananti rispettivamente previste (Cass., 9 agosto 2007, n. 17474; Cass., a Cass., 13 aprile 2002, n. 5367; Cass., 11 maggio 2001, n. 6541).

A rimedio di tali violazioni, la norma predispone solo la sanzione della nullità, a sua volta disciplinata con la previsione di una possibile sanatoria, con effetto ex tunc o ex nunc, per effetto di diverse e alternative cause sananti, quali, da un lato, la costituzione del convenuto (art. 164 c.p.c., comma 3), dall’altro, l’ordine di rinnovazione della citazione da parte del giudice (art. 164 c.p.c., commi 2 e 5) e dall’altro ancora l’ordine di integrazione della citazione (art. 164 c.p.c., comma 5).

1.10 Nel caso in esame, ritenuta la sola sussistenza dei vizi afferenti alla vocatio in ius, deve ritenersi che tale meccanismo di sanatoria sia stato attivato dalla costituzione della parte convenuta in appello.

2. Non può, quindi, confermarsi la statuizione di inammissibilità dell’appello predicata dal Giudice dell’impugnazione; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

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