Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10980 del 09/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 09/06/2020), n.10980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3073/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

R.V.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria, n. 198/03/2011, depositata il 2 dicembre 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2020 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A seguito di processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento, per l’anno 2004, nei confronti della Associazione Calcio Città di Castello 1919, ora A.C. Città di Castello s.r.l., non avente i requisiti per fruire del regime agevolato di tassazione di cui alla L. n. 398 del 1991, da considerarsi come “evasore totale”, per avere omesso la presentazione delle dichiarazioni dei redditi ai fini delle imposte dirette e dell’iva. Tale avviso era notificato anche a R.V., quale autore materiale della violazione ed ex amministratore della associazione.

2. La Commissione tributaria regionale, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva accolto parzialmente il ricorso, riconoscendo la sussistenza del diritto ai benefici di cui alla L. n. 398 del 1991, in quanto era stato dimostrato che la società, nella stagione sportiva 2003/2004, aveva effettivamente svolto la propria attività nel settore dilettantistico, partecipando al campionato di eccellenza organizzato dalla FIGC, Lega dilettanti. Precisava la Commissione regionale che la L. n. 289 del 2002, art. 90, con le modifiche apportate dalla L. n. 128 del 2004, aveva semplificato le procedure delle associazioni sportive dilettantistiche, e che l’atto costitutivo poteva essere redatto anche senza il rogito notarile.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

4. Il R. non ha svolte attività difensiva, nonostante la rinnovazione della notifica disposta con ordinanza di questa Corte in data 14-2-2019 sia stata correttamente effettuata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Anzitutto, si rileva che la rinnovazione della notifica dell’impugnazione è avvenuta correttamente sia nei confronti della parte personalmente, essendo decorso l’anno dalla pubblicazione della sentenza di appello, sia presso il difensore domiciliatario (Cass., sez. 5, 31 luglio 2018, n. 20255). Infatti, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 3, “quando manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione, se è ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente a norma degli artt. 137 e ss.”. Tale norma si applica anche in caso di rinnovazione, disposta ai sensi dell’art. 291 c.p.c., comma 1, della notificazione dell’impugnazione affetta da nullità, come stabilito dalla sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 1 febbraio 2006, n. 2197).

1.1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “Violazione della L. 16 dicembre 1991, art. 1, e della L. n. 289 del 2002, art. 90, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto l’associazione sportiva per poter usufruire delle agevolazioni fiscale avrebbe dovuto predisporre atto costitutivo e statuto, contenenti denominazione, oggetto sociale, assenza di fini di lucro, enunciazione del principio di democraticità interna. La mancanza di atto costitutivo e statuto (redatti solo dal 25-4-2005) impedisce di fruire delle agevolazioni fiscali, con conseguente tassazione in misura ordinaria. L’Associazione non ha presentato le dichiarazioni annuali ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. Dagli incassi del bar sito all’interno dello stadio comunale e dai prospetti riepilogativi dei titoli di ingresso emergono elementi positivi di reddito non dichiarati, in relazione all’anno 2004. L’associazione non ha neppure comunicato l’opzione di cui alla L. n. 389 del 1991, art. 1, all’ufficio Iva, ma solo alla Siae. E’ del tutto irrilevante la circostanza della effettiva partecipazione al campionato di calcio nella stagione 2003/2004, non sussistendo alcuna relazione tra l’attività sportiva effettivamente svolta e l’applicazione del regime fiscale agevolato che costituisce una mera facoltà. Sono, poi, irrilevanti le modifiche apportate alla L. n. 289 del 2002, comma 18, dalla L. n. 128 del 2004.

1.2. Tale motivo è fondato.

Invero, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, comma 3 (enti di tipo associativo), all’epoca vigente (ora tuir, art. 148), dispone che “per le associazioni…sportive dilettantistiche…non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti…”.

All’art. 111, comma 4 quinquies, citato, poi, si prevede che “le disposizioni di cui ai commi 3, 4 bis….si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei rispettivi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata….”.

Inoltre, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 90, all’epoca vigente, “le disposizioni della L. n. 398 del 1991…e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”. Inoltre, la L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 18 (nella versione all’epoca vigente, quindi al 31-12-2004) prevede che “Le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l’altro essere indicata la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti: a) la denominazione; b) l’oggetto sociale con riferimento all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, comprese l’attività didattica; c) l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione; d) l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette; e) le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione della elettività delle cariche sociali…;f) l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonchè le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari; g) le modalità di scioglimento dell’associazione; h) l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento della società e delle associazioni”.

La L. n. 398 del 1991, art. 1, dispone, poi, che “Le associazioni sportive…non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive dilettantistiche…possono optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi secondo le disposizioni dell’art. 2”.

1.3. Pertanto, per fruire del regime agevolativo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, comma 3, all’epoca vigente (ora tuir, art. 148) e di cui alla L. 398 del 1991, art. 2, gli statuti e gli atti costitutivi delle associazioni sportive dilettantistiche devono essere integrati con le clausole statutarie di cui al medesimo D.P.R., comma 4 quinquies.

1.4. Nella specie, invece, l’associazione non ha predisposto nè lo statuto nè l’atto costitutivo per l’anno 2004, provvedendo a tali incombenze solo nell’anno 2005.

Per questa Corte, l’esenzione d’imposta prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148, in favore delle associazioni non lucrative (nella specie, un’associazione sportiva dilettantistica), dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al CONI (Cass., 5 agosto 2016, n. 16449), essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto (Cass., 12 dicembre 2018, n. 31229; Cass., 30 aprile 2018, n. 10393; Cass., 4 marzo 2015, n. 4315; Cass., 11 marzo 2015, n. 4872).

Tra l’altro, l’attività di gestione di un bar-ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere qualificata come “non commerciale”, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4) e di quella sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, oggi trasfuso nell’art. 148 dello stesso decreto) solo se la suddetta attività sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell’ente e sia svolta esclusivamente in favore degli associati (Cass., 13 giugno 2018, n. 15474).

Nè rilevano le modifiche apportate dalla L. n. 128 del 2004 alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 18, in quanto non recano modifiche sostanziali, prevedendo, comunque, l’obbligatorietà dello statuto, contenente determinate clausole.

Peraltro, l’associazione non ha effettuato la comunicazione dell’opzione di cui alla L. n. 398 del 1991, art. 1, al “competente ufficio dell’imposta sul valore aggiunto”.

2. La sentenza impugnata deve essere cassata ma, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario del contribuente.

3. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del contribuente per il principio della soccombenza. Le spese dei giudizi di merito vanno interamente compensate tra le parti per la peculiarità della fattispecie.

PQM

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente.

Condanna il contribuente al rimborso in favore della Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2020

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