Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1098 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. I, 20/01/2020, (ud. 25/10/2019, dep. 20/01/2020), n.1098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34213/2018 proposto da:

K.I., elettivamente domiciliato in Trento Via Petrarca 8

presso lo studio dell’Avv.to Giovanna Frizzi che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Trento sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 16/10/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona in ordine alle istanze avanzate da K.I. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal (OMISSIS) aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per paura di essere ucciso dal padre della propria ragazza che era rimasta incinta.

Avverso la sentenza del Tribunale di Trento il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B) e C) in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 25, comma 3, D.Lgs 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 e D.Lgs. 25 del 2008, art. 32 in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I motivi di ricorso, pur rubricati sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contengono in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente e comunque circa la mera eventualità del pericolo di morte paventato dal ricorrente e riconducibile a questioni di carattere privato prive di rilevanza ai fini della concessione della protezione internazionale.

Le censure si risolvono in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v.Cass., sez. un., n. 8053/2014).

La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

In ordine alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. B) e C) il giudice di merito ha appurato che la zona di provenienza dell’odierno istante non è teatro di un “conflitto diffuso” e di una “violenza generalizzata”: tale apprezzamento, che sfugge al sindacato di legittimità, porta ovviamente a disconoscere che nel presente giudizio di cassazione si possa far questione della “minaccia,grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità.

Quanto poi alla avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, tali circostanze non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. (Cass. sez. 1 n. 4455/2018, Cass. SU 29461/2019).

Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso con condanna alle spese a favore del controricorrente Ministero. Infine deve darsi atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio a favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta della Corte di Cassazione, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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