Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10977 del 18/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 18/05/2011), n.10977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Ermanno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via della

Consulta n. 50, presso l’avv. MANCINI Antonio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avv. Lorenza Calvario, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE di MONOPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via F. Marchetti n. 19, presso l’avv. Maria

Rosaria Neri, rappresentato e difeso dall’avv. APRILE Tommaso, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 82/10/06, depositata il 19 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28 aprile 2011 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito l’avv. Tommaso Aprile per il controricorrente;

udito il P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Ennio Attilio Sepe, il quale ha dichiarato di non opporsi alla

relazione ex art. 380 bis c.p.c..

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. M.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 82/10/06, depositata il 19 dicembre 2006, con la quale, rigettando l’appello della contribuente, è stata confermata la legittimità dell’avviso di accertamento ad essa notificato dal Comune di Monopoli per ICI relativa all’anno 2001.

Il Comune resiste con controricorso.

2. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., chiedendo a questa Corte di affermare “che il giudicato ICI degli anni 1993-1998 ha effetti anche quanto alla annualità 2001 in osservanza al principio del ne bis in idem che, nel caso, va riaffermato per rimuovere pronunce tra loro manifestamente configgenti”.

Il motivo appare inammissibile per inadeguatezza del quesito, generico e inidoneo a chiarire l’errore imputato alla sentenza impugnata, e, comunque, per difetto di autosufficienza, non essendo stato riprodotto in ricorso il contenuto della sentenza costituente il preteso giudicato esterno, in applicazione del principio secondo cui l’interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il predetto ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato (Cass. nn. 26627 del 2006, 6184 del 2009, 10537 del 2010; cfr., anche, Cass,, Sez. un., n, 24664 del 2007).

3. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo appaiono anch’essi inammissibili, poichè si concludono con quesiti di diritto (o con momento di sintesi, quanto al vizio di motivazione dedotto con l’ultimo motivo) non rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., come interpretato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato, da un lato, che il quesito di diritto deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, con la conseguenza che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, è inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (per tutte, Cass., Sez. un., n. 26020 del 2008); dall’altro, quanto ai vizi motivazionali, che il motivo deve contenere una indicazione riassuntiva e sintetica costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo (cfr., tra le altre, Cass., Sez. un., n. 20603 del 2007 e Cass. n. 8897 del 2008).

4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del P.M., mentre ha depositato memoria il controricorrente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che la ricorrente va conseguentemente condannata alle spese del presente giudizio, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 400,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011

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